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5 luglio 2012
5 luglio 1962. L’Algeria diventa indipendente
di Bruno Giorgini
Ero giovanissimo studente quando, nella primavera del 1960, partecipai al primo sciopero a favore dell’Algeria indipendente. A quel tempo la FGCI, la federazione giovanile del PCI, era molto attiva su questo fronte, diciamo anticolonialista e antimperialista. Credo non fossimo più di cinquanta con una grande bandiera del FLN dispiegata in testa al corteo, ma fu comunque un successo, almeno in quel di Forlì, da cui l’Algeria appariva molto lontana. Da Marsiglia appare molto più vicina, e il 5 luglio 2012 i cittadini algerini che qua abitano, e i loro figli nonché nipoti, ormai francesi, si apprestano a festeggiare il cinquantenario dell’indipendenza.
Marsiglia fu il luogo dove sbarcarono in quella lontana estate centinaia di migliaia di pied noirs, i coloni francesi d’Algeria, e decine di migliaia di Harkis, gli algerini che avevano servito sotto la bandiera francese. Fu una migrazione colossale, e per molti tragica, lasciando dall’altra parte del Mediterraneo beni, amori, pezzi interi di vita. Dopo arrivarono anche gli algerini ormai indipendenti, a cercare lavoro, e questo crogiolo ha fatto la città, rendendola insieme incandescente e affascinante. In Italia quella solidarietà col popolo algerino diventerà poi il movimento contro la guerra in Vietnam, e la guerra d’Algeria, iniziata nel 1954, diventò nota soprattutto tramite la Battaglia d’Algeri, splendido film di Gillo Pontecorvo che tutti, credo, abbiamo visto a suo tempo (1966).
La guerra ebbe un passaggio decisivo dalla guerriglia d’avanguardia alla lotta armata di massa, con l’insurrezione del 20 agosto 1955 a Costantina. Secondo il Governatore francese l’insurrezione causò la morte di 123 persone: 71 civili europei, 31 militari e 21 algerini; i feriti, furono 51 tra gli europei e 47 tra gli algerini. Poi cominciò la repressione, violentissima. Il governo affermò di aver ucciso 1.273 “banditi” (hors-la-loi), mentre secondo il FLN i morti per mano dell’esercito, dei poliziotti, dei coloni organizzati in milizie e/o in modo individuale furono oltre 12.000, quasi tutti civili. Fu lo spartiacque, la guerra divenne senza esclusione di colpi e il FLN fu riconosciuto da ogni algerino come legittimo rappresentante delle sue aspirazioni alla libertà e indipendenza dall’occupazione coloniale francese.
Quando De Gaulle assume il potere (1958), ben presto capisce che la guerra d’Algeria è persa, non c’è violenza per quanto feroce che tenga: il colonialismo è finito. Nel 1961 organizza un referendum in Algeria che vede la stragrande maggioranza votare a favore dell’indipendenza, e cominciano le trattative segrete tra lo stato francese e il FLN. Allora i generali d’Algeri, in primis Salan, organizzano un colpo di stato: il 21-22 aprile occupano l’aeroporto, la radio eccetera ma non hanno la forza politica di prendere il potere, vogliono soprattutto fare pressione su De Gaulle, perché abbandoni le trattative. Ma il Presidente ormai ha deciso, e con un comunicato ordina che nessun soldato obbedisca agli ordini dei generali traditori. La leggenda narra che il Generale, la maiuscola è d’obbligo, voli da solo a Algeri, scenda dall’aereo e ordini il disarmo dei putschitsti, il che avviene senza colpo ferire, ripartendo poche ore dopo.
