https://movisol.org/Ledeen.htm Ledeen: dal fascismo allo scontro delle civiltà «La potenza formidabile di una società libera dedicata ad una sola missione è qualcosa che [i nostri nemici] non riescono a immaginare ... La nostra vittoria inaspettatamente rapida in Afghanistan è il preludio di una guerra molto più vasta, che con tutta probabilità trasformerà il Medio Oriente per una generazione almeno, e ridefinirà la politica di molti paesi più vecchi in tutto il mondo». Ledeen, Michael «The War against the Terror Masters» New York: St. Martin's Press, 2002. Un articolo su Karl Rove, il principale controllore del presidente USA George W. Bush, apparso il 10 marzo 2003 sul Washington Post, riferiva che quando Rove ha bisogno di consigli per la guerra al terrorismo, o altre questioni di sicurezza nazionale, si rivolge soprattutto ad una persona: Michael Ledeen. Ledeen raccontò al Washington Post che poco dopo l'elezione di Bush, nel 2000, incontrò Karl Rove il quale gli disse: “Quando hai qualche buona idea fammelo sapere”. Sentendosi così obbligato, Ledeen ha regolarmente inviato i suoi fax a Rove e, sempre secondo il Washington Post, più d'una volta Ledeen ha constatato come le idee che lui aveva spedito per fax a Rove sono diventate politica ufficiale o retorica. Oggi Ledeen, che era già una notorietà negli ambienti politici italiani, si staglia sempre di più come la figura al centro dell'intrigo del secolo: quello dei falsi documenti nigerini usati da Dick Cheney ed altri per far ingoiare al Congresso degli USA e alle nazioni del mondo la disastrosa guerra contro l'Iraq, visto che quei documenti avrebbero dimostrato che Saddam Hussein era sul punto di dotarsi di armi nucleari. Oggi Ledeen ricopre un posto importante all'American Enterprise Institute, il centro istituzionale dei neocon, e da tempo è impegnato a promuovere la guerra permanente/rivoluzione permanente che contraddistingue la cordata di Cheney. Da quasi trent'anni Ledeen è il protagonista di alcuni degli episodi più spettacolari dello spionaggio, che vanno dallo scandalo Iran-Contra, alle operazioni di insabbiamento per proteggere i mandanti della Strategia della Tensione in Italia, compreso l'assassinio di Aldo Moro e il massacro della Stazione di Bologna, al Billygate che costò la rielezione a Carter. Fin dall'inizio Ledeen si è distinto come un promotore del fascismo anche se, specialmente negli anni Ottanta, la cabala a cui lui appartiene promuove il “Project Democracy” [nota 1], ovvero la “democratizzazione” forzata (anche con il ricorso alla tortura). Per questo anche lui usa il vocabolario orwelliano che spesso domina i discorsi che vengono dati da leggere a Bush, dove pace è guerra e democrazia è fascismo. Ledeen è famoso per il libro «Fascismo universale» [nota 2] in cui espone i concetti che da allora ha cercato di realizzare nella pratica. Dal libro del 1977 su Gabriele D'annunzio ai dialoghi spiritici con la superspia James Jesus Angleton, disponibili sul sito “The National Review Online”, ci sono tutti gli ingredienti per considerarlo una spia della tradizione della Serenissima, una sorta di Parvus di seconda scelta, un secolo dopo [nota 3]. Michael Ledeen figura tra gli autori di un libro nato nell'orbita di Roy Godson, personaggio noto per il suo odio viscerale nei confronti di Lyndon LaRouche e animatore del progetto intitolato “Caratteristiche dell'intelligence per gli anni Ottanta”, che puntava a trasformare a tappe forzate l'intelligence degli Stati Uniti sul modello dell'apparato spionistico imperiale della Serenissima Repubblica di Venezia. Il fascismo universale All'università del Winsconsin Ledeen studiò con il prof. George Mosse, il quale poi ammise che quel promettente allievo aveva finito per abbracciare e fare proprie le teorie del fascismo. Mosse lo aveva incoraggiato a studiare a Roma, nel 1965, dove Ledeen finì sotto l'ala