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Il vero potere mondiale ci vuole schiavi Chi decide il nostro futuro? Quegli «ometti in doppiopetto blu» che in teoria possiamo promuovere o bocciare col voto? No, purtroppo: quelle sono solo «le marionette del vero potere», che risiede lontano, protetto da palazzi inaccessibili, da cui dirama ordini attraverso il più micidiale degli strumenti: la finanza. Il mondo ci sta franando addosso? Non è un caso: era tutto perfettamente previsto. Anzi: organizzato. Da chi è al lavoro da decenni per compiere “il più grande crimine”: lo smantellamento della democrazia, la fine della sovranità, la privatizzazione degli Stati, l’eutanasia della politica. Una piovra elusiva, senza volto, ma pressoché onnipotente e dalle mille sigle: Bilderberg, Wto, Unione Europea e Bce, Fmi, con tanto di lobby e think-tanks, banche centrali, mafie. E’ il potere vero, quello che può stabilire la rovina di intere nazioni per specularci sopra e realizzare guadagni favolosi, al di sopra degli Stati e della politica. La tesi, attorno a cui lavorano diversi “eretici” italiani, è stata messa a fuoco e divulgata in modo organico e con vastissima documentazione da Paolo Barnard, pioniere della tv-verità prima con Santoro ai tempi di “Samarcanda” e poi con “Report”, fino alla rottura polemica con Milena Gabanelli per la mancata assistenza legale Rai di fronte al mare di querele rimediate in tante inchieste scottanti. Scomparso anche dal web, dove non è più visibile il sito “paolobarnard.info” che raccoglieva un’infinita quantità di scritti, dossier e reportage, il Barnard-pensiero è rintracciabile direttamente su YouTube, dove il giornalista riassume quello che definisce “il più grande crimine” (dal titolo dell’ultimo saggio), oppure su blog come “Disinformazione” che solo due anni fa proponeva il ritratto del “vero potere” secondo Barnard. Una “profezia”, quella del giornalista italiano, che fa venire i brividi, vista la crisi globale sempre più esplosiva e le immancabili “ricette anti-crisi”, puntualmente annunciate con anni di anticipo dal reporter più scomodo d’Italia: misure così dure e impopolari da decretare la fine di decenni di conquiste democratiche. La sua tesi: le antiche oligarchie terriere, messe in crisi dalle lotte sindacali e democratiche del ‘900, si sono “riprese il mondo” attraverso l’alta finanza, riducendo all’impotenza gli Stati grazie al “ricatto” del debito pubblico, prima fittizio, ma poi divenuto sciaguratamente “privato” con il suo silenzioso trasferimento alle centrali finanziarie mondiali. Operazione coronata dall’introduzione dell’Euro moneta che non appartiene a nessuno Stato, neppure a Bruxelles e dal Trattato di Lisbona, vero e proprio «colpo di Stato europeo» che sottrae agli Stati membri ogni residua sovranità: tutte le leggi principali dovranno essere conformi ai diktat di un’élite mondiale, che è in grado di condizionare qualsiasi governo con la leva finanziaria. Una “spectre” da fantascienza? No, tutt’altro: Paolo Barnard fa nomi e cognomi. Premessa: «Il Potere è stato eccezionalmente abile in molti aspetti, uno di questi è stato il suo mascheramento: il Potere doveva rimanere nell’ombra, perché alla luce del sole avrebbe avuto noie infinite da parte dei cittadini più attenti delle moderne democrazie». Ci hanno messo davanti politici e governi, in modo che il “vero potere” potesse agire «sostanzialmente indisturbato». Non che la Casta sia innocente, naturalmente: le «marionette» che calcano «il cortiletto della politica» hanno «relative torte da spartire», a patto però che «eseguano poi gli ordini ricevuti». Da chi? Da un «colossale e onnicomprensivo ingranaggio invisibile», che secondo l’ex presidente brasiliano