Comunque sia il golpe evapora nel giro di 24 ore, e nasce l’OAS, l’Organizzazione dell’Armata Segreta che cerca di fermare il processo d’indipendenza a colpi di bombe e attentati, fino a cercare di uccidere De Gaulle. Il generale li ricambia con egual moneta, incaricando il suo vecchio amico Pasqua di organizzare una sorta di servizio d’ordine gaullista semipubblico, il SAC, Service d’Action Civique, per liquidarli in Francia. Intanto l’OAS a Algeri è sempre più violenta, devasta gli edifici pubblici, viene incendiata la biblioteca universitaria, mandando in fumo i 500.000 (cinquecentomila) volumi che contiene. In quel momento, siamo alla vigilia degli accordi di Evian del marzo 1962, gli storici ci dicono che l’esercito coloniale è grosso modo diviso in tre parti, un terzo per De Gaulle e l’indipendenza dell’Algeria, un terzo per l’OAS e il mantenimento dell’Algeria coloniale, e un terzo per l’Algeria francese, ovvero dare all’Algeria, e agli algerini uno statuto di piena cittadinanza della Repubblica, come, per dire, la Bretagna. Mentre i coloni civili, i pied noirs, sono quasi tutti contro l’indipendenza. Base militare e politica dell’OAS in Algeri è il quartiere di Bab El Oued che a un certo punto l’Organizzazione dell’Armata Segreta occupa anche militarmente, facendone una sorta di territorio dell’impunità, da cui partire per attaccare polizia e esercito. La popolazione del quartiere li appoggia, un quartiere dove il PCF normalmente vince le elezioni, e risuona dell’Internazionale. Ritorna la storia dell’origine di sinistra del movimento dei colonizzatori portatori di civiltà, ben presto colonialismo, che data e è figlia addirittura della Comune di Parigi, e dei suoi fuoriusciti che si rifugiarono a Algeri. Presi dal sacro furore della pedagogia rivoluzionaria, vollero insegnare agli indigeni come si coltiva la terra, appropriandosene, è ovvio.
E nei loro volantini i militanti dell’OAS accusano il potere repubblicano di essere “fascista” e di volere il “genocidio” dei francesi, invitando all’insurrezione contro il “fascismo” del generale De Gaulle. Lo scontro diventa furibondo. Il 19 marzo vengono firmati gli accordi di Evian per il cessate il fuoco, il 23 a Algeri l’OAS attacca un gruppo di soldati, uccidendone sette, quindi organizza una manifestazione pacifica per rompere l’assedio a cui l’esercito e i gendarmi sottopongono Bab El Oued. Ma il potere non scherza, De Gaulle sa che deve rompere la relazione tra OAS e popolazione francese, la manifestazione non s’ha da fare, meglio deve diventare un esempio. Uno dei reparti combattenti più esperimentati, il quarto RT (reggimento territoriale), già in prima linea nella guerra contro il FLN, viene per ironia della storia e del generale, schierato in servizio d’ordine contro l’OAS. Quando il corteo arriva in prossimità della loro postazione, forse perché qualcuno spara dall’alto contro i soldati (agenti provocatori?), forse perché la folla si fa troppo aggressiva, forse perché serve al potere gaullista che vuole chiudere la partita, sia come sia, in Francia se ne discute ancora, i soldati sparano a raffica per oltre dieci minuti. Avviene quello che passerà sotto il nome di “massacro della rue d’Isly” del 29 marzo, con oltre 40 (quaranta) morti e 150 (centocinquanta) feriti. L’OAS continuerà ancora, ma ormai non ha più spazio politico e quello militare si è ridotto al puro terrorismo.
I francesi d’Algeria si avviano a emigrare in Francia, cercando di fare terra bruciata dietro di loro. Demoliscono le case, distruggono le masserizie, i mobili, i piatti, quando possono demoliscono i muri, arrivando al porto per imbarcarsi alla volta di Marsiglia, spingono le automobili in un enorme rogo che brucia per giorni, visibile da chilometri di distanza. A guardarla oggi in azione, la TV in questi giorni manda in onda un bel documentario pieno di immagini dell’epoca, la folla sembra in preda a un devastante delirio di violenza e dolore. Migliaia e migliaia di persone che paiono impazzite, e ancor oggi parlano dell’Algeria come la loro terra, il luogo dei loro sogni e dei loro amori, stentando a capire, o non vogliono, le ragioni del FLN e del popolo algerino. Ancor oggi questa storia fa una certa impressione, e ci si chiede come mai, quando era possibile, molti responsabili del FLN erano su questa linea, i francesi d’Algeria non scelsero la via della convivenza nell’Algeria indipendente, schierandosi invece in molti, troppi, con l’OAS o a favore dell’Algeria francese. E tagliando tutti i ponti con quel popolo e quelle persone con cui pure avevano condiviso luoghi e territori per generazioni.
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