protettrice di due personaggi molto influenti: il prof. Renzo De Felice, che monopolizzava gli studi sul fascismo all'Università La Sapienza, e il conte Vittorio Cini, ex ministro delle Comunicazioni di Mussolini. Quest'ultimo aveva ammassato ricchezze enormi in società con Giuseppe Volpi, conte di Misurata. Volpi fu ministro delle Finanze di Mussolini nel primo periodo, quando il fascismo, da pagliacciata che altro non era, divenne una cosa seria grazie ai grandi crediti e cancellazioni dei debiti che Volpi pesonalmente ottenne nella City di Londra e a Wall Street. Rientrato da quella missione, il regime tributò al ministro Volpi un trionfo dogale a Venezia. Volpi e Cini erano le colonne portanti del gruppo veneziano nel fascismo, e poi nel mondo dell'industria e della finanza, tanto potenti da emergere indenni alla fine del regime mussoliniano, con tutta l'Italia post-fascista che fece finta di credere alle scuse che essi non c'entravano. Cini, ad esempio, si occupò di “cultura” dando vita alla omonima fondazione sull'Isola di San Giorgio Maggiore e sponsorizzò giornalisti come Indro Montanelli. A questo piaceva sentirsi dire che dava “pane al pane e vino al vino”, ma finì per farsi dare del lacché per la servilità che sfoggiava nei confronti del conte Cini. [nota 5] In quel periodo romano e veneziano Ledden avrebbe avuto modo di consultare gli archivi segretissimi della massoneria. Dopo questi indottrinamenti cominciò a scrivere libri e articoli, da solo e con altri, per promuovere un rigurgito di fascismo, ma in una veste nuova, con una formula inedita. “Non sembrerà irragionevole sostenere che il fascismo contenesse delle potenzialità e che avrebbe potuto benissimo svilupparsi in un'altra direzione”, diversa cioè dalle “avventure straniere” e dall'alleanza con Hitler, scrisse Ledeen nel suo libro “Fascismo universale”. Questo titolo si rifà all'omonima tendenza degli anni Venti che prese forma tra i critici di Mussolini, in seno al regime. Si tratta soprattutto di Giuseppe Bottai e di altri “giovani intellettuali fascisti”, celebrati nel libro, che, come lo stesso Ledeen più tardi, furono sponsorizzati dal conte Cini. Lo riferisce anche la biografia del conte curata dalla sua Fondazione, dove si apprende che negli anni Trenta “Cini stabilì contatti con vari elementi orientati alla 'dissidenza' nel fascismo”. Il nuovo fascismo universale doveva tornare alle sue radici rivoluzionarie, sbarazzandosi degli angusti elementi nazionalistici dei regimi di Mussolini, Hitler e Franco. L'essenza del fascismo, l'ideale di un uomo completamente nuovo, da forgiare nel crogiuolo di guerre e rivoluzioni infinite, sarebbe stato tradito dalle formule nazionalistiche del fascismo, mentre invece questa essenza era stata espressa nel modo migliore in esperimenti precedenti come il Terrore della Rivoluzione Francese. Si tratta di un argomento che contraddistingue il progetto Sinarchista che trae le sue origini dal martinismo, la setta massonica alla radice del Terrore Giacobino e della dittatura napoleonica. Nell'introduzione al libro intervista a De Felice [nota 6], Ledeen sostiene: “Di Renzo De Felice è stato detto di tutto, che è 'morbido su Mussolini' fino a 'depravato' ed è stato accusato di cercare di 'riabilitare il fascismo' ... De Felice sostiene che il movimento fascista era legato ad una radicale tradizione occidentale risalente ai giorni del Terrore della Rivoluzione Francese. Sostiene che il fascismo contiene sia una teoria ben definita del progresso umano sia un concetto della volontà popolare che lo ricollega ai temi rousseauviani estremistici sul Terrore e la 'democrazia totalitaria' che produsse”. In effetti De Felice ricondusse il fascismo alle logge massoniche che organizzarono i giacobini della rivoluzione francese [nota 7]. Sorvolò però su elementi tanto essenziali come il fatto che le logge martiniste furono