La Vera Guerra Da Disinnescare E' Quella DellIngiustizia
di don Luigi Ciotti
Alla fase emotiva deve seguire la logica della parola; la politica deve rispondere alla crescente distanza tra un nord sempre più ricco e un sud sempre più pover
Dopo i tragici e drammatici eventi che hanno colpito gli Stati Uniti in quellindimenticabile 11 settembre 2001, ci è chiesto, credo, non tanto di discutere (e di decidere) sul come partecipare alla guerra, ma di respingere con fermezza, chiarezza e determinazione la comprensibile tentazione della vendetta, della rivincita, della rappresaglia, dellodio ormai incontrollabile o insuperabile e della guerra.
Reazioni emotive sono non solo lecite e giustificate, ma anche necessarie e doverose se servono a liberare gli animi da sentimenti quasi obbligati di rabbia e di disperazione. Non possono e non devono, però, diventare il motore della risposta ad una violenza tanto assurda quanto criminale. Detto in altri termini: alla fase emotiva deve seguire la logica della Parola perché la Politica (nazionale e internazionale) si riappropri delle sue responsabilità per costruire giustizia e per inseguire le reali cause che generano ingiustizia.
Nuovi lutti e nuove tragedie non si prevengono con lo strumento della guerra. Mai.
Quanti sono morti a causa degli orrendi attentati criminali non saranno ricordati e nemmeno riceveranno giustizia da logiche di guerra impugnate in nome di una giustizia militare. Se non vogliamo che il loro sacrificio diventi inutile, dobbiamo ricostruire, in loro memoria e tutti insieme, nuove torri: di sviluppo internazionale, di giustizia globale e di pace duratura perché fondata su criteri di sviluppo sostenibile ed equamente ripartito.
Questo non significa abbassare la guardia nei confronti di un terrorismo internazionale sempre più spregiudicato e sempre più determinato ad agire con strategie finalizzate a distruggere vite umane e speranza. Ci è chiesto, al contrario, una severità senza sconti verso tutto ciò che è terrorismo e uso della violenza. Ma ci è chiesto molto di più: da una parte, di non usare le ingiustizie mondiali per cercare qualche possibile giustificazione che possa rendere meno criminale e meno colpevole il ricorso al terrorismo; dallaltra, non usare gli attentati terroristici come tappeto per nascondere quelle omissioni e quelle colpe che hanno visto divaricarsi le forbici tra un Nord sempre più ricco e un Sud sempre più privo di cure sanitarie, di acqua, di cibo, di scuole e di politiche in grado di contrastare quei tristi fenomeni di schiavitù, di devastazioni ambientali e di emigrazione disperata che siamo ormai abituati a conoscere.
Questa è la vera guerra da disinnescare: la guerra dellingiustizia alimentata dallassenza di politiche capaci di fronteggiare queste emergenze.
Conoscendo in profondità la ricchezza del popolo americano, Giovanni Paolo II così si è rivolto al nuovo ambasciatore degli Stati Uniti dAmerica presso la Santa Sede: "Nellaffrontare le sfide del futuro, lAmerica è chiamata ad amare e vivere i valori più profondi del suo patrimonio nazionale: la solidarietà e la cooperazione fra i popoli; il rispetto per i diritti umani; la giustizia che è condizione indispensabile per una libertà autentica e una pace duratura".
Non si tratta, di conseguenza, di rileggere queste tensioni come uno scontro tra Occidente e mondo islamico. Nessuno, nemmeno per un istante, può ridurre la complessa cultura e sapienza della religione islamica, ai frammenti dellintegralismo o, peggio ancora, del terrorismo. Se mai dovesse prendere spazio questa infelice equazione ne usciremmo tutti perdenti, nessuno escluso.
Unultima annotazione: le televisioni e i media ci hanno portato in casa il dramma del popolo americano. Ci hanno reso più vicini e testimoni oculari di quanto accadeva. Gli occhi hanno visto e le labbra possono affermare davanti a scenari così tragici e scandalosi "io sono americano", parafrasando la felice affermazione di Kennedy presso il muro di Berlino. E indubbio, da questo punto di vista, il merito di uninformazione puntuale e completa.
Ora dobbiamo fare in modo, però, che anche le immagini facciano un passo indietro perché la tragedia non diventi spettacolo che alimenta odio e divisioni già difficili da sanare.
Giustizia e pace non possono restare sepolte sotto immagini altamente emotive che bloccano il procedere della nonviolenza. Se ogni spettatore ha potuto dire davanti a quelle immagini indimenticabili "io sono americano", ora la ricostruzione è di tutti e di ciascuno. E il mondo intero che deve ricostruire quelle Torri, non solo gli Stati Uniti dAmerica e non solo la Nato. Nella speranza che laltezza degli edifici non sia misurata solo dal numero dei piani, ma anche dalla capacità di produrre giustizia e di aggredire le reali cause che determinano quelle economie diseguali che tutti conosciamo come ingiustizie.
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20/09/01 18.53.07
Larticolo è apparso sul numero di ottobre 2001 de La Nuova Ecologia
fonte Libera - Associaz. nomi e numeri contro le mafie
http://www.libera.it
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