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Originale: Truthout http://znetitaly.altervista.org/ 20 giugno 2016
Costruire visioni di pace perpetua di Noam Chomsky e CJ Polychroniou Traduzione di Maria Chiara Starace
CJ Polychroniou: Noam, il declino della democrazia come riflesso di apatia politica è evidente sia negli Stati Uniti che in Europa, e la spiegazione fornita nel suo libro Who Rules the World (Chi governa il mondo?) è che il fenomeno è collegato al fatto che la maggior parte delle persone in tutte le società occidentali sono “convinte che poche grandi imprese controllano la politica.” Questo è chiaramente vero, ma non è stato sempre così? Cioè, le persone hanno sempre saputo che la politica era nelle mani dell’élite, ma in passato questo non ha impedito loro di cercare di influenzare i risultati politici per mezzo delle elezioni e di altri mezzi. E così, quali fattori specifici potrebbero spiegare l’apatia nella nostra epoca?
Noam Chomsky: “Rassegnazione” potrebbe essere un termine migliore che “apatia,” e anche quello è esagerato. Fin dai primi anni ’80, i sondaggi negli Stati Uniti hanno dimostrato che la maggior parte delle persone pensa che il governo sia gestito da poche grosse aziende che si prendono cura di se stesse…Non conosco sondaggi precedenti o sondaggi in altri paesi, ma non sarebbe una sorpresa se i risultati fossero simili. La domanda importante è: le persone sono motivate a fare qualcosa in proposito? Dipende da molti fattori che fondamentalmente comprendono i mezzi che esse percepiscono essere disponibili. Duecentocinquanta anni fa, in una delle prime opere moderne di teoria politica, David Hume osservava che “il potere è nelle mani delle persone governate,” se soltanto scelgono di esercitarlo, e, sostanzialmente, è “ con l’opinione soltanto”, cioè con la dottrina e la propaganda, che viene loro impedito di esercitare il potere. Questo si può superare, e spesso è accaduto. Trentacinque anni fa, il politologo Walter Dean Burham, identificò come causa primaria dell’alto tasso di astensione alle elezioni negli Stati Uniti, “l’assenza totale di un partito di massa socialista o laburista come concorrente organizzato nel mercato elettorale”. Tradizionalmente, il movimento di lavoratori e i partiti basati sul sindacato hanno svolto un ruolo principale nell’offerta di modi per “influenzare i risultati politici” all’interno del sistema elettorale e nelle strade e nei negozi. Questa capacità è diminuita in maniera significativa sotto l’assalto neoliberale, che ha aumentato l’aspra guerra fatta contro i sindacati dalle classi imprenditoriali in tutto il periodo post-bellico. Nel 1978, prima dell’escalation dell’attacco di Reagan al sindacato, il presidente della United Auto Workers ( è il sindacato dei lavoratori dell’auto, n.d.t.), Doug Fraser, riconobbe che cosa stava accadendo – troppo tardi – e criticò i “leader della comunità imprenditoriale” per aver scelto di combattere una lotta di classe unilaterale in questo paese – una lotta contro la classe operaia, i disoccupati, le minoranze, i molto vecchi e i molto giovani e anche molti appartenenti alla classe media della nostra società,” e per avere “infranto e messo da parte il fragile, tacito accordo che esisteva in precedenza durante un periodo di crescita e di progresso.” La dirigenza del sindacato aveva posto la propria fiducia –in parte a suo proprio beneficio come burocrazia sindacale – in un accordo con proprietari e dirigenti durante la crescita post-bellica e il periodo di grossi profitti che sono terminati alla fine degli anni ’70. Per allora il potente attacco al sindacato aveva già avuto un costo importante, e da allora è diventato molto più radicale particolarmente fin dall’amministrazione Reagan estremamente contraria agli interessi dei lavoratori. Nel frattempo i Democratici hanno praticamente abbandonato la classe operaia. I partiti politici indipendenti sono stati molto marginali, e l’attivismo politico, mentre si diffondeva, spesso ha spinto ai margini i problemi di classe e ha offerto poco alla classe operaia bianca che sta ora scivolando nelle mani del suo nemico di classe. In Europa, la democrazia funzionante è costantemente calata dato che le importanti decisioni politiche sono trasferite alla burocrazia di Bruxelles dell’UE, che opera all’ombra delle banche del Nord. Ci sono, però, molte reazioni popolari, alcune auto- distruttive, ( che danno il vantaggio al nemico di classe) e altre molto promettenti e produttive, come vediamo nelle attuali campagne politiche negli Stati Uniti e in Europa.
