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From the print edition: Middle East and Africa Le Forze di Difesa israeliane adottano le ali Le forze armate israeliane stanno spostando l'enfasi dalla guerra meccanizzata verso il potere dell'aria e dell’informatica Circa 30.000 soldati stanno lentamente sgomberando le loro basi nella città principale di Israele, Tel Aviv, spostandosi verso il deserto del Negev. Entro la fine del decennio, gran parte dell'esercito del paese sarà migrato in quattro enormi basi accanto alle baracche beduine. I costruttori di Tel Aviv, godono della prospettiva di costruire su vaste porzioni di terra più valorizzabile nel paese,si parla di trasformare le spade in multiproprietà. Hanno in programma una torre di 80 piani per il Kirya, la vecchia base britannica nel centro della città, che negli ultimi sei decenni è stato il quartier generale del personale. Ampie parti della Forze di Difesa Israeliane (IDF) prevedono di ritirarsi dai centri abitati costieri. Nel complesso, gli uomini in divisa, che hanno a lungo dominato lo Stato, stanno diventando sempre più periferici. Le spese per la difesa israeliana restano la quinta più alta procapite al mondo e i giovani ebrei continuano a fare il servizio militare fino a tre anni. Nella Knesset, il parlamento israeliano, la presa dell'esercito sul corpo politico può ancora essere sentito, ma non è più così forte come una volta. Mentre l'economia israeliana è cresciuta, la spesa militare è scesa dal 17,7% del PIL nel 1991 a circa il 6% di oggi. La Knesset tagliato il miliardo dollari del più recente bilancio della difesa, dividendolo in due decenni. Guidati da un falco come Moshe Feiglin, i politici di ogni colore fanno campagne per professionalizzare ciò che è stato a lungo un esercito popolare. Il progetto obbligatoriao produce risultati negativi, dice il signor Feiglin. L'IDF si affida al basso costo del lavoro manuale, invece di specializzazione e tecnologia, e questo danneggia le difese del paese. Pur di porre fine al progetto, la Knesset questo mese ha approvato un piano di ristrutturazione militare che spinge l'esercito verso la professionalizzazione. Sollecita il passaggio da divisioni corazzate ad alta intensità di mano d'opera a favore della forza aerea, raccolta di intelligence e guerra cibernetica. I coscritti sono incoraggiati ad estendere il loro mandato triennale. I legislatori dicono che le forze di terra arrancano sentendosi sempre più come un peso. Usciranno circa 4.500 ufficiali, una brigata di artiglieria che brandisce obici e centinaia di carri armati Merkava e M60, alcuni vecchi come la guerra del Vietnam. Arriverà il nuovo campo di addestramento nel deserto del Negev. Assomiglia ad un parco ad alta tecnologia, a misura di un'epoca in cui un tecnico a Tel Aviv può attaccare un bersaglio a Teheran. I campi di battaglia attuali e futuri sono totalmente diversi da quelli che abbiamo conosciuto in passato, scrive opportunamente Moshe Yaalon, il ministro della Difesa, sulla sua pagina Facebook. Una delle ragioni che stanno dietro al nuovo ordine di battaglia in Israele è la primavera araba. Gli eserciti dei più grandi paesi vicini non rappresentano più una minaccia convenzionale come una volta. L’Egitto è troppo occupato con la politica interna e la Siria ha cessato di esistere come forza coerente. Siamo circondati da Stati falliti, dichiara un ministro. Siria e Iraq sono in gran parte fuori uso, gli fa eco un ufficiale. Il