Da Wikipedia, l'enciclopedia libera Armageddon o Har-Maghedon Nell'Apocalisse gli angeli versano «le sette coppe dell'ira di Dio» sulla Terra (Ap 16,1). L'Armageddon viene dopo il versamento della sesta coppa: «Poi il sesto angelo versò la sua coppa sul gran fiume Eufrate, e le sue acque si prosciugarono perché fosse preparata la via ai re che vengono dall'Oriente. E vidi uscire dalla bocca del dragone, da quella della bestia e da quella del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane. Essi sono spiriti di demoni capaci di compiere dei miracoli. Essi vanno dai re di tutta la terra per radunarli per la battaglia del gran giorno del Dio onnipotente. Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti perché non cammini nudo e non si veda la sua vergogna. E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Harmaghedon.» Il termine Armaghedòn viene utilizzato solo in Ap 16,16, dove si parla delle sette coppe dell'ira di Dio, le cui punizioni sono dirette contro la comunità degli adoratori della bestia. Mentre i flagelli dei capitoli precedenti avevano lo scopo di portare coloro che fanno il male al pentimento, questi hanno lo scopo di rendere manifesta la vera natura dei seguaci della bestia e di ripristinare la giustizia, in risposta al grido di chi ha subito l'ingiustizia. Questo testo distingue in maniera fondamentale la vendetta divina da quella umana. In nessun punto l'Apocalisse giustifica, autorizza o esalta la violenza umana, che è, anzi, proprio "il marchio della bestia" che attira l'ira di Dio. Al contrario, chi porta il "marchio di Dio" rifiuta ogni giustificazione della violenza umana e la subisce, non con spirito di passività, ma nella profonda convinzione che essa non sia inevitabile e che comunque non avrà l'ultima parola. Mentre la giustizia di Dio distrugge il male, la sua misericordia concede "ancora un poco" di tempo a chi lo commette, perché possa pentirsi. I tre spiriti immondi radunano le loro forze armate (tutti i re della terra) nel luogo Armaghedòn. Come molti altri passi del libro, il significato della citazione di questo luogo sfugge ad un'interpretazione completa e univoca. Ciò che l'Apocalisse vuol riportare alla mente dei lettori è che Dio ha già vinto la battaglia contro il male, ma questo, prima della sconfitta definitiva, tenterà di mietere quante più vittime possibile. La battaglia finale per cui le armate si radunano ad Armaghedòn è l'ultimo colpo di coda del demonio: l'autore dell'Apocalisse ha la certezza che sarà la giustizia di Dio a prevalere. Giustizia che non significa punizione imposta dall'esterno, ma ferma convinzione che tutte le azioni hanno delle conseguenze e che non si può evitare di affrontarle. Per questo la punizione è legata al crimine: chi ha sparso sangue, dovrà, per inevitabile conseguenza, bere sangue. I Testimoni di Geova credono che l'azione collettiva di perseguitare i prescelti sulla terra sia ciò che in fondo scatena questa guerra. Il Capitolo 38 del libro di Ezechiele contiene una profezia in cui un certo Gog dalla terra di Magog raccoglie un esercito di molte nazioni per attaccare la gente di Dio, credendo che questi non siano protetti. Dio li fa fallire facendoli perire per la spada di altri; li annienta con pestilenze, alluvioni, frane, incendi, e zolfo. Il capitolo finisce con Dio che annuncia che le nazioni "Dovranno sapere che io sono Geova". Armageddon è seguito dall'instaurazione del Regno di Dio sulla terra un periodo a cui comunemente ci si riferisce come "Regno Millenario di Cristo", quando "Satana è incatenato per mille anni" (Ap 20,1-2)). Il Giudizio Universale e la purificazione del peccato della Terra si verificheranno alla fine del Millennio, quando Satana sarà "liberato per un breve periodo" e autorizzato a "uscire per ingannare le nazioni ... e radunarle per la battaglia" contro "l'accampamento dei santi e la città diletta". Quando Satana perderà questa battaglia sarà infine gettato nel "lago di fuoco e zolfo", che rappresenta la completa, eterna distruzione (Ap 20,7-10). Coloro che l'avranno seguito saranno analogamente distrutti per l'eternità. La “guerra del gran giorno dell'Iddio Onnipotente” ad Har-Maghedon non è un avvenimento del passato bensì è descritta in Rivelazione come un avvenimento futuro rispetto alla visione di Giovanni. Viene detto che il radunamento dei re ad Har-Maghedon è il risultato del versamento della sesta delle sette coppe contenenti le “ultime” piaghe che porteranno a termine l'ira di Dio. (Ap 15,1; 16,1-12) Inoltre, che la guerra di Har-Maghedon sia strettamente legata alla presenza di Cristo si comprende dall'avvertimento che egli viene come un ladro, inserito fra i versetti 14 e 16 di Rivelazione capitolo 16. Più avanti Giovanni dice: “E vidi la bestia selvaggia e i re della terra e i loro eserciti radunati per far guerra contro colui che sedeva sul cavallo e contro il suo esercito”. (Ap 19,19) Lo stesso capitolo identifica il condottiero degli eserciti celesti, che cavalca un cavallo bianco, con colui che è chiamato “Fedele e Verace” e “La Parola di Dio”. (Ap 19,11-13) Il comandante degli eserciti celesti di Dio è dunque Gesù Cristo, la Parola. (Gv 1,1; Ap 3,14) Un'ulteriore conferma del fatto che Cristo comanda le schiere celesti è la dichiarazione che gli eserciti terreni “combatteranno contro l'Agnello [Gesù Cristo (Gv 1,29)], ma, siccome egli è Signore dei signori e Re dei re, l'Agnello li vincerà. E con lui vinceranno quelli che sono chiamati ed eletti e fedeli”. Ap 17,13-14. Poiché la visione di Rivelazione capitolo 19 rivela che solo gli eserciti in cielo partecipano al combattimento a fianco di Gesù Cristo, la Parola di Dio, nessuno dei cristiani servitori di Dio sulla terra prenderà parte al combattimento. Questo è in armonia con le parole di Gesù Cristo in Mt 26,52 secondo cui i suoi discepoli non devono impugnare armi letterali. (Cfr. Es 14,13, 14; 2Cr 20,15.17.22.23; Sl 2,4-9). Gli uccelli che volano in mezzo al cielo elimineranno i cadaveri degli uccisi. Ap 19,11-21. Har-Maghedon non è dunque una semplice battaglia fra uomini, ma una guerra a cui prendono parte gli invisibili eserciti di Dio. Senza alcun dubbio avrà luogo al tempo stabilito da Dio, Colui che “fa secondo la sua propria volontà fra l'esercito dei cieli e gli abitanti della terra”. Da 4,35; vedi anche Mt 24,36.
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