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Ecco le 70 bombe nucleari in Italia |
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Fonte: http://www.kelebekler.com/ Elenco per Regioni delle basi e installazioni militari degli USA in Italia Trentino Alto Adige 1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf. 2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf. Friuli Venezia Giulia 3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78 giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, di pianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano. 4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa. 5. Rivolto [Ud]. Base USAF. 6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf. 7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army. 8. Trieste. Base navale Usa. Veneto 9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila. 10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate nucleari. 11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni. 12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti. 13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni 14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni 15. Istrana [Tv]. Base Usaf. 16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa. 17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni [Usaf]. 18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa. 19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa. 20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa. 21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa. 22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa. 23. Venezia. Base navale Usa. 24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa. 25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa. 26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa. 27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa. Lombardia 28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari. 29. Montichiari [Bs]. Base aerea [Usaf ]. 30. Remondò [Pv]. Base Us Army. 108. Sorico [Co]. Antenna Nsa. Piemonte 31. Cameri [No]. Base aerea Usa con copertura Nato. 32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato. Liguria 33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ]. 34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army. 35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine: in un dossier preparato dalla federazione di Rifondazione Comunista si parla di "occupazione di aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e missili, alle armi subacquee]. Emilia Romagna 36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell'Usaf con copertura Nato. 37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 38. Parma. Deposito dell'Usaf con copertura Nato. 39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato. 40. Rimini. Gruppo logistico Usa per l'attivazione di bombe nucleari. 41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa. Marche 42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar Usa con copertura Nato. Toscana 43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e Livorno], con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125 bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite una rete di canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto Usa e Base dell'US Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel Golfo, nell'Africa del Nord e la Turchia. 44. Coltano [Pi]. Importante base Usa-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito munizioni Us Army; Base Nsa. 45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'Usaf. 46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell'Us Navy. 47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar Usa con copertura Nato. 48. Livorno. Base navale Usa. 49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. Sardegna 50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica Usa, base di sommergibili, squadra navale di supporto alla portaerei americana "Simon Lake". 51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica Usa. 52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa]. 53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us Navy. 54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa. 55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar Usa. 57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni Usaf con copertura Nato. 58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale. 59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone "off limits": poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato. 60. Cagliari. Base navale Usa. 61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto Usa con copertura Nato. 62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea Usaf. 63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici. 64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta flotta Usa. 65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni Usa e Nato. Lazio 66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze Usa. Stazione Nato 67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria Usaf. 68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato, in probabile collegamento con le installazioni sotterranee di Monte Cavo 69. Monte Romano [Vt]. Poligono saltuario di tiro dell'Us Army. 70. Gaeta [Lt]. Base permanente della Sesta flotta e della Squadra navale di scorta alla portaerei "La Salle". 71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola telecomunicazioni Nato sotto controllo Usa. Campania 72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili Usa. Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari Usa. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila contenitori di materiale militare. 73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea Usaf. 74. Monte Camaldoli [Na]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 75. Ischia [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa con copertura Nato. 76. Nisida [Na]. Base Us Army. 77. Bagnoli [Na]. Sede del più grande centro di coordinamento dell'Us Navy di tutte le attività di telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo. 78. Agnano [nelle vicinanze del famoso ippodromo]. Base dell'Us Army. 80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa 81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa. 82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom. 83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria Usaf. 84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando Usa e Nato sotterraneo antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso di guerra 85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni Usa. Basilicata 79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali Usa in Europa. 