Lula «manovra il sistema da lontano: spesso cancella decisioni democratiche, prosciuga la sovranità degli Stati e si impone ai governi eletti». Secondo Barnard, oggi il vero potere «sta nell’aria», ha avvolto il mondo e dice questo: «Pochi prescelti devono ricevere il potere dai molti. I molti devono stare ai margini e attendere fiduciosi che il bene gli coli addosso dall’alto dei prescelti. I governi si levino di torno e lascino che ciò accada». E’ la vecchia teoria dei “Trickle Down Economics” di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, cioè il neo-liberismo, la scuola di Chicago, il purismo del “libero mercato”. «Questa idea economica comanda ogni atto del Potere, e di conseguenza la vostra vita, che significa che davvero sta sempre alla base delle azioni dei governi e dei legislatori, degli amministratori e dei datori di lavoro. Quindi essa comanda te, i luoghi in cui vivi, il tuo impiego, la tua salute, le tue finanze, proprio il tuo quotidiano ordinario, non cose astruse e lontane dal tuo vivere. La sua forza sta nel fatto di essere presente da 35 anni in ogni luogo del Potere esattamente come l’aria che esso respira nelle stanze dove esiste». Chiunque arrivi al potere «respira quest’aria», senza scampo, dal momento in cui mette piede all’università, arrivando poi nei Parlamenti, nei consigli di amministrazione, nelle banche, nelle amministrazioni pubbliche. Tutti «conquistati, ipnotizzati, teleguidati: il Potere ha creato attorno a quell’idea degli organi potentissimi», grazie ai quali domina completamente il pianeta. Chi sono i potenti della Terra? «Finanzieri, industriali, ministri, avvocati, intellettuali, militari, politici scelti con cura». Sono loro il vertice del “club”, la super-struttura che «assume nomi diversi a seconda del luogo in cui si riunisce». Ad esempio: prende il nome di Commissione Trilaterale se i suoi membri si riuniscono a Washington, a Tokio o a Parigi, talvolta in altre capitali europee. La Trilaterale nasce nel 1973 come gruppo di influenti cittadini americani, europei e giapponesi; dopo soli due anni «stila le regole per la distruzione globale delle sinistre e la morte delle democrazie partecipative, realmente avvenute», e afferma «la supremazia della guida delle élite sulle masse di cittadini», che devono essere “apatici”, docili, ipnotizzati dai media. Fra i 390 membri della Trilaterale hanno figurato vip assoluti: da Henry Kissinger a Jimmy Carter, da David Rockefeller a Zbigniev Brzezinski, senza contare gli italiani Giovanni Agnelli e Arrigo Levi, e poi Edmond de Rothschild, George Bush padre, Dick Cheney, Bill Clinton e l’ex capo della Fed, Alan Greenspan, insieme ad accademici (da Harvard alla Bocconi), governatori delle maggiori banche, ambasciatori, petrolieri, ministri, industriali (Solvay, Mitsubishi, CocaCola, Texas Instruments, Hewlett-Packard, Caterpillar, Fiat, Dunlop) e fondazioni come quella di Bill Gates. «Costoro scrive Barnard deliberano ogni anno su temi come “il sistema monetario”, “il governo globale”, “dirigere il commercio internazionale”, “affrontare l’Iran”, “il petrolio”, “energia, sicurezza e clima”, “rafforzare le istituzioni globali”, “gestire il sistema internazionale in futuro”». In pratica: tutto. «E leggendo i rapporti che stilano, si comprende come i loro indirizzi siano divenuti realtà nelle nostre politiche nazionali con una certezza sconcertante». Quando il “club” necessita di maggior riservatezza, si dà appuntamento in luoghi meno visibili dei palazzi delle grandi capitali, e in questo caso prende il nome di Gruppo Bilderberg, dal nome dell’hotel olandese che ne ospitò il primo meeting nel 1954. Sono sempre gli stessi personaggi, più molti altri a rotazione, compresi politici