Nel suo libro si riferisce alle “invisibili mani del potere.” Qual è l’esatto significato di questo, e a quali situazioni e circostanze può essere applicato allo scopo di comprenderne gli sviluppi politici interni e globali? Stavo usando quella frase per riferirmi alle dottrine guida della formazione politica, talvolta espresse chiaramente nelle tracce documentarie, talvolta facilmente distinguibili negli eventi in corso. Ce ne sono molti esempi nelle faccende internazionali e nazionali. Talvolta le nubi vengono sollevate da rivelazioni di alto livello o da significativi avvenimenti storici. La vera natura della Guerra Fredda, per esempio, è stata notevolmente messa in luce quando crollò l’Unione Sovietica e non fu più possibile proclamare semplicemente: i russi stanno arrivando. Questo fornì un test interessante dei reali motivi della formazione politica, nascosti dai pretesti della Guerra Fredda che improvvisamente non ci furono più. Apprendiamo dai documenti dell’ amministrazione di Bush I, per esempio, che si devono mantenere le forze di intervento mirate al Medio Oriente dove le serie minacce ai nostri interessi “non si potrebbero deporre alla porta del Cremlino,” al contrari a un lungo inganno. I problemi seri, invece, si rifanno al “nazionalismo radicale”, termine usato regolarmente per il nazionalismo indipendente che è sotto controllo. Questo è realmente un tema importante della Guerra Fredda, mascherato da atteggiamento a favore del Grande Nemico. Anche il destino della NATO è rivelatore. E’ stato costruito e mantenuto come presunta difesa conto le orde russe. Nel 1991, non c’erano più orde russe, né il Patto di Varsavia, e Mikhail Gorbaciov stava proponendo un vasto sistema di sicurezza senza alcun patto militare. Che cosa è successo alla NATO? Si è estesa verso est, violando gli impegni con Gorbaciov presi dal Presidente Bush I e dal Segretario di Stato James Baker che sembra siano stati consapevolmente destinati a ingannarlo e ad ottenere il suo consenso a una Germania unificata, all’interno della NATO, come una recente ricerca di archivio indica in maniera persuasiva. Spostiamoci in un altro ambito; il capitalismo del libero mercato, glorificato nella dottrina, è stato illustrato da uno studio condotto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) sulle maggiori banche, il quale ha dimostrato che i profitti di queste derivavano per lo più da un’implicita politica di assicurazione per il contribuente. Gli esempi abbondano e sono molto istruttivi.
Dalla fine della Seconda guerra mondiale, il capitalismo in tutto l’Occidente – e di fatto in tutto il globo – è riuscito a mantenere e ad espandere il suo dominio non semplicemente con mezzi politici e psicologici, ma anche con l’uso dell’apparato repressivo dello stato, compresi i militari. Può parlarci un poco di questo, in collegamento con il tema di “chi governa il mondo”? Il “mailed fist” [la minaccia di forza armata o dispotica] non manca neanche all’interno delle società più libere. Negli Stati Uniti del dopo-guerra, l’esempio più straordinario il COINTELPRO, (COunter INTELligence PROgram) un programma gestito dalla polizia politica nazionale (FBI) per sradicare il dissenso e l’attivismo di vasta portata, arrivando fino all’assassinio politico [l’organizzatore delle Pantere Nere, Fred Hampton]. La massiccia carcerazione delle popolazioni [ritenute] sospette, per trarne profitto (in gran parte afro-americani, per ovvie ragioni storiche) è un ulteriore mezzo. All’estero la minaccia viene costantemente esercitata, direttamente o attraverso dei clienti. Le guerre in Indocina sono il caso più estremo, il peggior crimine del 20°secolo, criticato comunemente come un errore madornale, come anche l’invasione dell’Iraq, il crimine peggiore del nuovo secolo. Un esempio molto significativo del dopoguerra è la piaga della repressione violenta che si diffuse in tutta l’America Latina, dopo che JFK aveva effettivamente spostato la missione delle forze armate latino-americane dalla “difesa dell’emisfero” alla “sicurezza interna,” un eufemismo usato al posto di: guerra contro la popolazione. Ci sono stato effetti terribili in tutto l’emisfero, che hanno raggiunto l’America Centrale con le guerre sanguinarie di Reagan che per lo più facevano assegnamento sulle forze terroriste degli stati clienti.
