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December 24, 2015

 

Attenzione al sunni-Stan: i neoconservatori sono tornati e la loro visione è più scura che mai

di Ramzy Baroud

 

John Bolton è un personaggio appannato. Un tempo ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite è ora promosso come un dotto nella lobby filo-israeliana, l'American Enterprise Institute (AEI).

 

Bolton non è un operatore di pace, né, in sua difesa, ha mai cercare di apparire come se lo fosse. Quando è stato nominato ambasciatore americano alle Nazioni Unite da George W. Bush, il suo compito è durato solo per un anno, a partire da agosto 2005. Il suo tempo in questa posizione è stato segnato da discordia e conflitti. Ha rubato le luci della ribalta con affermazioni del tipo "L'edificio del Segretariato ONU a New York ha 38 piani. Se ne perdesse dieci, non farebbe alcuna differenza."

Quando la guerra in Iraq non è riuscita a raggiungere uno dei suoi obiettivi, segnalando così una ritirata americana dal Medio Oriente, i politici neoconservatori come Bolton ripiegarono verso istituzioni neo-conservatori alla loro destra. Coloro che non ne avevano una, istituirono un'organizzazione propria e cominciarono a pubblicare i comunicati stampa a caso, a volte acclamando Israele, e castigando il loro presidente, Barack Obama, per una cosa o per l'altra.

Quando la cosiddetta primavera araba ebbe luogo, i neocon, come Bolton, videro in essa un'opportunità, ma che era difficile da discernere. Da un lato, hanno capito poco dei meccanismi che hanno spinto le azioni popolari perché essi furono utilizzati per operare al massimo livello di potenza totalmente distaccati dalle persone. D'altra parte, era chiaro per loro, sin dall'inizio, che Obama non voleva correre rischi facendo un passo indietro in un pantano Mediorientale che fu originariamente progettato dal suo predecessore.

Incapaci di influenzare molti cambiamenti nella regione, come una volta immaginato sotto la guida di artisti del calibro di Richard Perle e il suo Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC), i neocon montarono una strategia predicata soprattutto per screditare la mancanza di strategia della loro amministrazione.

In un certo senso la primavera araba rinvigorì i neocon, ma anche ricordò loro l’impotenza politica. Erano finiti i giorni in cui architettavano politiche estere da think tank neoconservatori come l'Istituto di Washington per la Politica del Vicino Oriente (WINEP), il Centro per la politica di sicurezza (CSP) e l'Istituto Ebraico per gli Affari di Sicurezza Nazionale (JINSA), di cui, tra gli altri, Perle è un membro attivo.

In realtà, Perle è piuttosto un membro accarezzato dall'American Enterprise Institute, dove Bolton scrive sempre i suoi articoli occasionali sui media tradizionali statunitensi, offrendo una visione relativa a come prendere l'Iran, come riformare gli stati arabi e come ridisegnare la mappa del Medio Oriente in modi che sono favorevoli agli interessi Usa in politica estera.

L'ultimo di tali oneri intellettuali di Bolton è stato pubblicato sul New York Times il 24 novembre con il titolo, "Per sconfiggere l’ISIS, bisogna creare uno Stato sunnita", ha teorizzato una volta di più, infuriandosi contro "gl’inefficaci sforzi di Obama" per distruggere l’ISIS e invece d’impegnarsi, in una "visione chiara e condivisa dagli alleati della Nato." L'idea principale dietro la sua logica è che, una volta distrutto l’ISIS, sia la regione che il gruppo militante designato come uno stato dovrebbe essere trasformato in uno stato sunnita che, con un titolo provvisorio, ha definito Sunni-Stan.

Il ragionamento di Bolton è prevedibile tanto quanto è arrogante. E' prevedibile, nel senso che, come in passato altre iniziative di neoconservatori, non ha rispetto per i desideri dei popoli del Medio Oriente. I suoi argomenti sono costruiti sulla stessa visione del mondo che vede il conflitto come opportunità, e le nazioni in guerra come pedine in un gioco più grande, volta a sottomettere le persone per ottenere una sicurezza e una stabilita per gli Stati Uniti ed i suoi presunti alleati.

