Originale: Human Wrongs Watch I motivi dell’irresistibile attrattiva dell’Islam radicale L’attacco del 23 ottobre 2014 contro la sede del parlamento canadese ad opera di un canadese convertitosi all’Islam solo un mese prima dovrebbe suscitare un certo interesse riguardo al perché un numero crescente di giovani è disposto a sacrificare la propria vita per una visione radicale dell’Islam. Finora ciò era svilito come fanatismo, ma quando ci sono più di 2.000 persone che si fanno saltare in aria è tempo di esaminare questa realtà crescente e di mettere da parte gli stereotipi. Ricordiamo che nel mondo ci sono 1,6 miliardi di mussulmani con l’Indonesia che è il paese mussulmano più vasto del mondo, seguita dall’India. L’intera regione del Medio Oriente-Nord Africa conta 317 milioni di mussulmani contro i 344 milioni dei soli India e Pakistan. Ci sono 3,4 milioni di mussulmani negli Stati Uniti e 43,4 milioni in Europa, il che significa forse un jihadista ogni 100.000 mussulmani. Merita di essere notato che c’è un numero crescente di voci che sostengono che il mondo mussulmano e i suoi valori sono intrinsecamente contro l’occidente. Bene, dati elementari non supportano tale teoria, anche se è utilizzata da tutti i partiti xenofobi che sono sorti dovunque in Europa. Quattro ragioni storiche Ci sono quattro ragioni storiche facilmente dimentica del jihadismo. Innanzitutto tutti i paesi arabi sono artificiali. Nel maggio del 1916 il signor Picot per la Francia e lord Sykes per la Gran Bretagna si incontrarono e concordarono un trattato segreto, con il sostegno dell’impero russo e del regno d’Italia, su come spartire l’impero ottomano alla fine della prima guerra mondiale. In tal modo i paesi arabi di oggi sono nati come risultato di una divisione di Francia e Gran Bretagna senza alcuna considerazione per le realtà etniche e religiose o per la storia. Alcuni di questi paesi, come l’Egitto, avevano un’identità storica, ma paesi come Iraq, Arabia Saudita, Giordania e anche gli Emirati erano privi persino di essa. Val la pena di ricordare che il problema curdo di trenta milioni di persone divise tra quattro paesi è stato creato dalle potenze europee. In conseguenza la seconda ragione: le potenze coloniali installarono re e sceicchi nei paesi da loro creati. Per governare questi paesi artificiali erano necessarie mani forti. Così fin dall’inizio ci fu una totale assenza di partecipazione del popolo, con un sistema politico che era totalmente fuori sincronia con il processo di democratizzazione che stava avendo luogo in Europa. Con la benedizione dell’Europa questi paesi furono congelati in tempi feudali. Quanto alla terza ragione, le potenze europee non fecero mai alcun investimento nello sviluppo industriale o in un reale sviluppo. Lo sfruttamento del petrolio fu nelle mani di imprese straniere e solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, e il successivo processo di decolonizzazione, le entrate del petrolio finirono realmente in mani locali. Quando le potenze coloniali se ne andarono, i paesi arabi non avevano alcun sistema politico moderno, nessuna infrastruttura moderna, nessuna amministrazione locale. Quando l’Italia lasciò la Libia (non sapeva che c’era il petrolio) c’erano solo tre libici con un diploma universitario. Infine la quarta ragione, che è più prossima ai giorni nostri: in stati che non provvedevano all’istruzione e alla salute dei propri cittadini, la fede mussulmana assunse il compito di offrire ciò che non offriva lo stato. Furono perciò create vaste reti di scuole e ospedali religiosi e quando alla fine le elezioni lo permisero, queste istituzioni divennero la base della legittimità e del voto ai partiti mussulmani. E’ per questo che, limitandoci all’esempio di soli due stati importanti, partiti islamisti hanno vinto in Egitto e in Algeria e che, con l’acquiescenza dell’occidente, colpi di stato militari sono stati l’unica risorsa per fermarli. Questo riassunto di così tanti decenni in sole poche righe è naturalmente superficiale e trascura molti altri problemi. Ma questo processo storico brutalmente condensato è utile per capire come vi siano oggi in tutto il mondo arabo rabbia e frustrazione e come ciò determini l’attrattiva dello Stato Islamico (IS) in settori poveri. Non dovremmo dimenticare che questi precedenti storici, anche se remoti per i giovani, sono mantenuti vivi dal dominio israeliano del popolo palestinese. Il cieco sostegno dell’occidente Il cieco sostegno dell’occidente, specialmente degli Stati Uniti, a Israele è considerato dagli arabi un’umiliazione permanente. Il bombardamento di Gaza di luglio-agosto, con solo qualche mugugno di protesta dell’occidente ma senza alcuna azione reale, è per il mondo arabo una prova chiara che l’intenzione è di mantenere soggetti gli arabi e di cercare alleanze solo con governanti corrotti e delegittimati che andrebbero spazzati via. Non molti decenni fa, un sistema scolastico modernizzato ha cominciato a produrre quadri, molti a livello universitario. Ma l’assenza di modernizzazione politica, combinata con l’assenza di sviluppo economico, ha portato a una generazione di giovani istruiti e frustrati che hanno fatto sentire la loro voce in quella che è stata chiamata la Primavera Araba. Ma