Al-Monitor 12/12/2016
Egitto: chi c’è dietro gli attentati del Cairo contro i copti? di Ayah Aman Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo
I cristiani copti d'Egitto protestano affinché le autorità garantiscano la sicurezza e la tutela dei diritti di questa minoranza religiosa
Le autorità egiziane hanno riferito di aver arrestato 4 sospettati (tre uomini e una donna) e identificato un uomo che credono essere stato l’attentatore suicida responsabile dell’esplosione in una chiesa copta del Cairo lo scorso 10 dicembre, nella quale sono morte più di 20 persone. Ancora nessun gruppo, però, ha rivendicato l’attacco. L’incidente è avvenuto nonostante le misure di sicurezza adottate per proteggere i cristiani copti, che hanno protestato contro la situazione e l’accaduto. Alcuni sopravvissuti hanno riferito che la polizia in questo caso non aveva proceduto alle ispezioni di sicurezza di routine alla chiesa di San Pietro e Paolo, adiacente alla cattedrale di San Marco, residenza del Papa copto, Teodoro II di Alessandria. Lo stato di allerta annunciato dal ministero degli Interni non è servito a calmare la sete di giustizia dei copti e delle famiglie coinvolte nell’attacco, che hanno condannato “il terribile allentamento” delle misure di sicurezza delle forze armate nel proteggere la chiesa. Decine di copti hanno chiesto le dimissioni del presidente al-Sisi, mentre altri hanno intonato slogan a sostegno dell’unità nazionale, gridando “musulmani e cristiani restano uniti”. Alcuni manifestanti sono invece andati contro quest’unità: “Chiese e moschee sono sullo stesso piano, ma i copti non bruciano le moschee”, hanno urlato. Da parte sua, il reverendo Makary Younan, pastore della chiesa di San Marco di Azbakeya, ha invitato la folla a mettere un freno alle proteste, dicendo: “Non dobbiamo protestare. Piuttosto, dovremmo mostrare amore verso i musulmani per proteggere l’Egitto”. Ma tutti gli inviti alla calma sono stati vani. I manifestanti sono diventati sempre più desiderosi di punire i colpevoli. Hanno incolpato lo Stato e l’apparato di sicurezza per non essere riusciti a proteggere i copti. Alcuni si sono scontrati con la polizia. “La chiesa ci chiede di perdonare ed amare. Ma un simile comportamento non fa che seminare dolore, sangue e crimine”, ha detto una fedela copta, che si chiede perché lo Stato abbia permesso la proliferazione di un pensiero anti-cristiano in Egitto. Molti analisti credono che la Fratellanza Musulmana e i suoi seguaci prendano di mira i copti come rappresaglia per quanto accaduto il 30 giugno del 2013, quando i cristiani hanno sostenuto il golpe di al-Sisi che ha spodestato l’ex presidente Mohammed Morsi, bandendo così la Fratellanza dalla vita politica egiziana. Kamal Zakher, fondatore della Corrente Copta Secolare, pensa che “l’incidente è un crimine politico… [la Fratellanza] non può dimenticare che i copti sono stati un elemento cruciale per lo Stato quando hanno sostenuto al-Sisi il 30 giugno. Cercano costantemente di disintegrare questo asse e minano la sicurezza prendendosela con i copti”. Zakher ha aggiunto che “i tentativi dello Stato di contenere la situazione non saranno accettati […] L’unico modo per smorzare la rabbia dei copti è prendere i colpevoli”. Ishac Ibrahim, ricercatore sulla libertà di culto e religione presso la Egyptian Initiative for Personal Rights, ha detto che “ripetere espressioni di amore non spegnerà la rabbia, che è sempre più forte tra i copti”. Ha ggiunto che “l’evidente instabilità nella sicurezza e l’estremismo contro i copti è una storia vecchia. Eppure, le autorità non riescono a porvi fine”. Molte domande rimangono in sospeso circa la posizione politica dello Stato e il silenzio di fronte alle retoriche provocatorie di alcuni esponenti salafiti contro i copti. La questione dei copti cristiani in Egitto è considerata materia di sicurezza nazionale sina dall’era Mubarak. Molti osservatori non accettano l’ipotesi per cui i terroristi colpiscono gli egiziani a prescindere dalla loro religione, sostenendo invece che la questione non verrà risolta finché l’amministrazione politica non agisca concretamente per proteggere i diritti dei copti e contenere la loro rabbia.
Ayah Aman è una giornalista egiziana di Al-Shorouk, specializzata in Africa, bacino del Nilo, Turchia, Iran e questioni sociali egiziane. |