Anche se sono ancora la potenza predominante del mondo, non c’è dubbio che gli Stati Uniti siano in declino. Quali ne sono le cause e le conseguenze? Gli Stati Uniti hanno raggiunto l’apice, a un livello storico senza precedenti, alla fine della II Guerra mondiale, che però non si poteva verosimilmente mantenere. Cominciò a venire eroso molto presto, con quella che, curiosamente, si chiama “la perdita della Cina” [la trasformazione della Cina in nazione comunista nel 1949). Il processo continuò con la ricostruzione delle società industriali dopo la devastazione e le decolonizzazione del tempo di guerra. Un riflesso del declino, è il cambiamento di atteggiamenti verso l’ONU. Era stato molto ammirato quando era poco più che uno strumento del potere americano nei primi anni del dopoguerra, ma arrivò sempre più sotto attacco come “anti-americano” quando andò fuori controllo – così tanto che gli Stati Uniti hanno detenuto il record dei veti dopo il 1970, quando si unirono alla Gran Bretagna a sostegno del regime razzista della Rhodesia meridionale. Allora l’economia globale era oramai tripartita: Europa con la base in Germania, Asia Orientale con la base in Giappone, e gli Stati con la base in Nord America. Riguardo alla dimensione militare, gli Stati Uniti sono rimasti supremi. Ci sono molte conseguenze. Una è il ricorso alle “coalizioni dei volenterosi” quando l’opinione pubblica internazionale si oppone in stragrande maggioranza al ricorso degli Stati alla violenza anche tra gli alleati, come nel caso dell’invasione dell’Iraq. Un altro sono “i colpi di stato morbidi”, come accade proprio adesso in Brasile, invece che l’appoggio agli Stati di Sicurezza Nazionali neonazisti, come accadeva in un passato non lontano.
Se gli Stati Uniti sono ancora la prima superpotenza del mondo, quale paese o entità lei considera come seconda superpotenza? Si parla molto della Cina come superpotenza emergente che, secondo molti analisti, è in procinto di superare gli Stati Uniti. Non c’è dubbio circa l’importanza emergente sulla scena mondiale della Cina che sta già sorpassando gli Stati Uniti in campo economico di alcune misure (anche se molto più basso l’incremento pro capita).In campo militare la Cina è di gran lunga più debole; gli scontri avvengono nelle acque costiere vicino alla Cina, non nei Caraibi o al largo della costa della California. La Cina però deve affrontare problemi interni molto seri: repressione dei lavoratori e delle proteste, gravi minacce ecologiche, declino demografico della forza lavoro, e altri. E l’economia, mentre è in rapida crescita, dipende ancora molto dalle economie industriali più avanzate alla sua periferia e a Occidente, anche se questo sta cambiando, e in molti ambiti di alta tecnologia, come la progettazione e lo sviluppo dei pannelli solari, la Cina sembra essere al primo posto nel mondo. Dato che la Cina a est è limitata dal mare sta trovando un compenso estendendosi a ovest, ricostruendo qualcosa di simile alle antiche vie della seta in un sistema euroasiatico in gran parte sotto l’influenza cinese, e che presto raggiungerà l’Europa.