sponsorizzate da lord Shelburne, figura centrale dell'imperialismo britannico dell'epoca, nella manovra da lui diretta ad impedire che la Rivoluzione Americana potesse diffondersi in Europa, e soprattutto nella Francia che era stata alleata degli USA nella guerra contro l'Inghilterra appena conclusasi. Ma affermò anche cose molto vere, come il fatto che fascismo è un “fenomeno rivoluzionario” che mira a rovesciare gli stati nazionali. Per questo De Felice bollò il periodo tra le due guerre mondiali, in cui si instaurarono i regimi fascisti nazionalistici, come il periodo della “rivoluzione tradita”. Nel libro intervista di Ledeen, lo storico del fascismo si fece promotore della rivoluzione permanente: Tanto De Felice che Ledeen insistono sulla necessità di studiare le fasi iniziali, rivoluzionarie, dell'esperienza fascista per cogliere il vero spirito del fascismo universale. In «D'Annunzio, the First Duce», pubblicato nel 1975, Ledeen celebra in toni gloriosi il primo esperimento fascista di Gabriele D'Annunzio con l'avventura di Fiume, nel 1919, e l'instaurazione di un regime corporativista durato sei mesi. Ledeen manifesta tutto il suo entusiasmo per “l'uomo nuovo” del fascismo che D'Annunzio cercò di creare e per il suo appello a distruggere le basi filosofiche e culturali degli stati nazionali: “La rivolta guidata da D'annunzio era diretta contro il vecchio ordine europeo e si concretizzò a vantaggio della creatività e virilità dei giovani che dovevano far nascere un mondo nuovo, modellato ad immagine dei suoi creatori. L'essenza di una tale rivoluzione era la liberazione della personalità umana, ciò che si può chiamare la 'radicalizzazione' della masse ... L'abilità di D'Annunzio nel convincere i suoi seguaci che essi appartenevano ad un regno spiritualmente 'più alto' fece di lui un fenomeno politico così potente e importante”. D'Annunzio sosteneva che lo spirito di questo superuomo nicciano era il vecchio dio pagano Dioniso, e che lo scopo dell'ordine mondiale fascista dionisiaco era la distruzione dell'immagine di Prometeo che animava l'umanità da prima della classicità greca. Per meglio comprendere davvero ciò che la cabala di Ledeen e Cheney oggi si ripromette per la civiltà è opportuno cogliere l'essenza dell'esperimento di Fiume, aprendoci così uno scorcio nelle viscere più profonde del sistema veneziano che in epoca post-rinascimentale si è reincarnato nel sistema imperiale liberista anglo-olandese. I trecento sinarchisti
Questo era, in sostanza, il sodalizio sinarchista in cui spiccava un gruppo di finanzieri veneziani attorno al conte Pietro Foscari, erede di una delle più prestigiose famiglie dogali della Serenissima. L'esponente più attivo di questo gruppo era Giuseppe Volpi, finanziere, industriale, massone, impresario culturale, ministro fascista, ecc. Questo cartello finanziario alimentò la proliferazione di logge massoniche in ogni parte d'Europa, nei Balcani e nell'Impero Ottomano. Negli ultimi decenni dell'Ottocento e fino al 1910, la massoneria internazionale fu ufficialmente diretta dal Principe di Galles, salito al trono d'Inghilterra nel 1901 con il nome di Edoardo VII, al quale si deve l'orchestrazione della prima guerra mondiale. Con lui la massoneria intraprese una svolta teosofico-luciferina, con la costituzione della loggia Quatuor Coronati nel 1884, da cui provennero il satanista Aleister Crowley e le attività di Madame Blavatsky, Bertrand Russell e H.G. Wells. Un altro massone importante fu Toeplitz della Commerciale, il principale finanziatore dell'avventura di D'Annunzio a Fiume. Il figlio di Toeplitz ricorda così la banca di suo padre: “All'epoca della prima guerra mondiale papà aveva portato la banca su solide posizioni in Italia, con la creazione di una vasta rete di filiali nei Balcani, in Turchia, in Egitto, in Francia, a Londra, in Sud America e negli USA arrivando a