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Interrogativi sul congresso per i cristiani
Si sta per aprire a Washington un congresso per i cristiani del Medio Oriente. Ma i martiri cristiani sono tanti. E alcuni dimenticati. "In difesa dei cristiani". C'è molto di buono in un'iniziativa del genere, soprattutto se quelli in oggetto sono gli arabi cristiani, dei quali si è parlato molto poco nel corso degli anni e che oggi si trovano in una situazione di estrema difficoltà, a cominciare dall'Iraq. Che il congresso in questione poi abbia luogo a Washington, capitale dell'indecisionismo occidentale, appare importantissimo. Difendere i cristiani appare infatti essenziale per difendere la pluralità di quelle società. E denunciare quindi tutte le prevaricazioni e i soprusi a cui quelle popolazioni sono sottoposte da tantissimo tempo è decisivo. Ma leggendo il sito appositamente creato per l 'occasione dall'organizzazione promotrice "In defense of Christians" sorprende che nelle schede-paese non si parli delle feroci torture imposte dai regimi baathisti degli Assad e di Saddam Hussein per circa mezzo secolo ai cristiani come agli altri cittadini siriani e iracheni, anzi si presenti Damasco come "la più tollerante verso i cristiani fino alla recente rivolta". E l'ostello offerto per decenni, prima del 2011, a terroristi di ogni risma? E Carlos? E l'oltraggio arrecato a papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita quando il presidente evocò in sua presenza tesi antisemiti bandite dalla chiesa cattolica? E per l'oggi, gli oltre 200mila morti? Le città rase al suolo? Le sconvolgenti fossi comuni? I torturati? E gli altri orrendi crimini contro l'umanità? Del Libano poi si ricordano le antiche persecuzioni in quelle terre, senza sottolineare che gli storici hanno appurato non essere state perpetrate dai musulmani, ma non la campagna di assassinii mirati messi in opera contro tanti intellettuali cristiani, ma non solo, da Hezbollah in anni recentissimi. Ricordarli, oltre che un atto dovuto, avrebbe indicato che la difesa dei cristiani non è la difesa di una "minoranza", quale i cristiani non devono essere, ma la difesa dei cittadini di una società, quella araba, di cui i cristiani sono una storica componente culturale dal passato glorioso e dal presente insanguinato, a Mosul come anche a Beirut. Ma Samir Kassir, Geroges Hawi, Pierre Gemayyil, Gebran Tuèni, Antoine Ghanem, per citare i nomi più illustri e recenti dei grandi politici e intellettuali libanesi cristiani assassinati per strada dalle milizie khomeiniste di Hezbollah a Beirut, non vengono neanche citati. Strano. Loro, con il loro sacrificio, come molti altri, hanno indicato con chiarezza il no dei loro confratelli di fede e di tantissimi altri loro fratelli arabi, musulmani, alla prevaricazione, all'odio, alla dittatura, alla teocrazia. Così viene spontaneo porsi delle domande. Alle quali cercheremo di rispondere nei prossimi giorni.
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