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From Wikipedia, the free encyclopedia Israel Shahak Nato a Himmelstaub Varsavia, 28 aprile 1933 morto a Gerusalemme 2 luglio 2001. E’ stato un sopravvissuto all'Olocausto di origine polacca e professore israeliano di chimica presso l'Università Ebraica di Gerusalemme, noto soprattutto come un liberale secolare, pensatore politico, scrittore e attivista per i diritti civili. Tra il 1970-1990, è stato presidente della Lega israeliana per i diritti umani e civili e fu un aperto critico del governo israeliano. Gli scritti di Shahak sul giudaismo sono stati una fonte di polemiche diffuse. Nato a Varsavia, in Polonia, Shahak era il figlio più giovane di un colto, religioso, filo-sionista, di famiglia ebraica Ashkenazi. Durante l'occupazione tedesca della Polonia, la sua famiglia è stata costretta nel ghetto di Varsavia. Suo fratello fuggì e si unì alla Royal Air Force. Sua madre ha pagato una famiglia cattolica povera di nasconderlo, ma quando il suo denaro finì è stato restituito. Nel 1943 lui e la sua famiglia furono inviati al campo di concentramento Poniatowa, nei pressi di Lublino, dove il padre è morto. Israel e la madre sono riusciti a fuggire e tornarono a Varsavia, ma entro l'anno, vennero entrambi inviati al campo di concentramento di Bergen-Belsen. Shahak fu liberato dal campo nel 1945, e poco dopo emigrò nella Palestina del Mandato britannico, dove ha voluto unirsi a un kibbutz, ma è stato respinto come troppo poco conforme. Dai 12 anni, Shahak ha curato e fornito sostegno economico alla madre che sopravvisse al campo nazista in pessime condizioni fisiche. Dopo un periodo di apprendimento in un collegio religioso a Kfar Hassidim, si trasferisce con la madre a Tel Aviv. Dopo il diploma di scuola superiore, Shahak ha servito nelle Forze di Difesa Israeliane (IDF) in un reggimento d'elite. Dopo il completamento del servizio militare, ha frequentato la Hebrew University dove ha conseguito il dottorato in chimica. Divenne assistente di Ernst David Bergmann, il presidente della commissione per l'energia atomica di Israele. Nel 1961, Shahak ha lasciato Israele per gli Stati Uniti, per studiare come studente post-dottorato presso l'Università di Stanford. Tornò due anni più tardi per diventare un insegnante popolare, politicamente attivo e anche ricercatore in chimica presso l'Università Ebraica. Ha pubblicato numerosi articoli scientifici, per lo più su composti organici del fluoro e ha contribuito alla ricerca sul cancro. E' rimasto alla Hebrew University fino al suo ritiro nel 1990, a causa delle preoccupazioni circa il suo diabete e il desiderio di seguire altri lavori. Nei suoi ultimi anni, Shahak ha vissuto nel quartiere Rehavia di Gerusalemme. Morì a Gerusalemme a 68 anni a causa di complicazioni da diabete e fu sepolto nel cimitero di Givat Shaul. Nelle sue memorie, il poeta palestinese Fouzi El-Asmar, un arabo israeliano, ha descritto Shahak come un individuo straordinario ed eccezionale, e Gore Vidal, che ha scritto l'introduzione alla storia ebraica di Shahak, La Storia Ebraica e la Religione Ebraica: Il peso di tremila anni. lo ha descritto come uno degli ultimi, se non l'ultimo, dei grandi profeti. Secondo Haim Genizi, le estreme dichiarazioni anti-israeliane di Shahak sono state accolte dall'OLP e ampiamente diffuse negli ambienti filo-arabi. Shahak inizia le traduzioni editoriali in inglese dall’ebraico di attività israeliane che considera ingiuste o illegale, al fine di pubblicizzarle al resto del mondo e, in particolare negli Stati Uniti. Egli inviava i suoi rapporti a giornalisti, accademici e attivisti dei diritti umani, attirando l'attenzione con titoli come "La tortura in Israele" e "Punizione collettiva in Cisgiordania". Nel corso del 1970 e nei decenni successivi ha continuato una serie di tour parlando nelle università, nelle chiese e in altre istituzioni negli Stati Uniti, incontrandosi privatamente con membri del Congresso e funzionari del Dipartimento di Stato. E' diventato un attivista noto negli ambienti internazionali, scrivendo