collocarla sullo stesso piano delle principali banche del mondo”. Dall'inizio del Novecento, la Banca Commerciale stabilì il suo controllo su gran parte dell'industria italiana, dall'elettricità all'acciaio, dalla cantieristica alla chimica. Il salotto di Toeplitz a Venezia era frequentato dalla contessa Annina Morosini, la “regina senza corona di Venezia”, al palazzo della quale restò spesso ormeggiato lo yacht del Kaiser Giglielmo II, e dalle cui labbra pendevano sia D'Annunzio che Volpi. Attraverso Toeplitz la Commerciale in pratica corrispondeva alla massoneria martinista e questa eredità passò poi nel dopoguerra alla loggia Propaganda Due. Prima di convertirsi al cattolicesimo, Toeplitz fu un seguace di Sabbatai Zvi, un agente della Compagnia del Levante veneziana nell'impero ottomano che aveva inventato un suo culto Donmeh, di matrice ebraica. All'epoca della sua scomparsa nel 1676 Zvi era noto come “il falso messia”. Ai suoi seguaci fu poi dato un out-out: conversione all'Islam o pena capitale. Tra i tanti convertiti molti rimasero attaccati al loro culto, e in realtà non erano né musulmani né ebrei, ma professavano un culto gnostico secondo cui la salvezza poteva ottenersi solo commettendo i peccati più abominevoli. Questa massoneria Donmeh costituì il nocciolo dei Giovani Turchi che nel 1908 presero il potere nell'Impero Ottomano, in stretta coordinazione con il progetto Fiume di D'Annunzio. Volpi tirò le fila di attività massoniche, spionistiche e affaristiche nei Balcani e nell'Impero Ottomano. Un esempio per tutti: il colonnello dello spionaggio serbo Dragutin Dmitrievich-Apis, che prese parte ai due eventi che fecero precipitare il primo conflitto mondiale, l'assassinio dei monarchi serbi, nel 1903, e quello dell'arciduca Ferdinando a Sarajevo, nel 1914, fu molto vicino a Volpi, almeno nel 1903, e potrebbe risultare anche un suo agente diretto. [nota 10] Dove questo complesso di maneggi andava a parare fu ben compreso da C.H. Norman, primo ministro laburista in Inghilterra. “Ad un certo punto nel 1906 fui invitato a partecipare ad un incontro di inglesi in cui si doveva discutere la proposta di costituire una Loggia Inglese del Grande Oriente ... La loggia doveva 'impegnarsi nella propaganda a favore dell'Entente Cordiale ... Un obiettivo in apparenza innocente che riscosse le mie simpatie. Nondimeno, decisi di accertare se solo quello fosse lo scopo. Con mia sorpresa scoprii che il Grande Oriente si stava imbarcando in un vasto programma politico, stringendo un'alleanza con l'Ocrana russa, che avrebbe potuto essere realizzato soltanto con una terribile guerra in Europa” [nota 11] Questo è il contesto in cui si colloca l'avventura dannunziana. Riconosciuto eroe nella prima guerra mondiale e forte di una buona cultura classica che si prefisse di sovvertire, il poeta D'Annunzio fu scelto per diventare il precursore del fascismo. Nella loggia martinista D'Annunzio aveva lo pseudonimo di “Ariel” e il grado di Superiore Incognito. [nota 12]. I martinisti erano dediti a rituali di “violenza magica” e credevano nel “progresso” attraverso la tortura, la morte e la distruzione, come prescriveva il conte Joseph De Maistre, ideologo martinista del XIX secolo, e come realizzarono nella pratica i giacobini e Napoleone. Il martinismo trasuda dalle opere dannunziane fin dai titoli: “Trionfo della morte”, “Contemplazione della morte”, o “L'innocente”, l'elogio di un folle che uccide il figlio che sua moglie ha avuto da un'occasionale relazione extraconiugale. In generale D'Annunzio frequentava ambienti dediti a culti pagani della natura, dell'amore, del sangue e della terra. Nelle poesie “Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi” D'Annunzio espose un tema che contraddistinse tutta la sua opera: il progresso tecnologico è un male e di contro occorre ristabilire gli antichi valori pagani. Racconta di un giovane