L'atomica di Teheran
Non esiste una soluzione militare per questa situazione: sarebbe inconcepibile
di Noam Chomsky

da Internazionale n. 648, 29 giugno 2006

È fondamentale fermare la proliferazione delle armi nucleari e procedere verso la loro eliminazione. Se non lo facessimo le conseguenze potrebbero essere devastanti. Oggi, a causa dell'Iran e dei suoi programmi nucleari, sembra imminente una grave crisi.

Prima del 1979, però, quando era al potere lo scià, Washington appoggiava energicamente quei programmi. Oggi la sua tesi è che l'Iran &Mac246; paese ricco di petrolio &Mac246; non ha alcun bisogno di energia nucleare, quindi sta sicuramente lavorando a un programma segreto di armamenti.

Ma gli iraniani non sono disposti a gettare la storia nella spazzatura. Sanno che gli Stati Uniti e i loro alleati tormentano il loro paese da più di cinquant'anni, da quando cioè un colpo di stato militare appoggiato dagli Usa e dalla Gran Bretagna rovesciò il governo democratico e insediò lo scià.

Lo scià guidò il paese con pugno di ferro fino al 1979, anno in cui fu cacciato da una sollevazione popolare. L'amministrazione Reagan appoggiò l'invasione dell'Iran da parte di Saddam Hussein, aiutandolo a massacrare centinaia di migliaia di iraniani e di curdi iracheni.

Poi sono venute le dure sanzioni di Clinton, seguite dalle minacce di Bush di attaccare l'Iran. Il mese scorso il governo Bush ha accettato di partecipare insieme agli alleati europei a negoziati diretti con Teheran, ma ha rifiutato di ritirare le sue minacce. Così ha svuotato di senso tutte le offerte negoziali: è difficile trattare sotto la minaccia della violenza. Ma la storia recente offre ulteriori motivi di scetticismo sulle intenzioni di Washington.

Nel maggio del 2003 &Mac246; secondo Flynt Leverett, allora alto funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale dell'amministrazione Bush &Mac246; il governo riformista di Mohammad Khatami ha proposto "un'agenda per un processo diplomatico volto a risolvere tutte le divergenze bilaterali tra gli Stati Uniti e l'Iran".

Queste divergenze, ha scritto il Financial Times, comprendevano temi come "le armi di distruzione di massa, una soluzione a due stati per il conflitto israelo-palestinese, il futuro dell'organizzazione libanese Hezbollah e la collaborazione con le Nazioni Unite in materia nucleare".

L'amministrazione Bush non solo ha rifiutato, ma ha anche impartito una solenne lavata di capo al diplomatico svizzero che si era fatto mediatore dell'offerta.

Un anno dopo l'Unione europea e l'Iran hanno fatto un accordo: Teheran avrebbe sospeso temporaneamente l'arricchimento dell'uranio, e in cambio l'Ue avrebbe fornito assicurazioni che Stati Uniti e Israele non avrebbero attaccato il paese. Ma davanti alle pressioni statunitensi l'Ue ha fatto marcia indietro e l'Iran ha ripreso i programmi di arricchimento.

Nel 2003 Mohamed El Baradei, capo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ha avanzato una proposta ragionevole per eliminare le ambiguità dell'arricchimento dell'uranio: sottoporre a controlli internazionali tutta la produzione e la lavorazione di materiale utilizzabile per armamenti nucleari. Questo, secondo El Baradei, avrebbe dovuto essere il primo passo verso la piena attuazione della risoluzione Onu del 1993 per un Trattato per la proibizione dei materiali fissili (Fissban, nella sigla inglese).

Fino a oggi la proposta di El Baradei è stata accettata, a quanto mi risulta, da un unico stato: l'Iran, che l'ha fatta sua a febbraio, con un'intervista al capo dei negoziatori iraniani sul nucleare, Ali Larijani. L'amministrazione Bush rifiuta un trattato Fissban di questo tipo, e in questo è praticamente sola.

Nel novembre del 2004 la Commissione disarmo dell'Onu ha messo ai voti l'ipotesi di un trattato Fissban. L'esito della votazione è stato di 147 a 1 (gli Stati Uniti), con 2 astensioni: Israele e la Gran Bretagna. L'anno scorso la votazione dell'Assemblea generale in seduta plenaria ha dato il seguente esito: 179 a 2, con 2 astenuti: di nuovo Israele e Gran Bretagna. Ha votato no, oltre agli Stati Uniti, anche Palau.

I modi per risolvere questa crisi ci sono. Il primo è ritirare le più che credibili minacce degli Usa e di Israele, che hanno l'effetto di spingere Teheran a dotarsi di armi nucleari come deterrente.

Il secondo passo è che gli Stati Uniti votino insieme al resto del mondo un trattato Fissban verificabile.

Il terzo passo è rispettare l'articolo 4 del Trattato di non proliferazione, che impone alle potenze nucleari di compiere sforzi "in buona fede" per eliminare gli armamenti atomici. Finora nessuna potenza nucleare ha ottemperato a questo obbligo, ma gli Stati Uniti sono di gran lunga gli ultimi della classe.

Avviare passi decisi in questa direzione allenterebbe la tensione con l'Iran. Ma soprattutto è importante ascoltare le parole di Mohamed el Baradei: "Non esiste una soluzione militare per questa situazione: sarebbe inconcepibile. L'unica soluzione duratura è una soluzione negoziata". E per giunta, è perfettamente raggiungibile.