E' anche arrogante per l'ovvia ragione che crede che il mondo dovrebbe essere progettato per adattarsi alla ristretta e autoreferenziale visione spesso violenta, di politici falliti come lui, che, ahimè, ha accesso ai giornali più autorevoli degli Usa.

La presunzione di Bolton lo ha completamente accecato ai fallimenti dell'amministrazione Bush e l'intero crollo del discorso intellettuale neoconservatore durante e dopo la guerra in Iraq. Al contrario, egli chiede di ripetere esattamente cosa è andato storto in Iraq.

"Come abbiamo fatto in Iraq con Anbar Awakening 2006, l'operazione di controinsurrezione che sloggiò Al Qaeda dalla sua roccaforte in quella provincia irachena, noi e i nostri alleati dobbiamo responsabilizzare i leader sunniti vitali, comprese le autorità tribali, che apprezzano le loro esistenti strutture sociali", ha scritto.

Solo una persona irragionevole può non apprezzare come il seme settario che gli Stati Uniti hanno seminato in Iraq, sulla base delle raccomandazioni di quelli del calibro di Bolton, ha portato alla deturpata e sfigurata nazione irachena di oggi. Questa massiccia manomissione del tessuto sociale, culturale, religioso e politico della società, in primo luogo abilita gli sciiti, opprimendo i sunniti, poi mette i sunniti uno contro l'altro, e così via, aprendo la strada all'unità tra i vari gruppi sunniti che, in ultima analisi, formano l’ISIS.

Sono le grandi sperimentazioni di Bolton e dei suoi colleghi che hanno reso l’ISIS lo stato che è oggi, che egli propone di sostituire con un altro stato confessionale, amputando quindi due paesi arabi che un tempo erano le sedi delle due più importanti civiltà della storia, il Califfato abbaside e quello Omayyadi.

Ma per quale scopo e a quale prezzo? Se l’intromissione in una scala relativamente piccola ha trasformato il Medio Oriente in un inferno perpetuo, e una cordata di rivali regionali e internazionali in una guerra che sembra essere in continua espansione, si può solo immaginare a ciò che, una tale riconfigurazione su scala regionale, potrebbe portare; e per cosa? In modo che Bolton sia grado di garantire il completo smantellamento della regione a favore di Israele e che uno stato cuscinetto possa essere stabilito per bloccare l'influenza iraniana in Siria e in Libano? Così che il suo paese potrebbe ottenere l'accesso a più forniture di petrolio? In modo che il tentativo della Russia di avere un interesse nel futuro Medio Oriente venga ostacolato?

Qualunque cosa sia, ai neoconservatori non dovrebbero mai essere consentito l'accesso al discorso in Medio Oriente, e le loro visioni, quelle di rovina e distruzione, devono rimanere confinate nelle loro mai sviluppati think tank.

È vero, è la guerra perpetua e le orribili rivalità in Medio Oriente, che hanno finalmente autorizzato i neocons di mettere in scena una rimonta; ma considerando i danni che questi gruppi hanno già fatto, è certo che nulla di buono possa venire da Bolton e dalla sua cricca.

 

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December 24, 2015

 

Beware ‘Sunni-Stan’: Neocons are Back and Their ‘Vision’ is Darker than Ever

By Ramzy Baroud

 

John Bolton is a tarnished character. The once United States Ambassador to the United Nations is now promoted as a ‘scholar’ in the pro-Israel lobby group, the American Enterprise Institute (AEI).

Bolton is not a peacemaker, nor, in his defense, did he ever try to appear as if one. When he was appointed as the US Ambassador to the UN by George W. Bush, his stint lasted for only one year, starting August 2005. His time in this position was marked with discord and conflict. He stole the limelight with such statements as “The (UN) Secretariat building in New York has 38 stories. If it lost ten stories, it wouldn’t make a bit of difference.”

When the Iraq war failed to achieve any of its objectives, thus signaling an American retreat in the Middle East, neo-conservative politicians like Bolton retreated to their right-wing, neo-conservative institutions. Those who did not have one, established an organization of their own and began issuing press releases at random, hailing Israel at times, and chastising their President, Barack Obama, for one thing or another.