o monarchi in carica (mentre la Trilaterale è riservata ai grandi “ex”). Il Bilderberg è «assai più “carbonaro” della Trilaterale, perché la sua originaria specializzazione erano gli affari militari e strategici», gestiti dai vertici Nato. La peculiarità dirompente del Bilderberg? Al suo interno, i super-potenti possono dire tutto quello che vorrebbero fare: «I desideri più intimi del Potere non trovano neppure quello straccio di freno che l’istituzionalità impone. Da qui la tradizione di mantenere attorno al Bilderberg un alone di segretezza assoluto». Sono loro, come rivela il visconte Etienne Davignon, presidente del Bilderberg nel 2005, a “coordinare” i vertici dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, della cooperazione transatlantica e dell’integrazione europea, ovvero i primatisti del “libero mercato” con potere sovranazionale e i padrini del Trattato di Lisbona, cioè «il colpo di Stato europeo con potere sovranazionale che ci ha trasformati in cittadini che verranno governati da burocrati non eletti». Per Barnard sono i veri padroni della nostra vita: «Decisioni inappellabili su lavoro, previdenza, servizi sociali, tassi dei mutui, costo della vita». Scelte cruciali, compiute non a Palazzo Chigi o all’Eliseo, ma a Ginevra o a Bruxelles o nelle banche centrali, dopo esser state discusse al Bilderberg. Un campione della “razza padrona”? Peter Sutherland: a capo della Bp, della super-banca Goldman Sachs e della London School of Economics, poi plenipotenziario Onu per l’immigrazione e lo sviluppo, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, membro della Commissione Europea e ministro della giustizia in Irlanda. «E ovviamente, membro sia della Commissione Trilaterale che del Gruppo Bilderberg». Se il “club” resta il primo organo del super-potere, il secondo è il “colosso di Ginevra”, il Wto: l’Organizzazione Mondiale del Commercio nata nel 1994 è «più potente di qualsiasi nazione o parlamento». Riunisce 153 Paesi nella sede ginevrina, dove vengono dettate le regole del commercio internazionale, cioè praticamente di tutta l’economia del mondo: «Fette enormi dei nostri posti di lavoro, di ciò che compriamo, mangiamo, con cui ci curiamo». Decidono tutto “loro”. E, come nel caso della nuova Europa del Trattato di Lisbona, le regole emanate dal Wto, denominate “Accordi”, sono sovranazionali, cioè più potenti delle leggi nazionali. Il meccanismo non è democratico: le decisioni sono dominate dallo strapotere dei Paesi ricchi. «Chi sta al timone è il cosiddetto gruppo Quad, formato da Usa, Giappone, Canada ed Europa. Ma l’Europa intera è rappresentata al tavolo delle trattative del Wto dalla Commissione Europea, che nessun cittadino elegge», sottolinea Barnard. «In realtà, chi decide per tutti noi europei è un numero ancora più ristretto di burocrati: il misterioso Comitato 133 della Commissione, formato da specialisti ancor meno legittimati. La politica italiana di norma firma gli “Accordi” senza neppure leggerli». Se un Paese si oppone a una regola del Wto, continua Barnard, può essere processato da un tribunale interno, dotato di poteri enormi e formato da tre individui di estrazione economico-finanziaria, le cui sentenze finali sono inappellabili. Una sentenza del Wto può penalizzare o persino ribaltare le scelte democratiche di milioni di cittadini, anche nei Paesi ricchi. Esempio: tutta l’Europa è stata condannata a risarcire gli Usa con milioni di euro perché si è rifiutata di importare la carne americana agli ormoni. Ma neppure gli Stati Uniti hanno potere sul Wto: il presidente Obama, di fronte all’ultima catastrofe finanziaria, aveva deciso di imporre regole restrittive contro le speculazioni selvagge delle banche (vera causa della