quella è stata un’esplosione che non condotto alla creazione di una vivace società civile o di veri movimenti di base. Il solo movimento di base resta la rete mussulmana delle moschee, scuole religiose e strutture di assistenza. Inoltre non ci sono partiti politici moderni nei paesi arabi; questa è una differenza con i grandi paesi mussulmani dell’Asia, come Indonesia e Malesia, con il Pakistan che sta a mezza strada. Mancanza di prospettive per il futuro La disoccupazione è un grande terreno di coltura con la sua mancanza di prospettive per il futuro, specialmente quando non si hanno alcuna vera partecipazione e alcuna voce nel sistema politico. Paesi ricchi, come l’Arabia Saudita, possono comprarsi la lealtà del popolo offrendogli un generoso sistema di sussidi, ma altri paesi non sono in grado di farlo. E il fatto che la Primavera Araba non abbia portato alcun cambiamento tangibile in termini economici ha esacerbato la frustrazione trasformandola in rabbia o rassegnazione. E’ altamente istruttivo leggere David Kirkpatrick del New York Times dalla Tunisia (da dove proviene la maggior parte dei jihadisti), Steven Erlanger, anche lui del New York Times, da Londra (sul fenomeno delle donne che entrano nei ranghi dell’IS da combattenti o da mogli di combattenti) o Ana Carbajasa, da Melilla, l’enclave spagnola in Marocco (sull’Islam a Melilla e sulla radicalizzazione delle donne). Pochi giornali hanno dato voce ai giovani arabi, nonostante la necessità di capirli. Kirkpatrick, Erlanger e Carbajasa hanno rilevato che, per molti, lo Stato Islamico ha un’immagine di rivalsa storica contro il passato, di uno spazio privo di corruzione. E’ un faro per molti giovani che non hanno modo di studiare o di trovare un lavoro e che non hanno nulla da perdere. Gli intervistati hanno dichiarato che aderire al movimento radicale in Medio Oriente, a Parigi o a Manchester significa diventare parte di una élite morale internazionale, di un movimento globale e magnetico. Significa avere un progetto di vita e passare da un’anonimità frustrata a un’identificazione gloriosa. Ciò che sta creando questa mobilitazione è che l’IS è uno stato, non un’organizzazione segreta come al-Qaeda. E il suo utilizzo senza precedenti dei media sociali sta attirando ogni settimana centinaia di nuove reclute che sentono di poter sfuggire alle loro frustrazioni quotidiane per entrare in un mondo di dignità e di onestà. Ahmed, un giovane sostenitore tunisino dello Stato Islamico che non ha voluto fornire il suo cognome per paura della polizia, ha dichiarato al New York Times: “Lo Stato Islamico è un califfato vero, un sistema che è onesto e giusto, dove non si deve obbedire agli ordini di qualcuno perché è ricco o potente. E’ azione, non teoria, e ribalterà l’intero gioco.” “E’ il solo modo per restituire alle persone i loro veri diritti …” Un altro tunisino, il ventottenne Mourad, con un master in tecnologia ma disoccupato, ha definito lo Stato Islamico la sola speranza di “giustizia sociale”, perché assorbirà le ricche monarchie petrolifere e ridistribuirà la loro ricchezza. Ha detto: “E’ il solo modo per restituire alle persone i loro veri diritti, restituendo al popolo le risorse naturali. E’ un dovere di ogni mussulmano”. Questo sogno di un mondo mussulmano differente e di identificazione con la lotta per arrivarci trova un’eco facile nei ghetti europei dove una vasta percentuale dei giovani disoccupati è araba. Non dovremmo dimenticare la violenza nelle banlieu parigine del 2005 o le rivolte a Birmingham, Inghilterra, dello stesso anno. Contemporaneamente la polizia francese stima che ci siano oggi almeno 1.200 cittadini francesi nell’IS e la polizia britannica stima un numero equivalente di cittadini britannici. Tali numeri aumenteranno fintanto che l’ISIS sarà in grado di mostrare nella sua efficiente campagna sui media sociali di essere una realtà vincente. Così oggi abbiamo il fenomeno di occidentali frustrati che si sono allontanati perché si sentono respinti dalla società in cui vivono e si stanno unendo all’Islam, un cambiamento radicale nelle loro vite, e alla lotta armata come modo per essere parte di un rivolgimento di marea. Ai loro tempi gli anarchici europei non erano nomadi erano convinti che per avere un mondo nuovo di giustizia sociale e di dignità umana fosse necessario distruggere quello esistente e facevano parte di un movimento politico molto vasto. Se alcuni in Europa furono capaci di un sogno per il quale la violenza era uno strumento necessario, perché il mondo mussulmano non può avere un sogno simile, con giustificazioni molto maggiori? L’attrattiva dell’Islam radicale è destinata a continuare, specialmente se lo Stato Islamico è distrutto dall’occidente. Roberto Savio è cofondatore ed ex direttore generale di Inter Press Service (IPS). In anni recenti ha fondato anche Other News (www.other-news.info), un servizio che offre “informazioni che i mercati eliminano”. Roberto Savio: utopie@ips.org . http://www.robertosavio.info . L’autore ha dato a Human Wrongs Watch il permesso di ripubblicare il suo articolo. Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/understanding-the-irresistible-attraction-of-radical-islam/
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