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Pandora TV News
20.11.17
Nuova guerra
in vista
In Medio Oriente |
debka.com - 20 Nov 2017 - Saad Hariri, who resigned as Lebanese prime minister in Riyadh two weeks ago, has announced a visit to Cairo on Tuesday and is scheduled to meet with Egyptian President Abdel Fattah El-Sisi. On his arrival in Paris from Riyadh Saturday, Hariri said he would return to Beirut “in the next few days” to take part in his country’s independence celebrations which take place on Wednesday. That trip is still to be confirmed. DEBKAfile’s exclusive on the background of the Hariri crisis.
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Hariri atterra in Francia,
mercoledì a Beirut
di Roberto Prinzi
Dopo il prolungato (e misterioso) soggiorno in Arabia Saudita, il premier dimissionario libanese è atterrato stamane a Parigi dove incontrerà il presidente francese Macron. Tornerà a Beirut per il Giorno dell’Indipendenza. |
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I sauditi progettano di abbandonare la Palestina in cambio di una guerra all’Iran
I tiranni dell’Arabia Saudita progettano di vendere la Palestina. Questo sembra loro l’unico modo per ottenere il sostegno dagli Stati Uniti per la loro fanatica campagna contro il nemico iraniano. |
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L'erede al trono arresta tutti
di Luigi Guelpa
Il giovane reggente filo-occidentale ordina le manette per 11 principi e 4 ministri. Ma ha un obiettivo segreto
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La forza del Qatar
nella crisi del Golfo
di Fares al-Khattab
Della crisi del Golfo, che vede coinvolti il Qatar e le sue “sorelle”, nessuno dubita che le rivendicazioni e le richieste degli Stati del boicottaggio facciano in realtà parte di un progetto molto più ampio, il cui fine è il cambiamento politico del Paese e l’allontanamento dal potere del suo emiro, lo Sheikh Tamim Bin Hammad al-Thani, a causa di una opposizione interna (e fabbricata). |
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Affluenza alta alle urne,
soldati al confine
Secondo i risultati provvisori, il “Sì” è al 93%. Baghdad: “Non dialogheremo con i curdi”. Il parlamento iracheno vota per il dispiegamento di soldati vicino alle aree controllate dal Krg dal 2003. Ankara minaccia l’invasione del nord dell’Iraq |
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Se Erbil verrà isolata l’indipendenza morirà
di Chiara Cruciati
Intervista a Kamal Chomani, analista al Tahrir Institute: «Non ci saranno invasioni. Il Kurdistan vive degli scambi con i paesi vicini: se Turchia e Iran chiudono i confini, il referendum collassa». E Baghdad dà tre giorni a Barzani per cedere gli aeroporti |
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Riyadh apre la frontiera col Qatar per lasciar entrare i pellegrini dell'hajj
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Emerge una nuova alleanza
nel Medio Oriente allargato
di Thierry Meyssan
Traduzione di Matzu Yagi
A poco a poco, la politica estera del Presidente Trump sta prendendo forma. Per quanto riguarda il Medio Oriente allargato, egli è giunto, con l’aiuto del suo consulente per la sicurezza nazionale, il generale H.R. McMaster, e il suo direttore della CIA, Mike Pompeo, a porre fine ai programmi segreti che offrono aiuto ai jihadisti.
Fratelli in armi contro i jihadisti.
Foto: in alto da destra a sinistra –
Il presidente siriano Bashar al-Assad
il Segretario generale di Hezbollah
Sayyed Hassan Nasrallah,
il generale Mohammed Ali Jafari, comandante in capo dei Guardiani della Rivoluzione iraniana, il presidente libanese Michel Aoun, il primo ministro iraqeno Haider al-Abadi. |
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Venti di guerra soffiano
al confine tra Libano e Israele
di Michele Giorgio
Lo scenario più probabile di un nuovo conflitto nella regione è tra Hezbollah e Stato ebraico. I “lavori di manutenzione” della barriera di confine con il Libano che Israele avvierà tra qualche giorno rischiano di innescare il secondo round della guerra combattuta nel 2006 |
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Il teorema saudita
per colpire l’Iran
Ora l’ultima frontiera della guerra interna al mondo islamico passa all’improvviso attraverso il Libano. Il teorema del regime di Riad, in netto svantaggio nella partita siriana, appare semplice: colpire Hezbollah significa indebolire l’Iran degli Ayatollah. O meglio, non potendo affrontare il nemico frontalmente lo si colpisce alle spalle |
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Si può distruggere il Califfato.