Lei ha sostenuto per lungo tempo che le armi nucleari pongono una delle maggiori minacce per l’umanità. Perché le maggiori potenze sono così riluttanti ad abolire le armi nucleari? Proprio l’esistenza di queste armi non pone una minaccia all’esistenza degli stessi “padroni dell’universo”? E’ piuttosto notevole vedere quanto poco interesse dimostrano i massimi programmatori per le prospettive della loro stessa distruzione – non è una novità negli eventi del mondo – (coloro che hanno iniziato delle guerre, spesso hanno finito con l’esserne devastati) ma ora su una scala enormemente diversa. Lo abbiamo visto fin dai primi giorni dell’era atomica. All’inizio gli Stati Uniti erano praticamente invulnerabili, sebbene all’orizzonte ci fosse una grave minaccia: gli ICBM (i missili balistici intercontinentali] sui quali poteva essere installate una bomba all’idrogeno. Ricerche di archivio hanno ora confermato ciò che è stato presunto in precedenza: non c’era nessun piano, neanche l’idea di raggiungere un accordo basato su un trattato che avrebbe proibito quelle armi, anche se c’è una buon motivo di credere che avrebbe potuto essere fattibile. Gli stessi atteggiamenti prevalgono proprio ora, quando il vasto aumento di forze armate proprio nella tradizionale strada delle invasioni in Russia, sta ponendo una seria minaccia di guerra nucleare. I pianificatori spiegano molto lucidamente perché è così importante mantenere queste armi. Una delle spiegazioni più chiare c’è in un documento dell’epoca di Clinton, parzialmente desegretato, diffuso dal Commando strategico (STRATCOM) che è responsabile della politica e dell’uso delle armi nucleari. Il documento si chiama: Elementi essenziali della deterrenza del dopo-Guerra Fredda; il termine “deterrenza,” come “difesa,” è un vocabolo di uso comune tipico di George Orwell che si riferisce alla coercizione e all’attacco. Il documento spiega che “le armi nucleari gettano sempre un’ombra su qualsiasi crisi o conflitto,” e devono perciò essere disponibili. Se l’avversario sa che le abbiamo e che potremmo usarle, può ritirarsi – una normale caratteristica della diplomazia di Kissinger. In questo senso, le armi nucleari vengono usate costantemente, una cosa che Dan Ellsberg ha sempre considerato importante, proprio come quando si usa una pistola quando rubiamo in un negozio, ma non spariamo davvero. Una sezione del rapporto è intitolata: “Mantenere l’ambiguità.” Consiglia che i pianificatori non dovrebbero essere troppo razionali nel determinare… che cosa valuta di più l’oppositore,” che deve essere preso di mira. “Che gli Stati Uniti possano diventare irrazionali e vendicativi se i loro interessi vitali vengono attaccati, dovrebbe essere parte della immagine pubblica nazionale che progettiamo,” [il rapporto aggiunge che è “vantaggioso” per la nostra posizione strategica se “alcuni elementi possono apparire ‘fuori controllo’.” La teoria del pazzo di Nixon, https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_pazzo, tranne il fatto che questa volta viene chiaramente espressa in un documento di pianificazione interna, non è soltanto un ricordo raccontato da un consigliere (Haldeman, nel caso di Nixon). Come altri primi documenti del dopo-guerra fredda, questo è stato praticamente ignorato. (Vi ho fatto riferimento molte volte, senza ottenerne alcuna attenzione, di cui sia a conoscenza). Il fatto che sia stato ignorato è piuttosto interessante. La semplice logica è sufficiente a dimostrare che la principale fonte documentaria dopo che la presunta minaccia russa era sparita, sarebbe molto illuminante riguardo a che cosa stava realmente accadendo prima.
L’amministrazione Obama ha cominciato a fare delle aperture verso Cuba. Prevede una fine dell’embargo in tempi brevi? Per lungo tempo tutto il mondo è stato contrario all’embargo, come rivela l’Assemblea Generale dell’ONU. Al momento gli Stati Uniti sono appoggiati soltanto da Israele. Prima potevano contare su un’isola del Pacifico o su qualche altra dipendenza. Naturalmente l’America Latina era del tutto contraria. Fatto più interessante, settori importanti del capitale statunitense sono stati a lungo a favore della normalizzazione delle relazioni, dato che l’opinione pubblica era: settore agroalimentare, prodotti farmaceutici, energia, turismo e altri. E’ normale che l’opinione pubblica venga ignorata, ma rifiutare potenti concentrazioni del mondo degli affari, ci dice che sono coinvolte “ragioni di stato” davvero significative. Abbiamo una buona percezione dalla documentazione interna su quali siano questi interessi. Dagli anni di Kennedy fino a oggi c’è stata indignazione per “la riuscita ribellione di Cuba” per le politiche statunitensi che risalgono alla Dottrina di Monroe, che segnalava l’intenzione di controllare l’emisfero. L’obiettivo non era realizzabile a causa della sua relativa debolezza, proprio come il deterrente britannico ha impedito agli Stati Uniti di ottenere il loro primo obiettivo di “politica estera”, la conquista di Cuba negli anni ’20 del 1800 (qui il termine “politica estera” è usato nel senso convenzionale che aderisce a quello che lo storico dell’imperialismo, Bernard Potter, chiama “l’inganno dell’acqua salata”: la conquista diventa imperiale soltanto quando attraversa l’acqua salata, e quindi la distruzione delle nazioni indiane e la conquista di metà del Messico non sono state “imperialismo”). Gli Stati Uniti hanno raggiunto il loro obiettivo nel 1898, intervenendo per impedire la liberazione di Cuba da parte della Spagna e trasformandola in una colonia effettiva. Washington non si è mai riconciliato con l’intollerabile arroganza di Cuba di ottenere l’indipendenza nel 1959, anche se parziale, dato che gli Stati Uniti si rifiutarono di restituire la preziosa regione della Baia di Guantanamo, presa da “Trattato” con le armi nel 1903 e non restituita, malgrado le richieste del governo di Cuba. Accidentalmente, si potrebbe ricordare che le violazioni di gran lunga peggiori commesse a Cuba, avvengono in questo territorio rubato che gli Stati Uniti possono rivendicare molto più debolmente di quanto possa fare la Russia con la Crimea, presa anche questa con la forza. Per tornare alla domanda, è difficile prevedere se gli Stati Uniti saranno d’accordo a porre fine all’embargo, a meno di qualche genere di capitolazione di Cuba davanti alle richieste americane che risalgono a quasi 200 anni fa.