When the so-called ‘Arab Spring’ took place, neocons, like Bolton, saw in it an opportunity, but one that was difficult to discern. On one hand, they understood little of the mechanisms that propelled popular actions, for they are used to operate at the highest level of power with total disconnect from the people. On the other hand, it was clear for them from the start that Obama was taking no chances by stepping back into a Middle East quagmire that was originally designed by his predecessor.

Unable to affect much change in the region, as they once envisioned under the leadership of the likes of Richard Perle and his Project for the New American Century (PNAC), the neocons mounted a strategy predicated mostly on discrediting their administration’s lack of strategy.

In a sense the ‘Arab Spring’ invigorated the neocons, but also reminded them of their political impotence. Gone were the days of concocting foreign policies from neo-conservative think tanks such as the Washington Institute for Near East Policy (WINEP), the Center for Security Policy (CSP) and the Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA), of which, among others, Perle is an active member.

In fact, Perle is quite a cherished member of the American Enterprise Institute, where Bolton often mounts his occasional articles in mainstream US media, offering a ‘vision’ regarding how to take on Iran, how to reform Arab states and how to redraw the map of the Middle East in ways that are conducive to US foreign policy interests.

The latest of such intellectual charges by Bolton was published in the New York Times on November 24. Under the title, “To Defeat ISIS, Create a Sunni State,” he theorized once more, raging against “Obama’s ineffective efforts” to destroy ISIS and demanding, instead, a “clear view shared by NATO allies.” The main drive behind his logic is that once ISIS is destroyed, the region that the militant group designated as a ‘state’ should be turned into a Sunni state, which, as a working title he called “Sunni-Stan.”

Bolton’s reasoning is as predictable as it is arrogant. It is predictable in the sense that, like other neocon initiatives in the past, it has no respect for the wishes of the people of the Middle East. His arguments are constructed upon the same world view that sees conflict as an opportunity, and warring nations as pawns in a larger game, aimed at subduing people to achieve ‘security’ and ‘stability’ for the US and its supposed allies.

It is also arrogant for the obvious reason that he believes the world should be designed to fit the narrow, self-serving and often violent visions of failed politicians like himself, who, alas, has access to the US’s most respected newspapers.

Bolton’s conceit has completely blinded him to the failures of the Bush administration and the entire collapse of the neo-conservative’s intellectual discourse during, and following the Iraq war. On the contrary, he is asking to repeat exactly what went wrong in Iraq.

“As we did in Iraq with the 2006 ‘Anbar Awakening,’ the counter-insurgency operation that dislodged Al Qaeda from its stronghold in that Iraqi province, we and our allies must empower viable Sunni leaders, including tribal authorities, who prize their existing social structure,” he wrote.

Only an unreasonable person cannot appreciate how the sectarian seed that the US has sowed in Iraq, based on the recommendations of the likes of Bolton, has resulted in the disfiguring of the Iraqi nation. This massive tampering with the social, cultural, religious and political fabric of society – by first empowering the Shia, oppressing the Sunni, then turning the Sunnis against one another, and so forth – has paved the way for unity among various Sunni groups, which ultimately formed ISIS.

It is the grand experimentations of Bolton and his peers that made ISIS the ‘state’ that it is today, which he is proposing to replace with yet another sectarian state, thus slicing up two Arab countries that were once the seats of the two most prominent Caliphate civilizations in history, the Abbasid and the Umayyad.

But for what purpose and at what price? If meddling at a relatively small scale has turned the Middle East into a perpetual inferno, and roped in regional and international rivals into a war that seems to be in constant expansion, one can only imagine what such a large scale reconfiguration of the region could lead to; and for what? So that Bolton can ensure the complete dismantling of the region in favor of Israel and that a buffer state can be established to block the Iranian influence in Syria and Lebanon? So that his country could gain access to more oil supplies? So that Russia’s attempt at having a stake in the future Middle East would be thwarted?

Whatever it is, the neo-conservatives should never be allowed access to the Middle East discourse, and their visions, those of doom and destruction, should remain confined to their ever mushrooming think tanks.

True, it is the perpetual war and horrific rivalries in the Middle East that have finally empowered the neocons to stage a comeback; but considering the damage that these groups have already done, one is certain that no good can possibly come from Bolton and his clique.

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