insieme e parlando in impegni congiunti con il dissidente politico americano Noam Chomsky, ebbe plausi da Jean Paul Sartre, Gore Vidal, Christopher Hitchens e Edward Said. Argomenti su cui Shahak scrisse includono: la soppressione della libertà di parola e di attività politica, le ordinanze e la confisca dei terreni, le restrizioni di vita, la distruzione di case, la disparità di retribuzione e le restrizioni sul lavoro, le norme di difesa e di emergenza, la tortura dei prigionieri, le punizioni collettive, gli omicidi, le discriminazioni in materia di istruzione e di privazione della cittadinanza. Queste attività hanno causato a Shahak grande ostilità in Israele e ha anche ricevuto minacce di morte. Dopo la Guerra del Libano nel 1982 ha scritto anche di abusi israeliani in Libano. Shahak ha promosso la teoria che l'interpretazione religiosa della storia ebraica di Israele ha portato a trascurare i diritti umani degli arabi. Inoltre ha cominciato a sostenere che il sionismo sia un regime che si basa sulla discriminazione strutturale e il razzismo. Il presunto incidente telefonico Nel 1965, Shahak ha scritto una lettera ad Ha'aretz che, secondo Dan Rickman, che scriveva sul Guardian nel 2009, è stata la genesi dell’attuale grande dibattito dentro e fuori Israele circa gli atteggiamenti degli ebrei ortodossi verso i non ebrei. In questa lettera Shahak scrisse di aver visto un ebreo ortodosso rifiutare di permettere di utilizzare il suo telefono per chiamare un'ambulanza per un non-Ebreo perché era il sabato ebraico. Egli ha anche scritto che membri della corte rabbinica di Gerusalemme hanno confermato che l'uomo era corretto nella sua applicazione della legge ebraica, e lo hanno appoggiato in questa sua azione, citando il brano di una recente raccolta di legge. Il problema è stato successivamente ripreso da giornali israeliani dele The Jewish Chronicle, che portarono ad una pubblicità significativa. Secondo lo storico israeliano Tom Segev, Maariv ha chiesto il parere del ministro degli affari religiosi, il dottor Zera Warhaftig, che non ha confutato la sentenza rabbinica, ma ha citato da fonti ebraiche tradizionali, secondo le quali i medici ebrei avevano salvato la vita di non-ebrei di sabato, anche se non erano tenuti a farlo. From Wikipedia, the free encyclopedia Israel Shahak (Hebrew: born Himmelstaub, April 28, 1933 July 2, 2001) was a Polish-born Holocaust survivor and Israeli professor of chemistry at the Hebrew University of Jerusalem, known especially as a liberal[1] secular political thinker, author, and civil rights activist. Between 19701990, he was president of the Israeli League for Human and Civil Rights and was an outspoken critic of the Israeli government. Shahak's writings on Judaism have been a source of widespread controversy. Born in Warsaw, Poland,[2] Shahak was the youngest child of a cultured, religious, pro-Zionist, Ashkenazi Jewish family.[3] During German occupation of Poland, his family was forced into the Warsaw Ghetto. His brother escaped and joined the Royal Air Force. His mother paid a poor Catholic family to hide him, but when her money ran out he was returned. In 1943 he and his family were sent to the Poniatowa concentration camp, near Lublin, where his father died. Israel and his mother managed to escape and returned to Warsaw, but within the year, they were both sent to Bergen-Belsen concentration camp. Shahak was liberated from the camp in 1945, and shortly thereafter emigrated to the British Mandate of Palestine, where he wanted to join a kibbutz, but was turned down as "too weedy".[4] From age 12, Shahak cared for and provided economic support for his mother who survived the Nazi camp in very poor physical condition. After a period of learning in a religious boarding school in Kfar Hassidim, he moved with his mother to Tel Aviv. After graduating from high school, Shahak served in the Israel Defense Forces (IDF) in an elite regiment.[5] After completing service with the IDF, he attended Hebrew University where he received his doctorate in chemistry. He became an assistant to Ernst David Bergmann, the chair of Israel's Atomic Energy Commission.