Un appello dal fondatore di Wikipedia Jimmy Wales


Il folle progetto che ha cambiato Internet


Il cervellone


http://wikimediafoundation.org

Un appello dal fondatore di Wikipedia Jimmy Wales

Dieci anni fa, quando iniziai a parlare di Wikipedia alla gente, ricevetti molti sguardi divertiti e quasi di commiserazione.

Diciamo che tanti erano a dir poco scettici all'idea che dei volontari sparsi in tutto il mondo potessero unirsi per creare insieme un notevole compendio della conoscenza umana con il solo intento di condividerlo.

Niente pubblicità. Nessun guadagno. Nessun obiettivo finale recondito.

Dieci anni dopo, ogni mese, più di 380 milioni di persone usano Wikipedia, quasi una su tre di tutte quelle che si connettono a Internet.

È il 5º sito web più popolare del mondo. I primi quattro sono stati creati e vengono mantenuti grazie a miliardi di dollari di investimenti, a enormi staff aziendali e a continue campagne di marketing.

Wikipedia invece è qualcosa di completamente diverso da un sito web commerciale. È il risultato del lavoro di una comunità, scritta da volontari un pezzettino per volta. Anche tu fai parte della nostra comunità. E io oggi ti scrivo per chiederti di proteggere e sostenere Wikipedia.

Insieme possiamo riuscire a mantenerla gratuita e libera dalla pubblicità. Possiamo riuscire a mantenerla disponibile in modo che tutti possano usare le informazioni che contiene come meglio credono. Possiamo farla continuare a crescere, a farle diffondere informazione e cultura ovunque e a mantenerla aperta alla partecipazione di tutti.

Ogni anno, in questo periodo, ci facciamo vivi per chiedere a te e a tutti i membri della comunità di Wikipedia di aiutarci a sostenere il nostro progetto comune con una piccola donazione di 20 €, 35 €, 50 € o quello che vuoi o puoi dare.

Se pensi che Wikipedia sia una fonte di informazione - e una fonte di ispirazione - spero che deciderai di farlo ora.

I miei migliori auguri
Jimmy Wales
Fondatore di Wikipedia

P.S. Wikipedia dimostra come la gente come noi possa fare cose straordinarie. Persone come noi scrivono Wikipedia, una parola dopo l'altra. Persone come noi la aiutano a sostenersi, una piccola donazione per volta. È la prova di come insieme abbiamo la possibilità di cambiare il mondo.

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Il folle progetto che ha cambiato Internet

Un piccolo esempio tra mille: quest'estate, qualcuno se lo ricorderà, ci ha lasciato un grande artista, Lelio Luttazzi. Il giorno della sua morte decine di quotidiani hanno scritto (almeno nelle loro versioni on line) che Luttazzi era “rimasto coinvolto in una vicenda di droga dai contorni mai chiariti”. In realtà i contorni della vicenda erano assolutamente chiari da più di trent'anni: Luttazzi era stato completamente scagionato, e negli anni successivi pare che avesse vinto diverse querele contro chi sosteneva il contrario. E allora perché i quotidiani continuavano a seminare il dubbio? Vuoi per pigrizia, vuoi per sfortuna: Luttazzi era mancato alla vigilia di uno sciopero dei giornalisti, e tante redazioni si erano trovate a copiare le schede biografiche delle agenzie. Peccato che anche queste ultime fossero il risultato di un analogo lavoro di copia-incolla da articoli di quotidiani ancora più antichi... insomma, non era ben chiaro quando, ma a un certo punto qualcuno aveva schizzato del fango sulla biografia di Lelio Luttazzi, e poi quel fango era stato ricopiato da tutti, senza che nessuno si ponesse il problema di verificare cosa ci fosse di vero o di falso. No, in realtà qualcuno il problema se l'era posto. Su un sito internet si leggeva chiaramente che Luttazzi era stato completamente scagionato. Ma non era il sito di un quotidiano. Era Wikipedia, l'enciclopedia libera. Sì, quella gratuita, quella scritta dai dilettanti, quella che tutti possono modificare. Non ci si dovrebbe fidare troppo di lei, eppure...  