86. Pietraficcata [Mt]. Centro telecomunicazioni Usa e Nato. Puglia 87. Gioia del Colle [Ba]. Base aerea Usa di supporto tecnico. 88. Brindisi. Base navale Usa. 89. Punta della Contessa [Br]. Poligono di tiro Usa e Nato. 90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi sarebbero di stanza un migliaio di militari americani del 499° Expeditionary Squadron;.Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Nsa ]. 91. Monte Iacotenente [Fg]. Base del complesso radar Nadge. 92. Otranto. Stazione radar Usa. 93. Taranto. Base navale Usa. Deposito Usa e Nato. 94. Martinafranca [Ta]. Base radar Usa. Calabria 95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar Usa e Nato. 96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 97. Sellia Marina [Cz]. Centro telecomunicazioni Usa con copertura Nato. Sicilia 98. Sigonella [Ct]. Principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell'Usaf: elicotteri del tipo HC-4, caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l'una. 99. Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci ha scritto, precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare italiana. 102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf. 103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato. 104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata. 105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni. 107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa. 110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ]. 111. Trapani. Base Usaf con copertura Nato. 112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato. 113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di comunicazioni Nsa. |
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http://www.repubblica.it Italia "base di lancio" delle guerre Usa , solo da noi le truppe non diminuiscono Oggi le truppe americane in Italia sono il 15% di quelle in Europa, rispetto al 5% del 1991. In aumento gli investimenti del Pentagono: dalla fine della guerra fredda spesi qui 2 miliardi di dollari. Aviano e Sigonella sempre più strategiche
Mentre in Europa ed in particolare in Germania - la prima linea di difesa durante la Guerra Fredda - gli Usa hanno ridotto dell'80% le proprie truppe (da 250.000 del 1989 alle 50.000 di oggi) c'è un Paese dove gli investimenti del Pentagono sono aumentati e le forze non sono affatto diminuite. E' l'Italia che progressivamente gli Usa hanno trasformato nella loro "base di lancio" per operazioni militari nel Mediterraneo e in Medio Oriente e dove stazionano 13.000 soldati americani con 16.000 familiari. Lo stesso ammontare del 1991 ma percentualmente cifra triplicata: 22 anni fa i soldati americani in Italia rappresentavano solo il 5% delle truppe in Europa, mentre ora sono il 15%. E' quanto riferisce in un lunga analisi la rivista americana 'Mother Jones', autrice di numerosi scoop come quello che lo scorso anno mise al tappeto lo sfidante repubblicano di Barack Obama, Mitt Romney. Mother Jones diffuse un video in cui Romney ammise candidamente che non si sarebbe mai occupato del 47% degli americani, perchè non elettori repubblicani. In Italia il Pentagono ha speso dalla fine della Guerra Fredda oltre 2 miliardi di dollari per ammodernare - per citarne solo alcune - le basi di Napoli, Aviano (in Firuli), Sigonella in Sicilia, a Pisa (l'enorme arsenale di Camp Darby) e a Vicenza (Caserma Ederle) tra le altre. Somma che si limita a quelle stanziate ufficialmente nel bilancio della Difesa Usa e che non include quelle impiegate in investimenti segreti. Il tutto mentre ufficialmente l'attenzione strategica di Casa Bianca e Pentagono si è spostata sul Pacifico, relegando il quadrante europeo-mediterraneo al secondo posto - nella migliore delle ipotesi - tra le priorità. In Italia sono in funzione 59 installazioni militari 'americane'. Sono meno solo delle 179 in Germania (ma in rapide declino), le 103 in Giappone (in linea con la nuova dottrina della 'progressione' militare nel Pacifico), le 100 in Afghanistan (che si ridurrano quasi a zero entro la fine del 2014 quando i G.I. Si ritireranno dal Paese) e le 89 della Corea del Sud, dove le truppe Usa sono schierate lungo il 38mo Parallelo per tenere testa al bellicoso e potenza 'atomica' Nord. Disaggregando parte degli investimenti a partire dal 1992 sono stati spesi 610 milioni di dollari (metà sul conto della Nato) nella base dell'aeronautica di Aviano dove hanno sede diverse squadriglie di caccia-bombardieri F-16, cui se ne sono aggiunti altri 115 milioni solo nel 2004. A partire dal 1996 la Us Navy ha speso 300 milioni per una base all'aeroporto di Capodichino a Napoli, sede del comando, tra l'altro, della VI Flotta che opera nel Mediterraneo. Nelle vicinanza ha affittato per 30 anni una base logistica per 400 milioni di dollari. Nella sua analisi Mother Jones si sposta in Sicilia concentrandosi su Sigonella, definita "il cuore della lotta al terrore" e delle operazioni militari Usa in Africa. Dal 2001 per la 'Sigonella Naval Air Station' sono stati spesi quasi 300 milioni. Dal 2002 è stata usata per lanciare i droni a lungo raggio Global Hawk e dal 2008 "è stato firmato un accordo segreto" tra Roma e Washington per trasformarla nella base dei droni Usa. Dal 2003, sempre a Sigonella, sono schierati aerei da spionaggio elettronico P-3 per "monitorare i gruppi di insorti in Africa settentrionale ed occidentale". Dal 2011 l'Africom (comando Usa pr l'Africa) "ha schierato una task force di circa 180 marine e due aerei da trasporto per addestrare alle operazioni anti-terrorismo personale in Botswana, Libia, Gibuti, Bururndi, Uganda, Tanzania, Kenya, Tunisia e Senegal". Sempre a Sigonella sono state spostate altre truppe e diversi aerei da trasporto CV-22 Osprey (convertiplani, che decollano come elicotteri ma le cui due eliche effettuano una transizione da verticale ad orizzontale per spingere il velivolo come un aereo normale) per eventuali interventi in Libia (dopo l'attacco dell'11 settembre 2012 al consolato Usa di Bengasi in cui venne ucciso l'ambasciatore Chris Stevens). Da ultimo viene citata la base di comunicazione Muos in corso di costruzione a Niscemi. Installazione temuta dalla popolazione ma che l'Istituto Superiore di Sanità ha stabilito non essere pericolosa per la salute di quanti vivono nelle vicinanze.