[6] In 1961, Shahak left Israel for the United States to study as a postdoctoral student at Stanford University. He returned two years later to become a popular teacher and researcher in chemistry at Hebrew University, and also became politically active.[7] He published many scientific papers, mostly on organic fluorine compounds[8] and contributed to cancer research. He remained at Hebrew University until he retired in 1990 because of concerns about his diabetes and desire to do other work.[7] In his later years, Shahak lived in the Rehavia neighborhood of Jerusalem. He died in Jerusalem at age 68 due to complications from diabetes and was buried in the Givat Shaul cemetery.[5] In his memoirs, To Be an Arab in Israel, Palestinian poet Fouzi El-Asmar described Shahak as a "remarkable and outstanding individual",[28] and Gore Vidal, who wrote the introduction to Shahak's Jewish History, Jewish Religion: The Weight of Three Thousand Years, described him there as 'the latest, if not the last, of the great prophets.'" According to Haim Genizi, "Shahak's extreme anti-Israeli statements were welcomed by the PLO and widely circulated in pro-Arab circles" Shahak began publishing translations into English of Hebrew press accounts of Israeli activities he considered unjust or illegal, in order to publicize them to the wider world,[6] and especially the United States.[7] He sent his reports to journalists, academics and human rights campaigners, drawing attention with titles like “Torture in Israel,” and “Collective Punishment in the West Bank.”[10] During the 1970s and ensuing decades he went on a number of speaking tours to universities, churches and other institutions in the United State and met privately with members of Congress and officials of the State Department. He became a well-known activist in international circles, co-authoring papers and giving joint speaking engagements with American political dissident Noam Chomsky, and winning plaudits from Jean Paul Sartre, Gore Vidal, Christopher Hitchens and Edward Said. Topics on which Shahak wrote included suppression of freedom of speech and political activity, land ordinances and confiscation, living restrictions, home destruction, unequal pay and work restrictions, emergency defense regulations, torture of prisoners, collective punishment, assassinations, discrimination in education and deprivation of citizenship.[7] These activities earned Shahak great hostility in Israel and he even received death threats. After the 1982 Lebanon War he also wrote of Israeli abuses in Lebanon.[6] Shahak promoted the theory that Israel's religious interpretation of Jewish history led it to disregard Arab human rights.[10] He also began to argue that Zionism was a "regime based on structural discrimination and racism." Alleged telephone incident In 1965, Shahak wrote a letter to Ha'aretz which, according to Dan Rickman, writing in The Guardian in 2009, was the genesis for "[t]he currently major debate within and outside Israel about Orthodox Jewish attitudes to non-Jews".[10] In this letter Shahak wrote he had witnessed an Orthodox Jewish man refusing to allow his telephone to be used to call an ambulance for a non-Jew because it was the Jewish Sabbath.[13][14][15][10] He also wrote that members of the rabbinical court of Jerusalem confirmed that the man was correct in his understanding of Jewish law, and that they backed this assertion by quoting from a passage from a recent compilation of law. The issue was subsequently taken up in Israeli newspapers and The Jewish Chronicle, leading to significant publicity.[13][15][10] According to Israeli historian Tom Segev, Maariv asked for the opinion of the minister of religious affairs, Dr. Zerah Warhaftig, who did not refute the rabbinical ruling, but quoted from traditional Jewish sources according to which Jewish doctors had saved the lives of non-Jews on the Sabbath, although they were not required to do so."[13]
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