Dieci anni fa, quando Wikipedia cominciò in sordina la sua avventura, Internet era molto diversa da oggi: qualcuno forse ricorda che impresa fosse trovare, in mezzo a tanta confusione colorata, contenuti realmente interessanti. Eppure i motori di ricerca esistevano già, e facevano quel che potevano: il problema è che molte informazioni su internet non c'erano ancora. Me lo ricordo abbastanza bene perché in quel periodo lavoravo anch'io a una specie di enciclopedia on line, che in seguito ha chiuso. Uno dei miei compiti era “scrivere” delle brevi schede biografiche, dove il termine tra virgolette si può rendere anche come “scopiazzare cambiando qualche parolina qua e là per evitare problemi di copyright”. Lavoravo con quattro motori di ricerca, setacciavo il web intensamente... e non trovavo altro che le stesse schede biografiche che altri prima di me si erano copiati a vicenda, cambiando anche loro qualche parolina qua e là. Naturalmente nessuno dei copiatori che mi avevano anticipato si era preoccupato di verificare quello che “scriveva”, per cui gli errori immessi da un primo copista avevano già fatto il giro del mondo: se qualcuno, poniamo, aveva avanzato dei dubbi sulla fedina penale di Lelio Luttazzi, ormai il brillante musicista si poteva ritrovare infangato su due, cinque, dieci siti diversi. Se poi qualcuno copiando aveva inserito qualche errore di ortografia, anche quelli erano stati ripresi. Tanto è internet – si diceva nell'ambiente – mica la Treccani. Nessuno sarebbe stato così folle da usare le informazioni trovate lì sopra in un articolo di giornale, o magari in un saggio accademico.

 

Quand'è che sono cambiate le cose? In quale momento internet è diventata la fonte più comoda per giornalisti e perfino studiosi? Quand'è che abbiamo veramente cominciato a risolvere tutti i nostri dubbi con la semplice pressione del tasto “cerca con google”? Ho una teoria: il vero salto di qualità lo abbiamo fatto quando Google ha deciso – con un notevole sprezzo del pericolo – di fidarsi di Wikipedia: quel folle progetto sul quale dieci anni fa ben pochi avrebbero scommesso un euro (e avrebbero fatto bene, dal momento che Wikipedia non guadagna ancora un euro: è il sito non profit più visitato del mondo). Inserire le voci di wikipedia tra i primi risultati di ricerca è stato un atto di fiducia importante, che ha cambiato radicalmente il nostro modo stare nella rete. Prima di Wikipedia, anche i più generosi consideravano internet alla stregua di un enorme caotico recipiente di informazioni, da setacciare alla ricerca del vero. Wiki ha cambiato tutto, non perché fosse autorevole: anzi, sin dal primo momento ha messo in guardia i suoi utenti sul fatto che non lo era. Ma qualsiasi cosa fosse stata scritta, su Wiki si poteva modificare. Se avessimo trovato contenuti scadenti eravamo invitati a sostituirli con qualcosa di migliore. Se sapevamo che le informazioni su Lelio Luttazzi erano sbagliate, potevamo correggerle. E proprio perché non potevamo pretendere che qualcuno si fidasse di noi, avremmo dovuto fornire pezze d'appoggio, collegamenti ad altri contenuti, piste che chi veniva dopo di noi avrebbe potuto seguire. Grazie a Wikipedia abbiamo smesso di considerare Internet un recipiente di caos e ci siamo accorti che era un enorme libro, ancora pieno di pagine bianche, che non chiedeva di meglio che essere scritto e corretto. Certo, occorreva rinunciare a una delle cose più care ai navigatori: il proprio ego, la propria ideologia di riferimento, i propri gusti personali. Proprio tutte le cose che hanno fatto la fortuna di tutti i servizi 'sociali': dieci anni fa l'e-mail e le chat, più tardi i blog, Myspace, e oggi Facebook. In compenso, Wiki ci ha dato la possibilità di partecipare al più grande progetto di condivisione del sapere, al più grande libro mai scritto. Qualcosa che è ben lontano dall'essere perfetto (anzi, non lo sarà mai), e in gran parte resta ancora da scrivere, ma intanto ha già migliorato la vita quotidiana di tutti noi, ogni volta che abbiamo un dubbio e che sappiamo che la risposta è a portata di click. Anche se forse è sbagliata. Ma non lo è quasi mai. Sabato Wikipedia ha compiuto dieci anni: il minimo che possiamo fare è dirle grazie (se vogliamo fare qualcosa di più, possiamo andare qui).

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wikileonardo
http://leonardo.blogspot.com
il 14.1.11

Il cervellone



Mi fa paura pensarci, ma più della metà della mia vita l'ho trascorsa senza sapere cosa fosse internet.