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http://www2.rifondazione.it Africom Go Home Dichiarazione per il cinquantenario dell’unità Africana - “Noi, capi di Stato e di Governo africani riuniti ad Addis Abeba-Etiopia; Convinti che i popoli abbiano il diritto inalienabile di decidere del proprio destino; Coscienti del fatto che la libertà, l’uguaglianza, la giustizia e la dignità siano obiettivi essenziali per la realizzazione delle legittime aspirazioni dei popoli africani; Sapendo che nostro dovere è di mettere le risorse naturali e umane del nostro continente al servizio del progresso generale dei nostri popoli in tutti gli ambiti dell’attività umana…” Che cosa resta di questa carta redatta da Modibo Keita e Sylvanus Olympio e fatta propria da trentatré giovani paesi nel lontano 25 maggio 1963? La Carta poneva le basi dell’OUA (Organizzazione per l’unità africana) che non è riuscita a realizzare l’unità continentale. Cinquant’anni dopo l’Unione Africana ha sostituito l’OUA, ma l’Africa lotta ancora per la sua piena sovranità. Essa resta ingabbiata in una divisione internazionale del lavoro ingiusta, alimentata da un ordine imperialista che ostacola risolutamente il panafricanismo. Un recente rapporto francese della Difesa considera il Panafricanismo come una minaccia per gli interessi occidentali. (1) In occasione del cinquantenario, noi cittadini Africani, Tedeschi internazionalisti esigiamo che siano definitivamente girate, in materia di ri-colonizzazione, le pagine del 19° e 20° secolo che ancora nessuno ha voltato. Nel 1885, a Berlino, il capitalismo creò, a scapito del Congo, il primo spazio di libero scambio che doveva permettere altri accordi coloniali che dividessero il continente. Nel 2013, è da Stoccarda che l’Africom vuole estendersi in Africa, mentre conflitti geopolitici, economici e geostrategici indeboliscono più che mai il continente. La Germania, che ha tanta esperienza di guerra, pure è abitata da cittadini che dissentono e sono solidali con le nostre posizioni antimilitariste. Noi tutte e tutti aspiriamo alla pace, alla sovranità e alla solidarietà. Nella linea di una politica espansionista e aggressiva in Africa, il Comando Generale degli Stati uniti per l’Africa, Africom, varata dall’amministrazione di Bush jr, mira a proteggere la sicurezza nazionale degli Stati uniti, rafforzando le capacità di difesa degli Stati Africani contro minacce transnazionali, e a realizzare un ambiente favorevole ad uno sviluppo armonioso. (2) Cerca di stabilire una base sul Continente africano trasferendo l’Africom, che staziona dal 2008 a Stoccarda in Germania. Lì è anche acquartierato lo US Marine Forces Africa (MARFORAF), che coordina gli attacchi militari e le manovre sul Continente. Questa prospettiva di una base dell’Africom in Africa, per il momento respinta dalla maggior parte dei paesi del continente, ne seduce pochi. Essa si impone nella forma del fatto compiuto, man mano che progredisce la strategia di indottrinamento, di accerchiamento e di diffusione nel continente, e si alimentano focolai di tensione. In effetti l’Africom, così come le disposizioni della NATO e talune iniziative unilaterali di qualche paese della NATO come la Francia (3) perseguono gli interessi esclusivi dei paesi occidentali e delle classi compradore locali. Essa mira solo a mettere in sicurezza, durevolmente e a loro esclusivo vantaggio, le nostre materie prime e il nostro spazio strategico di fronte agli appetiti delle Potenze emergenti del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e la nostra stessa prospettiva di unità. Nessuno di questi paesi della NATO ha bisogno di una base militare cosi grande in Africa. Non solo infatti essi dispongono di molte basi e opportunità, ma già possono andare dove vogliono in tutto il Continente, in virtù di vari accordi bilaterali e degli altri accordi connessi. La maggior parte degli eserciti dei paesi africani sono stati cooptati dalle forze degli Stati imperialisti e dalle loro milizie private ed altre compagnie di sicurezza. Queste forze peraltro alimentano, direttamente o indirettamente, il pericolo terrorista che prospera sul