crisi), ma «gli è stato sbarrato il passo proprio da una regola del Wto, che si chiama “Accordo sui Servizi Finanziari”, e che sancisce l’esatto contrario, cioè proibisce alla Casa Bianca e al Congresso di regolamentare quelle mega-banche. E sapete chi, anni fa, negoziò quell’accordo al Wto? Timothy Geithner, attuale ministro del Tesoro Usa, che è uno dei membri del Gruppo Bilderberg». In materia di leggi internazionali, il Wto è praticamente onnipotente: ha facoltà di «esautorare le politiche sanitarie di qualunque Paese», e inoltre toglie al cittadino «la libertà di sapere in quali condizioni sono fatte le merci che acquista», anche ostacolando l’uso delle etichette a tutela del consumatore. Inoltre, nelle gare d’appalto, il Wto impone ai politici di concedere alle grandi multinazionali estere le stesse condizioni richieste alle aziende nazionali: favorire l’occupazione nazionale è considerata una discriminazione ai danni del “libero mercato”. Sempre le disposizioni del Wto «accentrano nelle mani di poche multinazionali i brevetti della maggioranza dei principi attivi e delle piante che si usano per i farmaci o per l’agricoltura, poiché permettono la brevettabilità privata delle forme viventi e tutelano quei brevetti per 20 anni». Inoltre, il fatto che i brevetti siano protetti dal Wto per vent’anni «sta alla base anche della mancanza di farmaci salva-vita nei Paesi poveri». Non basta: il Wto sta «promuovendo a tutto spiano la privatizzazione e l’apertura al “libero mercato” estero di praticamente tutti i servizi alla cittadinanza, anche di quelli essenziali come sanità, acqua, istruzione e assistenza agli anziani, con regole che impediranno di fatto agli amministratori locali la tutela dei cittadini meno abbienti che non possono permettersi servizi privati». Ovviamente questi “Accordi” sono vincolanti su qualsiasi legge nazionale, esautorando quindi i nostri politici dalla gestione dei capitoli-chiave della nostra economia. La strategia del “club” e del Wto, naturalmente, si avvale anche del terzo organo del super-potere: i lobbysti. Paolo Barnard li chiama “i suggeritori”. Sono loro che vengono «ricevuti in privato da ogni politico che conti al mondo e che gli “suggeriscono” (spesso dettano) i contenuti delle leggi e dei decreti, ma anche delle linee guida di governo e persino dei programmi delle coalizioni elettorali». I “suggeritori” italiani sono un migliaio, ma diventeranno almeno diecimila entro una decina d’anni, scriveva Barnard nel 2008, citando l’agenzia “Reti” dell’ex dalemiano Claudio Velardi e l’attività di lobbying condotta da vari gruppi per finanziare politici e averne in cambio enormi favori. «Con una stima basata sui bilanci passati, si calcola che il denaro sommerso versato alla politica italiana ammonti a diverse decine di milioni di euro all’anno, provenienti dai settori edile, autostradale, metallurgico, sanitario privato, bancario, televisivo e immobiliare». Le ricadute sui cittadini: leggi e regolamenti che «vanno a modificare, spesso in peggio, la nostra economia di vita e di lavoro». Nessuno ne sembra immune: Barnard cita gli oltre 2 milioni di euro finiti nel 2008 all’Udc, l’80% dei quali provenienti dall’immobiliarista Caltagirone («pensate alla libertà di Pierferdinando Casini nel legiferare in campo immobiliare»), o i 50.000 euro a Di Pietro dalla famiglia Lagostena Bassi, che «controlla il mercato delle Tv locali ma che contemporaneamente serve Silvio Berlusconi e foraggia la Lega Nord». E il famigerato Ponte sullo Stretto? Un favore al gruppo Gavio, forte di 650.000 euro versati al Pdl. Quanto ai “suggeritori” americani, si entra nel Guinness dei Primati: al prezzo di due milioni di morti fra Iraq e Afghanistan, è stata la “lobby