Fonte: Barbadillo http://www.ariannaeditrice.it/ 23/08/2017
Heidegger nella visione di Dugin di Luca Siniscalco
Martin Heidegger, pensatore par excellence della tradizione speculativa tedesca e, dunque, occidentale, interpretato da Alexander Dugin, massimo teorico contemporaneo dell’eurasiatismo, critico della Zivilisation – in senso spengleriano – dell’Occidente. Questo confronto cela in realtà una profonda affinità elettiva, nota ai lettori di Dugin e resasi evidente nel saggio Martin Heidegger. The Philosophy of Another Beginning. Il volume, di oltre 400 pagine, è d’altra parte la sola testimonianza tradotta dal russo di una ricerca speculativa che ha portato Dugin a dedicare al filosofo di Meßkirch svariate monografie. La prosa di Dugin ricostruisce efficacemente Heidegger. È una trattazione chiara e condivisibile, da cui spesso emerge la profonda ammirazione nutrita nei confronti di un filosofo che viene riconosciuto da Dugin non semplicemente come un “grande” della filosofia occidentale, ma precipuamente come «il più grande» (the greatest), tanto da occupare il ruolo di «ultimo profeta» (last prophet) e di autentica «figura escatologica» (eschatological figure). Il problema della traduzione russa di Heidegger: consapevole, secondo l’antico adagio, che tradurre è sempre tradire, Dugin dedica numerose riflessioni alle problematiche connesse alla traduzione della speculazione heideggeriana in lingua russa. L’importanza attribuita dallo stesso Heidegger alla filosofia del linguaggio e al ruolo filosofico dell’etimologia, nonché il suo tentativo di ripensare anche in termini linguistici la tradizione speculativa occidentale, impone a ogni interprete straniero una complessa operazione culturale di confronto con la propria stessa tradizione. Questo tema, ben noto agli studiosi italiani di Heidegger, è secondo Dugin particolarmente pregnante per i ricercatori russi, in quanto induce un’identità culturale specifica – ortodossa, profondamente spirituale e lontana dal razionalismo occidentale – a confrontarsi con un autore europeo che nella propria speculazione riassume e oltrepassa la propria stessa intera Kultur. Il retroterra linguistico comune, di tipo indoeuropeo, agevola il compito, e insieme stimola la filosofia contemporanea russa a riflettere. Metafisica del ritardo: “The Metaphysics of Delay” – con questa espressione Dugin definisce la prospettiva di Heidegger. Consapevoli che tale percorso, a partire dal Primo Inizio presocratico si muove in direzione di un Altro Inizio – quello che dà il titolo al saggio – permaniamo in una realtà temporale di attesa, in cui già si scorgono le luci del Deus Adveniens senza coglierne ancora la forma, o ravvisandone l’identità in figure destinate presto a svanire; è la fase in cui l’intensità temporale si condensa, preparando un’accelerazione che tuttavia, ancor oggi permane nella dimensione del “non ancora”. Tale prospettiva metafisica richiede un ripensamento delle strutture stesse tramite cui considerare l’uomo: «l’uomo dell’Inizio» (the man of the Beginning) sarà quello che, aprendosi alla chiamata dell’Essere, potrà corrispondere all’Evento in cui apparirà “l’ultimo Dio” (Der letze Gott), segnando la fine della metafisica dualista e l’oltrepassamento dello spengleriano tramonto dell’Occidente abitato dall’«uomo della Fine» (the man of the End). Giacché «l’uomo dell’Inizio» si confronta proprio con quell’“ultimo Dio”.
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