poeta che, sorpreso da una tempesta, invoca Zeus. Il padre degli dei lo esorta a diventare un apostolo della verità. Al giovane che chiede spiegazioni Zeus risponde che dovrà celebrare il culto di Dioniso in ogni sua poesia, e che solo sottomettendo l'uomo a Dioniso, Zeus tornerà ad essere il Signore della Terra. Questo comporterà la fine della storia ed in particolare l'obliterazione del concetto platonico di “idea”. In altre parole, la popolazione va degradata ad uno stato di abbrutimento animale completo affinché l'oligarchia olimpica torni a trionfare. A che punto siamo con questo programma? Secondo Ledeen, oggi, “Lo stile politico dannunziano, la politica della manipolazione di massa, la politica dei miti e dei simboli, è diventata la norma del mondo moderno”. Ledeen e il SISMI
In Italia Angleton contava sulle conoscenze di suo padre, Hugh Angleton, che negli anni Venti e Trenta aveva fatto affari nel nostro paese, stringendo buoni rapporti con il regime. Ad Angleton furono affidate le operazioni dello spionaggio USA in Italia per tutto il periodo che va dalla seconda metà della guerra fino al 1974, quando il direttore della CIA William Colby lo rimosse anche dall'incarico importantissimo di responsabile del controspionaggio dell'Agency. In Italia Angleton fu parte delle operazioni per costruire una rete fascista tra i ranghi dei militari e dei servizi, un apparato poi incorporato nella loggia massonica Propaganda Due, a partire dal 1970. A queste reti che facevano capo ad Angleton, con il sostegno di ambienti sinarchisti nella NATO, si deve la strategia della tensione che ha insanguinato la penisola e le successive operazioni di insabbiamento. [nota 14]. Già durante la guerra Angleton si avvaleva della cooperazione di Junio Valerio Borghese. In occasione del tentativo di golpe del “principe nero”, nel 1970, secondo alcune fonti Angleton sarebbe venuto in Italia per seguire le operazioni sul luogo. I biografi di Borghese ci parlano della sua idea del fascismo universale, che mirava ad una europa libera dagli stati nazionali, ma unificata sotto la NATO o altri organismi pan-europei: “Il fascismo nel dopoguerra era diverso da quello precedente al conflitto. Sebbene fosse frammentato in molte fazioni diverse, aveva due motivazioni molto profonde. Una era l'anticomunismo, l'elemento che aveva reso Borghese accettabile ai partiti istituzionali e ai servizi segreti del paese. Era in fondo favorevole alla NATO, così come lo era il resto di questa frangia del fascismo. L'altra era la convinzione che nel sistema del dopoguerra nessuna nazione europea potesse tener testa alle due superpotenze, e per questo l'Europa doveva diventare una terza forza. E cioè, l'Europa si sarebbe 'opposta agli imperialismi gemelli del comunismo internazionale e del capitalismo finanziario, ambedue visti come materialisti, sfruttatori, e deumanizzanti'. ... Così, fu anche da questa fazione che scaturirono molti atti terroristici della 'internazionale nera'.” [NOTA 15] Federico Umberto D'Amato, direttore dell'Ufficio Affari Riservati del ministero degli Interni, fu un altro elemento importante nella rete di Angleton. Consentì agli uomini di Borghese di introdursi nel ministero degli Interni per appropriarsi delle armi, quella notte dell'8 dicembre 1970. Nel 1986 Federico D'Amato disse che conosceva Ledeen “da molti anni”. Lo stesso disse Francesco Pazienza, che insieme a Ledeen ordì il famoso Billygate. E Ledeen fu iperattivo nel periodo in cui fu smantellata la struttura ufficiale della P2, tentando di acquisire gli schedari degli iscritti di e insabbiare le tracce che portavano a Kissinger e Haig. Anche nei vari processi e nelle inchieste sul rapimento e assassinio di Aldo Moro e sulla strage di Bologna, o sulla liquidazione di Roberto Calvi, il nome di Ledeen ricorre di frequente, come colui che era lì in qualche modo a dirigere il corso