terreno del sottosviluppo. Altrimenti, esse si ingegnano a frenare le conquiste democratiche, come in Africa del Nord, destabilizzando alcuni paesi o sostenendo, con l’aiuto dei paesi alleati del Medio Oriente, i regimi retrogradi. La messa sotto tutela dei nostri paesi è in uno stato molto avanzato, a causa della destrutturazione provocata da tre decenni di aggiustamenti strutturali e privatizzazioni, di governance manageriale, di diversione democratica e di spoliticizzazione. Al livello militare, i paesi africani sono frammentati, indeboliti e divisi sulle poste in gioco fondamentali di occupazione tra l’altro in Congo, in Costa d’Avorio, in Libia e in Mali. Il ricatto di instabilità minaccia anche il Sudan, l’Egitto, la Nigeria, la Tunisia, il Centrafrica e l’Algeria… Sui teatri di operazioni, l’ONU viene strumentalizzata lasciando campo libero alle forze della NATO. L’apparente unità dei paesi africani impegnati in queste missioni è soprattutto subalterna all’imperialismo. Trentasei paesi del Continente hanno già fin d’ora mandato a Washington, per essere formata, “la prossima generazione di leader del settore della sicurezza” (ACSS African Centerfor Strategic Studies). Questi alti graduati saranno inseriti in un dispositivo di rafforzamento delle capacità operative e militari con l’Africom’s Theater Security Cooperation programs (TSCP), Africa Contingency Operations Training and Assistance (ACOTA) program completa questi programmi di formazione dei militari e tenta di inserirsi anche nella formazione delle forze multilaterali di pace dell’ONU. Da una decina d’anni, una quantità sempre più grande di eserciti africani partecipa annualmente alle manovre FLINTLOCK di lotta antiterrorista nell’Africa del Nord e dell’ovest. AFRICA ENDEAVOR è una manovra nel settore della comunicazione di intelligence. CUTLASS EXPRESS sono manovre marittime che dovrebbero contenere i traffici di qualsiasi tipo nell’Africa dell’est e nell’oceano indiano. Certamente nel Continente vi è una inabituale insicurezza che costituisce il pretesto di tanti impeti bellicosi. Sempre di più si vanno insediando nuclei di natura terroristica o di avventurieri politici ed essi dispongono di una propria agenda, nociva tanto per “l’ordine mondiale” che per i paesi africani. Ma si tratta di epifenomeni. Più frequentemente le origini dei conflitti, che queste potenze sostengono di voler bloccare, sono da ricercarsi nei falliti sviluppi e nella povertà, nelle incidenze delle stesse politiche della Potenze, nella criminalità e nei traffici legati ai conflitti perduranti, nella strumentalizzazione del disordine, negli interessi delle loro Junior. I Junior sono delle piccole imprese multinazionali che si mettono in combutta con le nebulose della ribellione o del terrorismo per l’accesso alle risorse. I legami con le forze straniere, che vengono poi a “liberare” le zone contese, rientrano nella strategia securitaria che giustifica la militarizzazione. Diversi regimi politici dei nostri paesi partecipano a questa furfanteria, o sono sottoposti al ricatto dei condizionamenti delle liberalizzazioni e delle risorse estrattive. La messa sotto tutela dei nostri eserciti nazionali, o di quello che ne resta, e la prospettiva di vedere dislocare in Africa la base dell’Africom, oltre alla recrudescenza degli interventi militari francesi o di altri, ipotecano ogni reale integrazione africana. L’Africa viene progressivamente inserita sotto l’ombrello della NATO. L’Africom aiuta la NATO e viceversa, senza che si possano più distinguere le sfumature. Questo inizio maggio, il segretario generale della NATO, Rasmussen, è stato insignito a Washington del “Distinguished Leadership Award” del Consiglio Atlantico. L’Africom, come la NATO, si espande in Africa, perfezionando una politica che viene da lontano. Gli ostacoli alle indipendenze e il rovesciamento dei regimi progressisti; l’insuccesso del contrasto alla lotta contro l’apartheid; gli errori della politica statunitense in Somalia e in Sudan e i suoi negoziati con Al Qaida e gli attentati jihadisti prima dell’11 settembre e la politica detta anti-terrorismo che ne è derivata ne