http://crisis.blogosfere.it 14 settembre 2011 http://www.Megachip.info http://www.libreidee.org Scritto il 15/9/11
Arriva il Fmi, ovvero il bacio della morte di Debora Billi
Quando ieri ho letto un po’ ovunque i piagnistei per l’avvento cinese, perché «finiremo nelle mani della Cina», perché «arriva il pericolo giallo», non sono riuscita a spaventarmi. Proprio per nulla. Avevo il sentore che il nostro debito in mano ai cinesi non fosse messo peggio che in mano ai francesi, ai tedeschi, o a chiunque altro, e che ci sono sicuramenti sorti più tristi. E infatti. Per la prima volta nella storia, l’esercito del Principe delle Tenebre si sta per avventare su un Paese del G8, ovvero il Fondo Monetario Internazionale si candida a correre a salvamento dell’Italia. Peggio di così è impossibile. Il prestito del Fmi, chiamato da molti analisti internazionali “il Bacio della Morte”, è quello che ha segnato le sorti di tantissimi Paesi in via di sviluppo. Qui un articolato paper di un’Università canadese dall’eloquente titolo “Il Bacio della Morte: gli aiuti del Fmi nei mercati dei debiti sovrani”. Tra l’altro, si afferma: «Il risultato di questo semplice modello suggerisce che la pratica del Fmi di offrire prestiti in tempi di crisi finanziaria, può servire a rendere più probabile l’insorgere della crisi». Anche il premio Nobel Joseph Stiglitz ha scritto ampiamente contro il Fmi. Riassume Wikipedia: «I prestiti del Fmi in questi paesi (Russia e satelliti) sono serviti a rimborsare i creditori occidentali, anziché aiutare le loro economie. Inoltre il Fmi ha appoggiato nei Paesi ex-comunisti coloro che si pronunciavano per una privatizzazione rapida, che in assenza delle istituzioni necessarie ha danneggiato i cittadini e rimpinguato le tasche di politici corrotti e uomini d’affari disonesti». Stiglitz sottolinea inoltre i legami di molti dirigenti del Fmi con i grandi gruppi finanziari americani e il loro atteggiamento arrogante nei confronti degli uomini politici e delle élites del Terzo Mondo, paragonandoli ai colonialisti di fine XIX secolo convinti che la loro dominazione fosse l’unica opportunità di progresso per i popoli “selvaggi”. Non siamo gli unici a temere l’arrivo di questi uccellacci. Un articoletto del “Telegraph” di giugno scorso, “Gli avvoltoi del Fmi volano in circolo sulla carcassa del Regno Unito”, così commentava: «L’Fmi è contento di veder crollare le economie così, come per la Grecia, può “aiutarle” con prestiti che vengono ripagati con devastanti rate di interessi e stimoli alla privatizzazione di tutto ciò che si ha di più caro». Qualcuno invece ha il coraggio di dire no. Si tratta dell’Islanda, che da due giorni è fuori dal Fondo Monetario Internazionale. Qui l’unica notizia in italiano, nessun altro giornale né sito ha ritenuto di riportarla. «L’arrivo del Fmi in Islanda fu accolto in maniera estremamente fredda da gran parte della popolazione, convinta che il Fmi avrebbe affogato la nazione in uno stato di permanente debito, come ormai troppi paesi hanno già sperimentato in passato. La partenza dei funzionari del Fmi è stata quindi vista con soddisfazione da gran parte dei cittadini». E noi invece ne festeggiamo l’arrivo. Eppure dovremmo sapere cosa prevede in cambio un prestito del Fmi: l’attuazione di determinate politiche economiche, che prevedono la distruzione del welfare, la riduzione degli stipendi, il licenziamento di vaste parti del settore pubblico, riforme delle pensioni, tasse e privatizzazioni. Soprattutto queste ultime. Il risultato è che regolarmente la situazione peggiora: con la svendita delle imprese pubbliche ai privati, si smette di incamerare introiti; con le tasse e i licenziamenti, si annienta il potere d’acquisto delle famiglie; come risultato della caduta della domanda, le imprese private falliscono e licenziano altra gente. Tale disastro constringe lo Stato a chiedere altri prestiti al Fmi, in una spirale che trascina sempre più in fondo. Non oso pensare che mostro verrà fuori dagli intrallazzi di questo governo con il Fmi. Ma non riesco neppure a figurarmi un altro ipotetico governo italiano che abbia il fegato di dire di no.
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