I computer invece no, ho sempre saputo che esistevano e che sarebbero diventati sempre più potenti. Ma ecco, da bambino avevo un'idea piuttosto sfasata. I chip erano già in circolazione, ma io ancora pensavo ai calcolatori dei vecchi film, quelle stanze piene di valvole roventi che estraevano radici cubiche in pochi minuti, incredibili. I cervelli elettronici, giuro che li chiamavamo tutti così. E pensavamo che rispondessero alle domande. Non scherzo: l'idea era che l'uomo accendesse un pulsante, facesse una domanda (a voce, o con una scheda perforata, ma questi erano dettagli), ad esempio, “Quanto è alto il Monte Bianco?”, e lui dopo un po' avrebbe risposto: “4810 metri”, perché i cervelloni avrebbero saputo tutto. Come Hal 9000: lo accendi, lui ti saluta, chiede se può esserti utile, ti propone una partita a scacchi, congiura alle tue spalle, eccetera: l'idea che avevo del computer da bambino era questa. No, grazie, Hal, niente scacchi, ma mi potresti fare questi problemi di geometria per domani? 


La rabbia di appartenere all'ultima generazione che i compiti doveva farseli senza ausilio di un cervellone positronico svanì d'incanto non appena ebbi tra le mani un vero “computer”. Perché un bel giorno arrivarono nelle case, ed erano oggetti ben diversi da come ce li eravamo immaginati. Molto meno grossi, grazie al cielo. In compenso, assolutamente stupidi. Quando spiego ai miei alunni che alla loro età – tredici anni – possedevo un computer con ben otto kilobyte di memoria fissa, mi guardano come si guarderebbe uno scriba egizio del Medio Regno. Ma il vero choc culturale fu scoprire che anche quegli 8 Kb erano vuoti. Non ti vendevano un enciclopedia, per quanto minuscola. Ti vendevano un contenitore vuoto, un oggetto che appena acceso conosceva solo qualche nozione di aritmetica, in pratica una grossa calcolatrice che non aveva la più pallida idea di cosa fosse il Monte Bianco. Svanita la speranza di usarlo per i compiti, il computer diventava un oggetto affascinante proprio in quanto stupido. Ci potevi giocare, in vari modi, e (nel giro di una decina d'anni) saresti anche riuscito a lavorarci. Ma sarebbe sempre rimasto l'amico stupido con cui dialogare in Basic, che sa risolvere i logaritmi ma non ha la minima idea di cosa sia l'Egitto. Per molti anni non ho più pensato che il computer fosse un oggetto a cui chiedere le cose. 

Vent'anni dopo è successa una cosa straordinaria. Mi hanno montato una lavagna interattiva in una classe, e ora possiamo andare su internet quando vogliamo. Qualsiasi domanda ci venga in mente... tu digiti, e in pochi secondi internet ti risponde. I ragazzi ci si abituano subito, del resto la maggior parte ha già internet in casa, e le ricerchine le sanno fare, anche solo per trovare le specifiche di un videogioco. E così mi sono reso conto di una cosa. 

Oggi i computer assomigliano molto di meno a quegli scatoloni vuoti che ho cominciato a usare alle medie, e molto di più a quei cervelloni che sognavo da bambino. Guarda il modo in cui li usano i ragazzi: fanno domande, e il computer risponde. Ovvero no, in realtà a rispondere è Internet, attraverso google e wikipedia. Ma per il bambino che ero trent'anni fa tutti questi sarebbero dettagli incomprensibili; l'essenziale è che il computer, oggi, è un tizio coltissimo che se gli chiedi una cosa – mediante tastiera – ad esempio “Quanto è alto il Monte Bianco?” – ci mette pochi secondi a rispondere: “4810 metri”. Proprio come Hal 9000. 


La cosa che non mi sarei aspettato, da bambino, è il modo in cui i computer hanno compiuto questa evoluzione. Mi sarei aspettato un progresso tecnologico: valvole sempre più efficaci, bobine sempre più veloci... a un certo punto avremmo dato da mangiare a un cervellone più grande degli altri l'intero scibile umano sotto forma di schede perforate e... voilà, il Cervellone avrebbe saputo tutto. Mi sembrava logico che sarebbe andata a finire così. E invece le cose hanno preso una via inattesa. All'inizio c'era Internet, una rete di contenuti buttati un po' qua e un po' là, scarti di tesi di laurea e vecchi archivi di forum, informazioni generalmente scadenti che oscillavano per il mondo in modo browniano, e persino Google molto spesso non era in grado di trovarti un granché, per il semplice motivo che in rete – malgrado tutte le chiacchiere che se ne facevano su libri e riviste specializzate – non c'era ancora un granché. Fino al 2000, più o meno.