costituiscono qualche momento storico. Nel 2002, vi è l’iniziativa pan-saheliana. Essa sfocia tre anni dopo nel TSCTI, Trans-Saharan Counter-Terrorist Initiative, che aggrega cinque paesi di più. L’EACTI, East Africa Counter-Terrorist Initiative ne costituisce un prolungamento per l’Africa dell’est, inglobando altri sei paesi. Nello stesso anno 2005, la NATO è venuta ad assistere l’Unione Africana nel Darfour. Due anni dopo da questa esperienza sono nate le FAA, forze africane in attesa, che dovrebbero mantenere la pace nel Continente e che saranno operative nel 2015. Quest’ultima struttura costituisce una negazione della sovranità continentale. La NATO e l’Africom non hanno in effetti bisogno di nulla di più che dei loro attuali ufficiali di collegamento militare di altro grado (SMLO), che operino come punto di contatto con l’Unione Africana. Noi dobbiamo assolutamente suscitare un sussulto internazionalista e panafricanista affinché le nostre élite e i nostri popoli capiscano che la militarizzazione dell’Africa è una strada senza uscita. Essa piuttosto attizza e attira i conflitti. La sovranità dell’Africa passa per lo smantellamento di tutte le basi straniere, la formazione di un esercito continentale, con compiti di difesa del solo suolo continentale e di mantenimento della pace, sul modello Africa Pax (4). Questo presuppone una integrazione continentale autocentrata rivolta al progresso sociale che vada controcorrente rispetto alla cooptazione e alla trasformazione dei nostri eserciti in ausiliari. Essi sono incaricati di spegnere i conflitti spesso strumentalizzati “dall’ordine mondiale” per l’accesso alle risorse naturali. Noi dobbiamo prima di tutto contare sulla nostra unità, e sulla difesa degli interessi dei nostri popoli e non contare sul fatto che la NATO e l’Africom lo faranno al posto nostro. Solo così si potrà assicurare il controllo della nostra accumulazione e che lo sviluppo integrato del continente si concretizzi. TUTTE E TUTTI per la ripoliticizzazione civica e panafricana dei nostri giovani AFRICOM GO HOME. L’Africa agli Africani BASTA basi straniere né in Germania, né in Africa NO alla militarizzazione terrorista, e alla presenza di basi straniere da Chagos a Diego Garcia, passando per Libreville, Sao Tomé, Ceuta, Ndjamena, Gibuti o Tripoli… NO all’assalto generalizzato alle risorse naturali e alle terre agricole africane da parte delle multinazionali NO ai leader che sottomettono l’Africa all’imperialismo PER una trasformazione democratica e popolare dell’Unione Africana VIVA la decolonizzazione definitiva dell’Africa unita e indivisibile AFRICANE E AFRICANI, amici internazionalisti. Cominciamo a difendere il continente africano Hanno condiviso la dichiarazione GO HOME AFRICOM: Groupe de recherche et d’initiative pour la libération de l’Afrique (GRILA) ; Forum du Tiers Monde (Samir Amin) ; HANKILI SO AFRICA (Koulsy Lamko) ; Black Agenda Report (Glen Ford) ; Arbeitskreis Panafrikanismus München (Dipama Hamado) Revival of Panafricanism Forum (RPF) (Gnaka Lagoke) ; INSTITUT TUNISIEN DES RELATIONS INTERNATIONALES (ITRI) (Ahmad Manai) ; Yash Tandon, Former Executive Director of the South Center ; Diasporic Music on Uhuru Radio ; Network for Pan Afrikan Solidarity Ajamu Nangwaya, University of Toronto ; Emira Woods IPS ; Dr Horace Campbell Syracuse University ; NOTE: (1) http://www.defense.gouv.fr/base-de-medias/documents-telechargeables/das/documents-prospective-de-defense/horizons-strategiques-2012/horizons-strategiques-approches-regionales (2)http://www.africom.mil/Content/CustomPages/ResearchPage/pdfFiles/2013%20-AFRICOM%20Posture%20Statment.pdf (3) Più di una cinquantina di interventi militari neocoloniali francesi in 50 anni, vederehttp://www.rfi.fr/afrique/20100714-1960-2010-50-ans-interventions-militaires-francaises-afrique oppure: Raphaël Granvaud, Que fait l’armée française en Afrique, Dossiers Noirs Survie, Paris, 2009. (4) Africa Pax: ?Una soluzione ai problemi di gestione e soluzione dei conflitti in Africa, applicabile in zone lacustri, GRILA, Genève, 1995, http://www.grila.org/publi.htm |
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