http://www.corriere.it 15 agosto 2006
Fidel Castro e la tentazione religiosa di Rocco Cotroneo
Il teologo della liberazione rivela: «Mi disse: quando muoio ti voglio al mio fianco». E Frate Betto è subito corso a Cuba per stare accanto all’amico malato. Boff: «Ci ha chiesto di stargli vicino»
Erano notti interminabili, notti alla Fidel Castro. Conversazioni, più spesso lunghi monologhi, e lui che riprendeva il fiato solo per accendere il sigaro. Nel suo ufficio al Palazzo della rivoluzione: sempre una lunga cena e poi avanti fino a quando fuori già albeggiava. Oppure quando piombava all'improvviso, alle tre di notte, in una delle case del Miramar per gli ospiti arrivati da fuori, che già dormivano. «Eccomi, perdonate il ritardo. Facciamo due chiacchiere?» Gesù Cristo e Marx, la liberazione e la rivoluzione, la fede e la giustizia, la Chiesa e l'America Latina. Arrivavano dal Brasile i due uomini ai quali Fidel Castro aveva, per così dire, appaltato curiosità e dubbi sulla religione.
Due amici veri, Frei Betto e Leonardo Boff, frati, uomini di fede e socialisti, guardati con sospetto dal Vaticano. Erano gli anni della Teologia della Liberazione, dei «vescovi rossi», prima della stretta decisa da papa Wojtyla. I due viaggiavano a Cuba varie volte all'anno. Discretamente, come tutti gli intimi al cospetto del líder máximo. Quasi clandestinamente, come il fatto che i libri dei due teologi brasiliani Castro li divorava, li riempiva di sottolineature, per poi chiederne conto agli autori, nelle lunghe notti cubane.
«Un giorno Fidel ci disse: Betto e Leonardo, il giorno della mia morte io vi vorrei qui entrambi, al mio fianco», rivela oggi al Corriere Leonardo Boff. «Un'altra volta, stavamo ripartendo, ci regalò un vecchio manifesto della Rivoluzione, un esemplare unico. Sul biglietto era scritto: Fray Betto y Fray Leonardo, se un giorno io ritroverò la fede della mia infanzia sarà per merito vostro». Boff oggi ha 68 anni e vive ritirato a Petropolis, sulle montagne dietro Rio de Janeiro. «Mi sarebbe piaciuto andare a Cuba in questi giorni, ma non sto bene. Betto invece è partito subito. Da anni ha sempre in tasca un biglietto per l'Avana, pronto a prendere l'aereo in qualunque momento». «Mi aveva proposto un viaggio a dicembre, insieme, poi l'altro giorno ho ricevuto un suo email da là. Forse l'ha chiamato Fidel, forse si sta sentendo alla fine, chissà...». «Per Castro, Frei Betto è un figlio, più di un figlio. Io non ho mai visto nessuno avere una simile intimità con lui», conclude Boff.
Difficilmente l'immagine di un frate seduto sul letto d'ospedale di Castro potrà essere tra le foto che il regime sta diffondendo in questi giorni per rassicurare i cubani e il mondo. Addirittura impossibile che un tema così esplosivo — Fidel e la fede — possa diventare oggi di dominio pubblico. È sempre delicato, discutibile, farsi largo nella coscienza di un uomo in fin di vita. Figuriamoci in quella di un personaggio del quale si ignora da mezzo secolo se abbia una casa, una moglie, quale sia il volto dei suoi figli. Di ritorno a San Paolo, al telefono, Carlos Alberto Libanio Christo (il nome completo di Frei Betto) nega di aver incontrato Castro. «Sono stato a colloquio per tre ore con il fratello Raúl — taglia corto —, Fidel sta meglio, ma non ho voluto forzare un incontro. Certamente, negli ultimi anni, la sua apertura alla religione è aumentata. Se sia un travaglio personale, francamente, non so dirlo».
Il viaggio improvviso di Frei Betto a Cuba non è l'unico segnale inconsueto. «Dio aiuti Hugo Chávez e i suoi amici», ha scritto di suo pugno Castro pochi giorni fa, secondo quanto riferito dallo stesso presidente venezuelano. Nell'incertezza delle ultime due settimane, la Chiesa cubana si è fatta sentire per annunciare veglie di preghiera per l'illustre infermo. Nessun accenno, invece, al desiderio di cambiamento che pervade l'isola, o al tema dei diritti umani violati. La tregua tra il regime e il cattolicesimo è assoluta, totale. «Ovvio che sarebbe uno scandalo se Fidel si dichiarasse apertamente credente— osserva Boff —.Mavorrei ricordare che mai si è proclamato ateo. E secondo me non lo è».
La storia, secondo i due teologi brasiliani, parte da lontano. All'inizio degli anni Settanta, Castro resta affascinato dal ruolo crescente dei credenti nei movimenti di liberazione del Centroamerica. Sono del 1973-'74 i primi viaggi di Boff e Frei Betto a Cuba, che arrivano a tenere corsi di teologia per dirigenti del governo e persino del partito comunista. «Infine Castro fece passare in Parlamento una legge che definiva Cuba uno Stato laico—ricorda Boff —. Si rese infatti conto che l'ateismo ufficiale, preso a modello dell'Urss, equivaleva a definire confessionale lo Stato, cosa che lui non poteva sopportare». Poco dopo fece ritirare dalle scuole i manuali copiati da quelli sovietici, che negavano l'esistenza storica di Cristo. Nel 1985 Boff viene processato dal Vaticano.
È Joseph Ratzinger, allora alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, a interrogare a Roma il frate francescano, facendolo accomodare sulla sedia—ricorda lui—che già fu usata da Galileo e Giordano Bruno. «Qualche anno dopo lasciai la Chiesa e incontrai Castro a Rio. Mi disse: Leonardo, è vero che resterai per sempre a fianco dei poveri? Bene, allora il cristianesimo si manterrà forte e solido». Poi lo chiamò a Cuba. I due passarono 15 giorni di vacanza insieme. Alla fine, dopo notti di conversazione, Fidel disse: «Sono sempre più convinto che nessuna rivoluzione in America Latina possa trionfare senza incorporare l'elemento religioso ».
Arrivò poi il famoso viaggio del Papa a Cuba, nel 1998. «Si piacquero, i due, come nessuno di noi poteva immaginare — ricorda Boff —. Fu un incontro tra due personaggi autoritari, tra dittatori ci si intende...». Per i cattolici le cose sull'isola migliorarono ulteriormente. Ma i due brasiliani mai riuscirono a convincere Castro ad allentare anche la morsa politica sull'isola, a permettere il pluralismo. «Su questo il suo ragionamento non cambia da 50 anni, i dissidenti sono spie degli americani, i partiti farebbero crollare la rivoluzione», spiega Boff. Questa sarebbe la conversione più clamorosa.
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