Come considera e valuta il significato e l’impatto storico della rivoluzione cubana nelle faccende mondiali e verso la realizzazione del socialismo? L’impatto sulle faccende mondiali è stato straordinario. Da una parte, Cuba svolse un ruolo molto significativo nella liberazione dell’Africa Occidentale e Meridionale. Le sue truppe respinsero l’invasione dell’Angola a opera del Sudafrica appoggiato dagli Stati Uniti e costrinsero il Sudafrica ad abbandonare il suo tentativo di stabilire un sistema di sostegno regionale e di rinunciare alla sua “presa” illegale sulla Namibia. Il fatto che le truppe cubane di colore avessero sconfitto i sudafricani ebbe un enorme impatto psicologico sia sull’Africa bianca che sull’Africa Nera. E’ stata una straordinaria esercitazione di internazionalismo impegnato, intrapreso con grande rischio dalla superpotenza regnante che era l’ultima sostenitrice dell’apartheid sudafricana e del tutto altruista. Non dobbiamo meravigliarci molto che quando Nelson Mandela fu rilasciato dalla prigione, uno dei suoi primi atti fu quello di dichiarare: “Durante tutti gli anni trascorsi in prigione, Cuba per me è stata un’ispirazione e Fidel Castro una torre di forza…Le vittorie cubane hanno distrutto il mito dell’invincibilità dell’oppressore bianco e hanno ispirato le masse combattenti del Sudafrica…un punto di svolta per la liberazione del nostro continente – e della mia gente – dal flagello dell’apartheid… Quale altro paese può indicare una testimonianza di maggior altruismo di quello che Cuba ha mostrato nei sui rapporti con l’Africa? Anche l’assistenza medica cubana nelle zone povere e sofferenti è piuttosto unica. A livello interno, ci sono stati successi molto significativi, e tra questi la semplice sopravvivenza nonostante gli sforzi degli Stati Uniti di portare “i terrori della terra” a Cuba (l’espressione dello storico Arthur Schlesinger, scritta nella biografia di Robert Kennedy che aveva designato per sé questo compito come la sua più alta priorità) e il feroce embargo. Le campagne di alfabetizzazione hanno avuto grande successo e il sistema sanitario è giustamente rinomato. Ci sono gravi violazioni dei diritti umani e restrizioni di libertà politiche e personali. Si può discutere su quanto si può attribuire all’attacco esterno e quanto alle scelte politiche indipendenti, ma per gli americani condannare le violazioni senza il pieno riconoscimento della loro propria enorme responsabilità, dà un nuovo significato all’ipocrisia.