Non la Jihad, perché è un’epidemia,
ideologica, sociale, esistenziale
di Massimo Fini
Nonostante la furiosa e disperata resistenza degli uomini di Al Baghdadi, Mosul e Raqqa, le roccaforti di quello che ai suoi esordi si chiamava ‘Stato Islamico dell’Iraq e del Levante’, definizione che avrebbe già dovuto mettere in allarme, stanno per capitolare e il Califfato per essere spazzato via dalla faccia della terra. Ma con esso non sparirà la Jihad. Perché la Jihad è un’epidemia, ideologica, sociale, esistenziale, che finora, oltre che in Iraq e in Siria, si è manifestata, sia pur in forme non omogenee, in Libia, in Egitto, in Tunisia, in Algeria, in Marocco, in Somalia, in Mali, nelle Filippine, in Bangladesh, in Pakistan (l’Afghanistan fa storia a sé) e potrebbe contagiare anche gli occidentali propriamente detti (non solo i figli degli immigrati che vivono in Europa e i figli dello ‘ius soli’). |
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Darwin sparisce dalle scuole turche,
Tahrir da quelle egiziane
Ankara annuncia la rimozione della teoria dell’evoluzione dalle scuole elementari, Il Cairo cancella le mobilitazioni popolari da quelle superiori. Per le classi scolastiche passa l’imposizione di una narrativa di Stato
Aggiustamenti in Medio Oriente
di Thierry Meyssan
Mentre gli Stati del Medio Oriente allargato si dividono tra sostenitori e oppositori del clericalismo, Washington, Mosca e Pechino negoziano un nuovo accordo. Thierry Meyssan valuta l'impatto di questo terremoto sui conflitti palestinese, iracheno-siriano e yemenita. |
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Bombe egiziane
filo-Haftar su Derna
di Chiara Cruciati
L’Egitto non arretra: da venerdì, quando un commando islamista ha ucciso 29 copti vicino alla città egiziana di El-Minya, Il Cairo ha bombardato per tre volte Derna, città libica controllata in parte dagli islamisti del Consiglio della Shura dei mujahideen e in parte dal rivale esercito del generale Haftar.
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lantidiplomatico.it - 22725/05/2017 - Il Financial Times ci informa che la Nato entrerà formalmente nella coalizione contro l’Isis per combattere il terrorismo, attivando l’art.5 del trattato del Nord Atlantico. La credibilità della lotta al terrorismo “doppiamente” guidata dagli Usa (Nato e coalizione anti-Isis) si infrange tuttavia contro la drammatica realtà di alcuni “fatti testardi”: oggi la stretta alleanza tra Washington e Ryad, i cui fiumi di petrodollari alimentano la diffusione dell’estremismo di matrice islamica; ieri quell’intervento della Nato in Jugoslavia (estendendo il raggio d’azione in violazione proprio dell’art. 5) la cui conseguenza - ci ha ricordato il New York Times in un’inchiesta del maggio 2016 - è stata quella di ridurre il Kosovo, attraverso il sostegno all'Uck, nel “principale centro di reclutamento in Europa per l’Isis, e in generale per l’islam radicale, promosso dai finanziamenti inviati dall’Arabia Saudita”. Diego Bertozzi
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lantidiplomatico.it/ - 22/05/2017 - Che cosa c'è dietro il discorso di Trump a Riad? Il terrorismo e l'Isis sono una scusa. Americani, inglesi e giordani puntano a tagliare il corridoio iraniano con l'Iraq e la Siria. Spinti da Israele e dai sauditi, gli Usa per giocare la partita siriana intendono bloccare i rifornimenti iraniani a Damasco e Hezbollah. Questa è la "guerra dei corridoi" che verrà. Ecco perché gli israeliani cercano di far passare il messaggio che il problema non è l'Isis ma Iran e Hezbollah, messaggio trasmesso anche dai sauditi che pagano profumatamente anche per questo. Il resto è retorica. Alberto Negri
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Cairo, dalla conferenza di al-Azhar il tentativo di uscire dal binomio islam e violenza
di Fady Noun
L'incontro voluto con forza dal presidente egiziano al-Sisi per combattere l’ideologia dello Stato islamico. Vescovo copto-ortodosso di Tanta: Al terrorismo rispondiamo con la pace. Dietro le violenze il binomio fondamentalismo/relativismo. L’annoso problema della esegesi del Corano.
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bbc.com – 9 gen 2017 - Almeno otto persone sono state uccise a el-Arish nel nord del Sinai, in un attentato suicida contro una stazione di polizia. I rapporti dicono che l'attentatore ha speronato l'edificio con un camion pieno di esplosivo. I militanti poi hanno aperto il fuoco sulla stazione. Nessun gruppo si è ancora assunto la responsabilità per l'attacco, ma la zona è spesso presa di mira da islamisti che hanno legami con il cosiddetto gruppo dello Stato Islamico, i gruppi islamici sono accusati di aver effettuato oltre 400 attacchi nella regione del Nord del Sinai tra il 2012 e il 2015. Il gruppo jihadista Provincia del Sinai, gli insorti più attivi, giurarono fedeltà allo Stato Islamico nel novembre 2014. Il gruppo è stato inizialmente chiamato Ansar Beit al-Maqdis (sostenitori di Gerusalemme), ed è attivo nella penisola del Sinai dal 2011. Ha tra i 1.000 e i 1.500 membri attivi.
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