divario nelle capacità tecniche si allarga ogni anno. Gli eserciti arabi non possono tenere il passo. A dire il vero, Israele ha ancora un sacco di nemici mortali. Hezbollah, il partito libanese con milizia, controlla decine di migliaia di missili. Gruppi estremisti nel Sinai, Gaza e Siria detestano Israele e così fa l'Iran, che sponsorizza alcuni di loro. Ciò nonostante, questi equipaggiamenti non rappresentano più una minaccia. I carri armati sono inutili contro il programma nucleare iraniano o contro una banda di jihadisti. I comandanti dell’Air force elogiano le unità di reazione rapida che fanno uso di aerei da combattimento, droni, di intelligence e cyber-guerra. Essi sottolineano che le operazioni che utilizzano tali forze causano meno vittime e riducono così il rischio che ci sia un escalation nel conflitto. Una serie di attacchi israeliani in Siria e Sudan contro missili apparentemente diretti a Hezbollah e Hamas non hanno portato ad alcuna ricaduta tangibile finora. Essi hanno anche risparmiato a Israele la condanna internazionale che le invasioni di terra tendono ad infiammare. L'IDF ha già cambiato enormemente negli ultimi anni. La sua più grande unità, 8200 uomini, è focalizzata sulla cyber guerra. L'aviazione si è assunta alcuni compiti delle forze di terra. Nel 2000, solo l'1% dei terroristi di Gaza sono stati uccisi dal cielo. Oggi sono il 98%, secondo un comandante anziano dell'aeronautica. L’offensiva del novembre scorso contro i militanti di Gaza è stata condotta quasi interamente dall'aria, senza l'impiego di truppe di terra. Però Israele ha ancora bisogno di stivali sul terreno. In uno scontro con Hezbollah, la fanteria saprebbe cercare nel sud del Libano i missili nascosti, diretti verso centri di popolazione ebraica. I generali in pensione, dopo aver vinto le loro medaglie in epiche battaglie di terra, si lamentano che la riduzione delle brigate corazzate vedrà un calo del numero di soldati con esperienza di combattimento, lasciando esposto Israele. E' molto rischioso, dice uno. Le guerre hanno l'abitudine di spuntare quando meno te lo aspetti. Ma anche loro ammettono che le relazioni di Israele con le sue forze armate stanno cambiando. Le sfilate militari appartengono ad un'epoca passata. Il capo di stato maggiore, Benny Gantz, agisce consapevolmente come un burocrate. Non abbiamo più figure militari carismatiche, dice Shlomo Swirsky, che gestisce Adva, un think-tank israeliano. Non sono più un veicolo per la mobilità verso l'alto come una volta. I Leader di partito di oggi sono stati più probabilmente giornalisti che generali. Una recente legge bandisce dalla politica per tre anni, i funzionari della sicurezza in pensione. Le priorità politiche stanno cambiando. Una nuova generazione di politici scruta il bilancio militare più da vicino, costringendo l'esercito in sempre nuovi giochi di prestigio per mantenere generose pensioni e indennità di vacanza. Gli elettori sembrano volere troppo uno stato più normale e meno militarizzato. Il numero di giorni trascorsi dagli ex-soldati di leva, in servizio di riserva, una volta obbligatorio per un mese ogni anno, per tutti gli uomini sotto i 40 anni, è sceso in una generazione da 10 giorni all’anno fino a due e mezzo, nonostante il crescente aumento della popolazione. Se non fosse per l'occupazione di manodopera in Cisgiordania, il numero sarebbe caduto ancora più in basso. Qualora i negoziati con i palestinesi diano frutti, potrebbe ancora scendere.