Gli Stati Uniti restano i massimi sostenitori del terrorismo nel mondo? Una recensione di vari libri recenti sulla campagna globale di Obama di uccisioni con i droni, apparsa sull’American Journal of International Law (Rivista americana di legge internazionale – American Journal of International Law) conclude che c’è un motivo persuasivo che questa campagna è “illegale”: “gli attacchi americani con i droni generalmente violano la legge internazionale, peggiorano il problema del terrorismo, e trasgrediscono i principi morali fondamentali: penso che sia una valutazione assennata. I dettagli della fredda e calcolata macchina omicida presidenziale sono terribili, come lo è anche il tentativo di giustificazione legale come la posizione del Dipartimento di Giustizia di Obama sulla “presunzione di innocenza,” una pietra miliare della legge moderna risalente alla Magna Carta di 800 anni fa. La posizione è stata spiegata sul New York Times: “Mister Obama ha accettato un metodo contestato per contare le perdite di civili che è servito a poco per bloccarlo. In effetti con tale metodo si contano come combattenti tutti i maschi che hanno l’età per fare il servizio militare in una zona dove si fanno attacchi, secondo i funzionari dell’amministrazione, a meno che non ci siano esplicite informazioni segrete postume, che dimostrano la loro innocenza – dopo l’assassinio. In vaste aree tribali del Pakistan e dello Yemen e altrove, le popolazioni sono traumatizzate dalla paura di uccisioni improvvise dal cielo in ogni momento. L’illustre antropologo Akbar Ahmed che ha una lunga esperienza personale di società tribali in tutto il mondo, che sono sotto attacco, riferisce energicamente in che modo questi attacchi sanguinari provocano la determinazione di vendicarsi – cosa che non sorprende molto. Come reagiremmo? Queste campagne, da sole, credo che assicurino il trofeo agli Stati Uniti.
Storicamente, con il capitalismo, depredare i poveri e saccheggiare le risorse delle nazioni deboli è stato l’ hobby preferito sia dei ricchi che degli stati imperialisti. In passato il saccheggio veniva fatto per lo più tramite mezzi di sfruttamento totalmente fisico e con le conquiste militari. Come sono cambiati i mezzi di sfruttamento con il capitalismo finanziario? Il Segretario di Stato Foster Dulles, una volta si lamentò con il presidente Eisenhower che i comunisti hanno un vantaggio ingiusto. Possono “appellarsi direttamente alle masse” e “avere il controllo dei movimenti di massa, cosa che noi non abbiamo la capacità di ricreare. I poveri sono coloro a cui si rivolgono e hanno sempre voluto depredare i ricchi.” Non è facile vendere il principio che i ricchi hanno diritto di depredare i poveri. E’ vero che i mezzi sono cambiati. “Gli accordi internazionali di libero scambio” (FTA – Free Trade Agreement) ne sono un esempio valido, compresi quelli che si stanno negoziando ora – per lo più di nascosto dalle popolazioni, ma non dagli avvocati delle grosse aziende e dai lobbisti che stanno scrivendo i dettagli. Gli FTA rifiutano il “libero scambio”: sono molto protezionisti e hanno onerosi ed evidenti regolamenti per garantire profitti esuberanti per l’industria farmaceutica, per i conglomerati dei media e per altri, e anche protezione per professionisti facoltosi, diversi dai lavoratori che sono posti in competizione in tutto il mondo, con ovvie conseguenze. Gli FTA in grande misura non riguardano neanche il commercio, ma, piuttosto, i diritti degli investitori, come i diritti delle grosse aziende (naturalmente non semplicemente persone di carne e sangue) di fare causa per azioni che possono ridurre i potenziali profitti degli investitori stranieri, come, per esempio, regolamentazioni per l’ambiente o la sanità e la sicurezza. Gran parte di ciò che si chiama “commercio” non merita quel termine; per esempio la produzione di componenti in Indiana, l’assemblaggio in Messico, la vendita in California, tutte fondamentalmente all’interno di un’economia di comando, una mega azienda. Il flusso di capitale è libero. Il flusso di lavoro è tutto tranne che violazione di quello che Adam Smith riconosceva essere un principio essenziale del libero mercato: libera circolazione di lavoro. E per completare tutto, gli FTA non sono neanche accordi, almeno se le persone sono considerate essere membri di società democratiche.
Questo vuol dire che ora viviamo in un’età post-imperialista? Mi sembra soltanto un problema di terminologia. Il dominio e la coercizione assumono molte svariate forme, mentre il mondo cambia.
