Il pacifismo di Einstein
Albert Einstein: il fisico definito dai suoi colleghi contemporanei il più grande di ogni tempo; l’uomo eletto dalla rivista Time a personaggio più rappresentativo in assoluto del XX secolo; il mito inossidabile che è diventato l’icona stessa della scienza. La sua vita è stata spesa inseguendo con lucidità e determinazione due grandi sogni. Il primo, scientifico: l’elaborazione di una teoria unitaria della fisica. L’altro, politico: la pace del mondo. Pietro Greco percorre e analizza in maniera brillante l’ Einstein politico, l’uomo che aveva come ideale quello della costruzione di un mondo senza violenza e in pace, perseguibile solo attraverso un governo unitario del pianeta. Il libro dimostra come il pacifismo del fisico tedesco non fosse ingenuo, come Einstein non fosse uno “scienziato che cammina sulle nuvole”. Al contrario, Einstein fu un politico consapevole, dallo sguardo lungo. Con una capacità di analisi delle mutevoli situazioni politiche sempre lucida. Il suo pensiero pacifista può essere diviso in quattro grandi fasi, durante le quali si adattò alla realtà politica contingente. Una prima fase, che va dall’ infanzia fino al 1914, in cui il futuro padre della fisica moderna dimostra di avere un avversione quasi istintiva per le armi e l’autoritarismo. Non ama affatto i soldatini e i giochi di guerra. Guarda, sì, le parate militari, ma con evidente disprezzo misto a pietà. Nell’ultimo anno di liceo conosce il professor Winteler, il quale contribuisce alla formazione della filosofia sociale di Einstein, invitandolo a considerarsi cittadino del mondo. Così, nella seconda fase, che termina con l’avvento del nazismo, il pacifismo di Einstein è quasi radicale, rifiuta in modo categorico l’uso della violenza. Celebre è il “Manifesto agli Europei” del 1913 scritto insieme al fisiologo Georg Friedrich Nicolai: proprio nel momento in cui il continente sta entrando nel più devastante conflitto mai conosciuto, due uomini di scienza a Berlino non solo scendono pubblicamente in campo contro la guerra, ma propongono addirittura l’unità politica ai governi che si stanno combattendo. Questa fase di “pacifismo estremo” si interrompe con l’ascesa al potere di Hitler. Einstein capisce che la minaccia nazista non può essere combattuta senza l’utilizzo delle armi, chiede la formazione di un governo mondiale che possa contrastare in modo netto e deciso la follia hitleriana. Infine, dopo il 1945, Einstein prosegue la sua battaglia: quando il pericolo nazista è cessato, bisogna combattere contro il proliferare e l’utilizzo delle armi atomiche, considerate dallo scienziato la nuova e più grave minaccia per l’umanità. Come sempre, con grande lungimiranza capisce che questa nuova battaglia può essere vinta solo stimolando l’opinione pubblica, perciò invita gli altri scienziati a uscire dalle loro “torri d’avorio” se vogliono salvare il mondo. Einstein è convinto che una popolazione meglio informata sarà una popolazione capace di agire. La lotta per il disarmo trova la sintesi nel manifesto Russell-Einstein. Un ammonimento per l’intera umanità. Una bandiera, e un programma, per l’intero movimento che nel mondo si batte per il disarmo e la pace. Purtroppo, però, Einstein non vedrà mai la pubblicazione del manifesto perché morirà il 18 Aprile del 1955. Ma oggi, a tanti anni di distanza, cosa è rimasto del movimento pacifista sostenuto da Einstein? Nell’ultima parte del libro, Pietro Greco analizza come il cosiddetto “effetto Gorbaciov” possa essere cun po’ considerato anche come “effetto Einstein”. L’ipotesi che il leader russo sia stato influenzato dalle parole del grande fisico non è per niente peregrina. Tuttavia oggi conviviamo ancora, dopo il superamento della guerra fredda, contemporaneamente con i due fantasmi contro cui si è battuto Albert Einstein: quello della guerra atomica e quello della guerra classica. Oggi più che mai occorre riavviare, conclude Greco, i vecchi progetti pacifisti di Einstein. |
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