del petrolio” a puntare sulle guerre di Bush e i relativi profitti del greggio schizzato alle stelle. Dick Cheney e James Baker III, ma anche l’ex della Enron Kenneth Lay, il presidente del Carlyle Group, Frank Carlucci, e poi Robert Zoellick, Thomas White, George Schultz, Jack Sheehan, Don Evans, Paul O’Neil: rispettivamente, «a servizio di Shell, Mobil, Union Carbide, Huntsman, Amoco, Exxon, Alcoa, Conoco, Carlyle, Halliburton, Kellog Brown & Root, Bechtel e Enron». Se George Bush junior resta «il politico più “oliato” nella Storia americana», Obama si “difende” con la lobby finanziaria-assicurativa: «Quando nel 2008 crollano le banche Usa dopo aver truffato milioni di esseri umani e migliaia di altre banche internazionali, 7 milioni di famiglie americane perdono il lavoro e l’intera economia mondiale va a picco, Italia inclusa», il nuovo presidente «firma un’emorragia di denaro pubblico dopo l’altra per salvare il deretano dei banchieri truffatori». L’alibi di Obama: “rianimare l’economia” (dai 5.000 agli 11.000 miliardi di dollari, secondo le stime), senza che neppure uno dei super-truffatori finisca in galera. «Anzi: il suo governo ha chiamato a ripulire i disastri di questa crisi globale gli stessi personaggi che l’hanno creata. Invece di farli fallire e di impiegare il denaro pubblico per la gente in difficoltà, Obama e il suo ministro del Tesoro Timothy Geithner gli hanno offerto una montagna di denaro facile affinché comprino i debiti delle banche fallite». Grazie al piano-Obama, i delinquenti della finanza hanno ricevuto da Washington l’85% del denaro necessario per comprare quei debiti, mettendo di proprio solo il 15%, e riservandosi ulteriori, lauti profitti in caso di “ripresa”, senza dover restituire il super-prestito a fondo perduto. «E’ il solito “socialismo al limone: le perdite sono dei contribuenti e i profitti sono degli investitori privati”». Se n’è accorto il “Washington Post”, che ha accusato Obama di non aver posto alcun limite agli speculatori che causarono la catastrofe. «Domanda: quanto denaro ha preso Obama in campagna elettorale dalle lobby finanziarie? Risposta: 38 milioni di dollari». Altri 20 milioni, continua Barnard, Obama li ha intascati dalle lobby assicurative sanitarie, che ha ricambiato con «una falsa riforma della sanità» che in realtà «non ha nulla di pubblico ed è un ulteriore regalo ai giganti delle assicurazioni private», numerosissimi nella schiera dei 40.000 lobbysti che assediano giornalmente Washington. Compresi gli alfieri del network più leggendario, la lobby ebraica, che condizionano la superpotenza: vietato mettere in dubbio la politica di Israele. Nel 2002, proprio mentre l’esercito israeliano reinvadeva i Territori Occupati con i consueti massacri indiscriminati di civili, a Washington fu sommerso dai fischi l’allora viceministro della difesa Paul Wolfowitz, super-falco “neocon” e filo-israeliano, che si era permesso di citare le “sofferenze palestinesi”. E prima ancora, nel 1992, il presidente uscente Bush fece un clamoroso passo falso: minacciando di bloccare 10 miliardi di aiuti se Tel Aviv non avesse frenato gli insediamenti ebraici nei Territori, perse i due terzi dell’elettorato ebraico che l’aveva sostenuto nell’88 e spianò la strada alla vittoria di Clinton. Anche in Europa le lobby fanno la loro parte, mettendo in campo 15-20.000 “suggeritori”, che arrivano a spendere un miliardo di euro all’anno per condizionare le scelte della Commissione Europea, che dopo il Trattato di Lisbona è diventata il vero centro decisionale del continente, il super-governo (non eletto) di tutti noi, con poteri immensi. Le grandi aziende rappresentate sono migliaia: tra queste Fiat e Pirelli, Barilla, Canon e Kodak, Johnson & Johnson, Motorola, Ericsson e Nokia, Time Warner, Rank Xerox e Microsoft, Boeing, Dow Chemicals, Danone, Candy, Shell, Hewlett Packard, Ibm, Carlsberg, Glaxo, Bayer, Hoffman La Roche, Pfizer, Merck. E poi banche, assicurazioni, investitori. E’ «un assedio alla politica», secondo Barnard, ma anche «un vero e proprio attentato alla democrazia», perché sono i miliardari a imporre le decisioni, per giunta ad istituzioni comunitarie non più dirette da politici regolarmente eletti. Da non trascurare, aggiunge Barnard nella sua diagnosi, l’influenza del “quarto organo” del super-potere mondiale, ovvero i “think-tanks”: letteralmente “serbatoi di pensiero”, per sviluppare idee destinate a condizionare la politica. A lanciare l’offensiva fu Lewis Powell nel 1971, quando denunciò una «guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale» e, per Barnard, diede il via alla riscossa delle élite e alla fine della democrazia partecipativa dei cittadini. Le destre economiche ambivano a «riconquistare il mondo» e «sottomettere la politica, cioè a divenire il vero Potere». Come? Armandosi di idee, raccogliendo denaro, selezionando cervelli e plasmandoli, per poi «immetterli nel sistema di comando della società, infiltrandolo tutto». Oggi le super-fondazioni sono 336, distribuite in ogni continente. «Una delle più note e aggressive è l’Adam Smith Institute di Londra, che ostenta un’arroganza di potere tale da vantare come proprio motto questo: “Solo ieri le nostre idee erano considerate sulla soglia della follia. Oggi stanno sulle soglie dei Parlamenti”». La politica-marionetta, dice Barnard, è il braccio esecutivo del “vero potere”. «Spesso, i nostri ministri economici, i nostri banchieri centrali, ma anche presidenti del Consiglio» (due nomi: Mario Draghi e l’allora primo ministro Romano Prodi) «si trovano a cene o convegni presso queste fondazioni / Think Tanks, di cui in qualche raro caso i Tg locali danno notizia. In apparenza cerimonie paludate e noiose, in realtà ciò che vi accade è che ministri, banchieri e premier vi si recano per dar conto di ciò che hanno fatto per compiacere all’idea economica del vero Potere». Ovvero: minime regolamentazioni per il business e governi più marginali, secondo i dettami del noto Omega Project emanato dall’Adam Smith nel 1982: direttive che hanno regolarmente «divorato la vita pubblica in Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti», e che ormai hanno varcato la soglia del Parlamento anche in Italia: con la super-manovra di Tremonti imposta da Bruxelles, è come se il “vero potere” descritto col largo anticipo da Paolo Barnard avesse gettato la maschera. Eppure, i segnali erano chiarissimi. Barnard ricorda il 16 settembre 1992, quando George Soros decise di «spezzare la schiena alla Gran Bretagna» vendendo di colpo qualcosa come 10 miliardi di sterline. Il finanziere causò il collasso del valore della moneta inglese, che fu così espulsa dal Sistema Monetario Europeo: «Soros si intascò oltre 1 miliardo di dollari, ma milioni di inglesi piansero lacrime amare e il governo di Londra ne fu umiliato». Per non parlare dello speculatore John Meriwether, che aveva «irretito praticamente tutte le maggiori banche del mondo con 4,6 miliardi di dollari ad alto rischio». I suoi manager si fregiavano del titolo di “padroni dell’universo”, ma nell’agosto del 1998 contemplarono il crollo dei mercati mondiali per causa loro; la Federal Reserve dovette poi intervenire in emergenza, «col solito salvataggio a spese dei contribuenti». Un copione che si è ripetuto durante l’ultima crisi, con lo speculatore internazionale Joseph Cassano che, franati i suoi investimenti-truffa da 500 miliardi di dollari, telefona alla casa Bianca per dire: «Sorry, ho