In anni recenti abbiamo visto vari leader cosiddetti progressisti arrivare al potere attraverso le elezioni soltanto per poi tradire le promesse al popolo nel momento in cui hanno assunto la carica. Quali mezzi o meccanismi dovrebbero essere introdotti in sistemi veramente democratici per essere sicuri che i funzionari eletti non tradiscano la fiducia degli elettori? Per esempio, gli antiche ateniesi avevano ideato una cosa che si chiama “il diritto di revoca” , che nel 19° secolo divenne un elemento cruciale, anche se poco noto, nel progetto politico per un futuro sociale e politico di certi movimenti socialisti. Lei è favorevole a fa rivivere questi meccanismi in quanto componenti essenziali di democrazia reale e sostenibile? Penso che si possa perorare energicamente la causa per il diritto di revoca di un incarico a un politico, in qualche forma, rinforzato da capacità per un’indagine libera e indipendente per monitorare ciò che fanno i rappresentanti eletti. La grande conquista di Chelsea Manning, Julian Assange, Edward Snowden e altre “talpe” attuali è di servire e di far progredire questi fondamentali diritti dei cittadini. La reazione delle autorità statali è istruttiva. Come è ben noto, l’amministrazione Obama ha infranto tutti i record di punizione delle “talpe”. E’ anche notevole vedere come l’Europa sia impaurita. Lo abbiamo visto in maniera drammatica quando l’aereo del presidente boliviano Evo Morales volò in patria dopo una visita a Mosca, e le nazioni europee erano così terrorizzate da Washington, che non permisero all’aereo di attraversare il loro spazio aereo, nel caso che esso trasportasse Edward Snowden. Quando l’aereo atterrò in Austria fu perquisito dalla polizia, in violazione del protocollo diplomatico.
Potrebbe essere mai giustificato un atto di terrorismo contro i leader che hanno sfacciatamente tradito la fiducia degli elettori potrebbe essere mai giustificato? “Mai” alla è una parola forte. E’ difficile evocare circostanze realistiche. L’onere della prova per ogni tipo di ricorso alla violenza, dovrebbe essere molto pesante e questo caso sembrerebbe estremamente difficile da giustificare.
Dato che la natura umana è quella che è e che gli individui hanno differenti capacità, abilità, spinte e aspirazioni, una società veramente ugualitaria è fattibile e/o auspicabile? La natura umana comprende santi e peccatori e ognuno di noi ha tutte queste capacità. Non vedo affatto alcun conflitto tra una visione ugualitaria e una varietà umana. Forse si potrebbe sostenere che coloro che hanno maggiori abilità e talenti sono già ricompensati dalla capacità di esercitarli, e quindi meritano minore ricompensa esterna – anche se non lo sostengo. In quanto alla fattibilità di istituzioni e pratiche sociali più giuste e libere, non possiamo mai esserne sicuri in anticipo e possiamo soltanto cercare di spingere i limiti il più possibile, senza una chiara ragione che posso considerare che preveda il fallimento.
Secondo lei, che cosa costituirebbe una società decente, e quale forma di ordine mondiale sarebbe necessaria per eliminare completamente le questioni circa che governa il mondo? Possiamo costruire visioni di “pace perpetua”, facendo progredire il progetto di Kant, e di una società di individui liberi e creativi non soggetti a una gerarchia, alla dominazione, a regole e decisioni arbitrarie. Secondo me – rispettabili amici e compagni di lotta non sono d’accordo – non ne sappiamo abbastanza da poter dire esattamente i dettagli con grande sicurezza, e possiamo prevedere che sarà necessaria una notevole sperimentazione lungo il nostro percorso. Ci sono compiti immediati molto urgenti, non ultimo occuparci di problemi di vera e propria sopravvivenza di società umane organizzate, problemi che non si erano mai sollevati prima nella storia umana, ma che proprio adesso sono inevitabili. E ci sono molti altri compiti che richiedono un lavoro immediato e impegnato. E’ quindi ragionevole tenere a mente aspirazioni a più lungo termine come linee guida per scelte immediate, riconoscendo anche che tali linee non sono immutabili. Questo ci lascia molto lavoro da fare.
C.J Polychroniou è uno studioso di politica e di economia politica che insegnato e lavorato in università e centri di ricerca in Europa e negli Stati Uniti. I suoi principali interessi nel campo della ricerca sono: l’integrazione economica europea, la globalizzazione, l’economia politica degli Stati Uniti e la decostruzione del progetto politico-economico del neo-liberalismo. Collabora regolarmente con Truthout ed è anche membro del Truthout Public Intellectual Project. Ha pubblicato diversi libri e i suoi articoli sono apparsi su una serie di periodici, riviste, quotidiani e su famosi siti web di informazione. Molte delle sue pubblicazioni sino state tradotte in molte lingue straniere tra le quali: croato, francese, greco, italiano, portoghese, spagnolo e turco. Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/constructing-visions-of-perpetual-peace |
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