From the print edition: Middle East and Africa The Israel Defence Forces Taking wing Israel’s armed forces are shifting emphasis from mechanised warfare toward air and cyber power
Some 30,000 soldiers are slowly vacating their bases in Israel’s main city, Tel Aviv, and moving to the Negev desert. By the end of the decade, much of the country’s army will have migrated to four huge bases alongside Bedouin shanties. Tel Aviv’s developers, relishing the prospect of building on vast tracts of the country’s most valuable land, talk of turning swords into timeshares. They plan an 80-storey tower for the Kirya, the old British base in the city centre, which for the past six decades has been the headquarters of the general staff. Large parts of the Israel Defence Forces (IDF) expect to withdraw from coastal population centres. Overall, the men in uniform, who long dominated the state, are becoming more peripheral. Israeli defence spending remains the world’s fifth highest per person and young Jews continue to do up to three years of military service. In the Knesset, Israel’s parliament, the army’s hold on the body politic can still be felt, but it is no longer as strong as it once was. As Israel’s economy has boomed, military spending has fallen from 17.7% of GDP in 1991 to around 6% today. The Knesset sliced $1 billion off the most recent defence budget, the steepest cut in two decades. Led by a maverick hawk, Moshe Feiglin, politicians of all stripes are campaigning to professionalise what has long been a people’s army. “The compulsory draft produces adverse results,” says Mr Feiglin. “The IDF relies on cheap manual labour instead of specialisation and technology and this harms the country’s defences.” Although stopping short of ending the draft, the Knesset this month approved a military restructuring plan that prods the army towards professionalisation. It urges a shift away from manpower-intensive armoured divisions in favour of the air force, intelligence collection and cyber-warfare. Conscripts are encouraged to extend their three-year terms. Plodding ground forces increasingly feel like a burden, lawmakers say. Out will go some 4,500 officers, an artillery brigade wielding howitzers and hundreds of ageing Merkava and M60 tanks, some as old as the Vietnam war. In will come the new training ground in the Negev desert. It resembles a high-tech park, fit for an age when a technician in Tel Aviv can attack a target in Teheran. “The current and future battlefields are totally different from what we knew in the past,” writes Moshe Yaalon, the defence minister, fittingly, on his Facebook page. One of the reasons behind Israel’s new order of battle is the Arab spring. The armies in the largest neighbouring countries no longer represent the conventional threat they once did. Egypt’s is too busy with domestic politics and Syria’s has ceased to exist as a coherent force. “We’re surrounded by failed states,” declares a minister. Syria and Iraq are “to a great extent” out of commission, an officer echoes. The gap in technical capabilities widens every year. Arab armies cannot keep up. To be sure, Israel still has lots of mortal enemies. Hizbullah, the Lebanese party-cum-militia, controls tens of thousands of missiles. Extremist groups in Sinai, Gaza and Syria loathe the country and so does Iran, which sponsors some of them. Yet, these outfits do not present traditional threats. Tanks are useless against Iran’s nuclear programme or a band of jihadists. Air force commanders praise rapid-reaction units that make use of fighter jets, drones, intelligence and cyber-warfare. They stress that operations using such forces cause fewer casualties and thus reduce the risk that a conflict will escalate. A series of Israeli strikes in Syria and Sudan on missiles apparently bound for Hizbullah and Hamas have resulted in no tangible fallout so far. They have also spared Israel the international condemnation that ground invasions tend to ignite. The IDF has already changed enormously in recent years. Its largest unit, 8200, is focused on cyber-warfare. The air force has taken over some tasks from ground forces. “In 2000 only 1% of Gaza’s terrorists were killed from the air. Today it’s 98%,” according to a senior air force commander. Last November’s offensive against Gaza militants was conducted almost entirely from the air, without the deployment of ground troops. Israel still needs some boots on the ground, however. In a fight with Hizbullah, infantry would search southern Lebanon for hidden missiles aimed at Jewish population centres. Retired generals, having won their medals in epic ground battles, complain that the reduction in armoured brigades and a declining number of soldiers with combat experience has left Israel exposed. “It’s very risky,” says one. “Wars have a habit of popping up when you least expect them.” But even they admit that Israel’s relations with its armed forces are changing. Military street parades belong to a bygone era. The chief of staff, Benny Gantz, consciously acts like a bureaucrat. “We no longer have charismatic military figures,” says Shlomo Swirsky, who runs Adva, an Israeli think-tank. “It’s not the vehicle for upward mobility it once was.” Today’s party leaders are more likely to be journalists than generals. A recent law bars retiring security officials from politics for three years. Political priorities are changing. A new generation of politicians scrutinises the military budget more closely, forcing the army into ever new sleights of hand to keep generous pensions and vacation allowances. Voters too seem to want a more normal, less militarised state. The number of days spent by ex-conscripts on reserve dutyonce a mandatory month a year for all men under 40has fallen from 10m days annually to 2.5m in a generation, despite a sharp population increase. Were it not for the labour-intensive occupation of the West Bank, the number would fall lower still. Should the negotiations with the Palestinians bear fruit, it might yet.
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