degli eventi. Il Supersismi fu la struttura segreta sovrimposta ai servizi militari dalla P2 di Licio Gelli. Dalle indagini sulla strage di Bologna risulta che gli insabbiamenti furono coordinati dalla P2, soprattutto con i suoi uomini nel SISMI. Gelli e Francesco Pazienza sono stati condannati per le loro responsabilità nella vicenda. Nella sentenza d'appello del 1994 si legge: "L'impressione... era che Pazienza fosse un 'agente d'influenza' americano, vale a dire che egli fosse stato inserito, per conto di ambienti americani, presso corrispondenti ambienti italiani. In proposito, si citano gli stretti legami dell'imputato con un personaggio come Michael Ledeen, sicura emanazione dell'amministrazione statunitense". Il complotto del Monte del Tempio
Questo complotto risale ai primi anni Ottanta. Allora l'EIR svolse le sue prime indagini che misero bene in luce tre personaggi nella “sala di regia”: Edoardo Recanati, allora impegnato ad acquistare terreni per ripopolare con ebrei fondamentalisti il settore palestinese di Gerusalemme, quello ad Est, Barbara Ledeen, nella veste di redattrice della rivista Biblical Archeology Review, la quale andava dicendo che l'idea di ricostruire il Tempio è tutta sua (“That's my baby!”), e il dott. Asher Kaufman della loggia londinese Quatuor Coronati, la cosiddetta “loggia di ricerca”. Un personaggio vicino a Edoardo Recanati ha confermato che in effetti lui appartiene all'omonima famiglia bancaria veneziana, “ma preferisce non parlarne”. (Qualche esponente di questa famiglia si rintraccia nei circoli massonici di Salonicco, quando questi erano dominati da Volpi e Parvus). Kaufman, un fisico, era stato inviato a Gerusalemme dal dott. T.E. Allibone, esponente al vertice dei Quatuor Coronati, luminare della Royal Society ed uno dei più affermati scienziati nucleari che per trent'anni ha diretto il supersegreto laboratorio militare di Aldermaston, con il titolo di “Lord of the Manor”. Non appena l'EIR pubblicò questi nomi, la Biblical Archeology Review licenziò in tronco Barbara Ledeen. Insieme al marito poi Barbara scrisse un articolo su New Republic per giustificare come mai lei fosse parte di quel complotto [nota 17]. La congiura riprese nuovamente vigore verso la metà degli anni Novanta, questa volta per opera di due personaggi: 1) Spencer Douglas David Compton, settimo marchese di Northampton e direttore ordinario della Gran Loggia Unita d'Inghilterra, loggia madre della massoneria mondiale, sotto il Gran Maestro che è il Duca di Kent, esponente della famiglia reale; 2) Il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo, al quale la loggia madre d'Inghilterra affidò il compito di ricompattare le strutture massoniche dopo lo sfascio della P2 in Italia. Di Bernardo, che qualche volta scambia quattro chiacchiere con Northampton in gondola a Venezia, scrisse a tale scopo il libro “Ricostruire il Tempio” pubblicato nel 1996, in cui afferma che “la ricostruzione del Tempio è al centro dei nostri studi”. I massoni di Di Bernardo hanno tenuto loro cerimonie nella Grotta del Re Salomone, adiacente al Monte del Tempio. [Nota 18]
Venezia e i neocons
A proposito dei metodi veneziani, Ledeen è d'accordo con la Bozeman. Ci fu uno scandalo, nel 1986, quando William Phillips scelse Ledeen affinché stilasse per la Partisan Review un articolo, una sorta di manifesto, intitolato “il significato degli interessi nazionali”. Persino i comunisti riciclatisi all'estrema destra, che affollavano quella rivista, trovarono disgustosa l'idea di Ledeen secondo cui la democrazia appartiene al passato e che occorre “infrangere la legge, di tanto in tanto”, e la legge da cambiare è quella che “proibisce ai funzionari americani di lavorare con gli assassini”, e “gli ordini esecutivi che dal 1975 proibiscono ai funzionari di governo di effettuare, ordinare, incoraggiare o facilitare l'assassinio”. Ledeen