Eppure in un qualche modo Internet non era tutta lì. Essa comprendeva anche i suoi utenti: non era un'intelligenza artificiale, ma un'intelligenza collettiva, metà carne metà html (cyborg, si diceva in quegli anni). Ecco, io credo che il momento decisivo è stato quello in cui questa intelligenza collettiva, ancora non molto intelligente e non molto collettiva, ha preso atto della sua pochezza e... ha cominciato a fare delle domande all'utente. In pratica, il momento in cui ha creato wikipedia. Wikipedia era il posto dove il signor Internet ammetteva di non saperne abbastanza, e ti chiedeva aiuto. Pensateci, forse il test di Turing lo ha passato in quel momento in cui gli abbiamo fatto una domanda (“Quanto è alto il Monte Bianco?”) e lui ha risposto con una domanda ('Non lo so, dimmelo tu per favore'). Una rivoluzione copernicana. Abbiamo smesso di pensare a Internet come a un libro stampato e abbiamo cominciato a considerarlo un libro da scrivere, una creatura da crescere, qualcosa a cui insegnare le cose.

Wiki è stato il momento, è stato il luogo in cui il signor Internet ha scoperto di non sapere, e ha fatto il primo passo giusto verso la conoscenza di sé e degli altri. Oggi, se chiedi quand'è alto il Monte Bianco, Internet attraverso Wikipedia ti dice: 'Mi risulta che sia alto 4810 m., ma non posso esserne certo; per favore, se la sai più lunga di me, correggimi. Non chiedo di meglio'(*). Hal 9000 era molto più spocchioso. Poi certo, anche l'ibrido collettivo che chiamiamo Internet, ma più precisamente Wikipedia, ha i suoi difetti. Tutti i difetti umani dei suoi utenti (pignoleria, superficialità, ignoranza, spocchia, ecc. ecc. ecc.), più i difetti dei computer. Però è la più grande creatura che abbiamo visto nascere. Ha solo dieci anni e forse sa già più cose delle enciclopedie vere. È un gigante buono che è disponibile a raccontarti qualsiasi cosa, ci puoi passare le serate. E ogni volta che commette un errore di ortografia, tu glielo correggi e lui ti ringrazia. Questa ultima cosa fa impazzire i ragazzini a scuola. Non importa di cosa stiamo parlando: ogni volta che troviamo un errore di ortografia, lo correggiamo in diretta. E così scopriamo che sbagliare è umano, perché sbaglia anche la creatura più umana di tutte, che è Wikipedia. Ma allo stesso tempo, sbagliare è inammissibile, sbagliare è pericoloso: tutto quello che Wikipedia ci dice potrebbe essere falso. Potrebbe essere il brutto scherzo di un'altra classe dall'altra parte del mondo, che ha tolto un migliaio di metri al Monte Bianco a maggior gloria delle vette del Caucaso. Non bisogna fidarsi ciecamente di nessuno, neanche del famoso cervello elettronico, perché in fondo che ne sa lui? Solo quello che gli abbiamo detto noi.

Insomma, caro me stesso bambino del passato, è andata più o meno come te l'immaginavi. Adesso in classe abbiamo un cervellone elettronico che risponde alle domande. Sì, a volte ti fa anche i problemi. Ma a volte li sbaglia, insomma, non ti puoi mai fidare.

(*) In realtà oggi ti dice: “ Al di sotto della calotta sommitale, sotto una coltre di ghiaccio e di neve spessa dai 16 ai 23 m, a quota 4.792 m si trova la cima rocciosa, spostata di 40 m circa più ad ovest rispetto alla vetta stessa. Nell'agosto del 1986 la misurazione ortometrica rilevata tramite satellite risultava di 4.804,4 m. Successivamente l'altezza ufficiale è stata per lungo tempo 4.807 m, per poi passare nel 2001 a 4.810,40 m; nel 2003 a 4.808,45; nel 2005 fu di 4.808,75; nel 2007 a 4.810,90 e nell'ultima misurazione nel settembre 2009 a 4.810,45 m [5]."

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