mandato al diavolo la vostra economia». «Panico mondiale, fine del credito al mondo del lavoro di quasi tutto il pianeta e, sul piatto di noi cittadini, ecco servita la crisi economica più pericolosa dal 1929 a oggi». Colpa di quello che Barnard chiama il “Tribunale degli Investitori e degli Speculatori Internazionali”, altro braccio armato del “vero potere” che sta privatizzando il mondo, a tappe forzate, espropriando Stati e cittadini. «Altro che Tremonti o Confindustria: nel mondo odierno esiste una comunità di singoli individui privati capaci di movimentare quantità di ricchezze talmente colossali da scardinare in poche ore l’economia di un Paese ricco, o le economie di centinaia di milioni di lavoratori che per esse hanno faticato un’intera vita, cioè famiglie sul lastrico, aziende che chiudono. Le loro decisioni sono come sentenze planetarie. Inappellabili». E irte di cifre mostruose: «Stanno facendo oscillare sul pianeta qualcosa come 525.000 miliardi di dollari in soli prodotti finanziari “derivati”, cioè denaro ad altissimo rischio di bancarotta improvvisa». E’ possibile che “i mercati” facciano sparire, di colpo, centinaia di miliardi, provocando perdita di posti di lavoro, precarizzazione e relativo effetto-domino sull’economia. Basta che “qualcuno” non sia entusiasta dell’obbedienza dei politici, o che abbia intravisto una convenienza speculativa. «Questa tirannia del vero Potere», scrive ancora Barnard, prende il nome tecnico di “capital flight”: letteralmente, capitali che prendono il volo. E’ semplicemente “denaro in cerca di maggiori profitti”, per dirla con “Investors.com”. Si tratta di «flussi enormi di capitali in uscita da un Paese: spesso così enormi da incidere su tutto il sistema finanziario di una nazione». Peccato che di mezzo ci siano i soliti, ingombranti esseri umani: a milioni. Il “Tribunale” degli speculatori chiude il cerchio, la super-piramide retta dal “club” e dal Wto con l’appoggio dell’Unione Europea, dei lobbysti e dei think-tank. «Vi si potrebbe aggiungere il World Economic Forum, il Codex Alimentarius, l’Fmi, il sistema delle Banche Centrali, le multinazionali del farmaco», dice ancora Barnard. Senza trascurare le mafie: perché «traffico di droga, prostituzione, traffico d’armi e riciclaggio di rifiuti tossici sono servizi che le mafie praticano per conto di committenti sempre riconducibili al vero Potere, o perché da esso condizionati, oppure perché suoi ingranaggi importanti». Ed ecco composto il puzzle dell’orrore, da cui derivano «i problemi capitali della nostra vita di cittadini, o addirittura i drammi quotidiani che tante famiglie di lavoratori patiscono». C’è qualcuno che decide tutto, al di sopra qualsiasi controllo. «Se vi sta a cuore la democrazia, la giustizia sociale e la vostra economia quotidiana di lavoro e di servizi essenziali alla persona conclude Barnard nel suo appello allora dovete colpire chi veramente opera per sottrarceli, cioè il vero Potere. Ci si organizzi per svelarlo al grande pubblico e per finalmente bloccarlo. Ora lo conoscete, e soprattutto ora sapete che razza di macchina micidiale, immensa e possente esso è». Se gli attuali metodi di lotta dei movimenti sono «pietosamente inadeguati, infantili chimere, fuochi di paglia che mai un singolo attimo hanno impensierito quel vero Potere», secondo Barnard per «arginare un titano di quella portata» l’unica speranza è opporgli «un’organizzazione di attivisti e di comunicatori eccezionalmente compatta, finanziata, ferrata, disciplinata, su tutto il territorio, al lavoro sempre, implacabile, nei luoghi della gente comune, per anni. Altra speranza non c’è. Sempre che ancora esista, una speranza». |
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