scriveva che su queste questioni non ci si poteva affidare al Congresso, perché la trasparenza finisce per inibire “quei pochi che cercano di avvantaggiare gli interessi nazionali degli Stati Uniti”. In tal modo Ledeen precorse il più recente tentativo della banda di Cheney di ricattare il sen. John McCain affinché si esentasse la CIA dall'obbligo di rispettare l'emendamento che porta il suo nome, che è stato approvato dopo le rivelazioni su Guantanamo e Abu Ghraib, che proibisce il ricorso alla tortura. Ledeen scrisse: “Non si può gestire la politica estera quando ci sono più di 500 segretari di stato”. L'argomento fu già ridicolizzato nel 1831 da un grande americano, Fenimore Cooper, che in un suo romanzetto, “Il bravo”, descrisse il processo della concentrazione dei poteri nella Serenissima, dal Gran Consiglio, al Consiglio dei Dieci, ai tre Inquisitori di Stato. Il 10 ottobre 2001, ad un mese dal disastro delle torri gemelle, Ledeen pubblicò sulla “National Review online” una tirata contro il buonismo americano, la naturale predisposizione a credere nell'uguaglianza e nella laboriosità, che la pace sia lo stato naturale della cose, da cui consegue una predisposizione positiva e a badare tranquillamente ai propri affari. Questo, si rammaricò Ledeen, significa che gli USA non sono mai pronti a combattere e vanno in guerra solo se sono provocati in maniera gravissima. Come abbiamo visto, c'è né abbastanza per sospettare che Ledeen consideri l'allestimento delle provocazioni sconvolgenti, per tirare gli USA in guerra per i capelli, il suo scopo di vita. Articolo tratto da un servizio di Jeff Steinberg, Allen e Rachel Douglas. EIR, n. 43, 4 novembre 2005. Alcune citazioni che in origine erano in italiano, sono state qui ritradotte dall'inglese.
NOTE:
2. Michael Arthur Ledeen, «Universal Fascism» (New York: Howard Fertig, 1972). 3. Cheney rilancia la folle “guerra permanente” di Parvus https://archive.movisol.org/parvus.htm 4. Adda Bozeman, “Political Warfare in Totalitarian and Traditional Societies: A Comparison,'' in Uri Ra'anan, et al., «Hydra of Carnage: International Linkages of Terrorism» (Lexington Books, 1986). 5. Montanelli: un Cilindro col doppiofondo. Le smanie golpiste di Cini, Clare Boothe Luce e “il lacchè”. https://archive.movisol.org/ccf.htm 6. Renzo De Felice e Michael Arthur Ledeen, «Fascism: An Informal Introduction to Its Theory and Practice» (New Brunswick, N.J.: Transaction Books, 1976). 7. In «Note e ricerche sugli illuminati e il misticismo rivoluzionario (1789-1800)» Roma - 1960, 10. Le prove circostanziali sono elaborate in un voluminoso rapporto non pubblicato degli autori: Allen e Rachel Douglas, «The Roots of the Trust» (EIR: 1987). Un libro ivi citato al proposito è «Giuseppe Volpi: Industria e finanza tra Giolitti e Mussolini» di Sergio Romano, p. 20. 11. M. Edith Durham, «The Sarajevo Crime» (London: George Allen & Unwin, Ltd.: 1925). 12. Gastone Ventura, «Tutti gli uomini del martinismo» (Edizioni Atenor, 1978). 13. «L'Utopia di un mondo libero dal “rischio nucleare”», nel “Dossier CCF” pubblicato da Solidarietà, dicembre 2004 14. Claudio Celani, “Strategy of Tension: The Case of Italy,'' in «The Synarchist Resurgence Behind the Madrid Train Bombing of March 11, 2004» (Pubblicato nel fascicolo elettorale «LaRouche in 2004: giugno2004»). 15. Jack Greene and Alessandro Massignani, «The Black Price and The Sea Devils: The Story of Valerio Borghese and the Elite Units of the Decima Mas» (Cambridge, Mass.: Da Capo Press: 2004). 16. «Project Democracy: The 'Parallel Government' Behind The Iran-Contra Affair» («EIR» Special Report: April 1987). 17. Barbara and Michael Ledeen, “What Do Christian and Jewish Fundamentalists Have in Common? The Temple Mount plot,'' «The New Republic», June 18, 1984. 18. «Who Is Sparking a Religious War In the Middle East?» (EIR Special Report: December 2000). |