Indignez Vous! de Stèphane Hessel editrice Indigène, Montpellier, 2010 Indignatevi di Stèphane Hessel Add Editore Torino 2011 leggi il libro |
Un testimone del ventesimo secolo Stéphane Hessel pubblica Indignez-vous! alla fine di una vita che copre quasi tutta la storia del ventesimo secolo. Nato nel 1917 a Berlino da una famiglia ebraica convertita al luteranesimo, arriva in Francia nel 1925, viene naturalizzato nel 1937 ed entra alla scuola Normale Sup nel 1939. Viene poi arruolato e, fatto prigioniero, riesce a evadere e raggiunge il generale de Gaulle a Londra. Inviato in Francia nel 1944, è arrestato e deportato a Buchenwald, dove nasconde la sua identità per sfuggire all'impiccagione. Evade ancora una volta, è ripreso, ma salta da un treno e si unisce alle truppe americane. Alla liberazione entra a far parte del segretariato generale dell'Onu e partecipa alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Nominato "ambasciatore di Francia" dalla sinistra nel 1981, Hessel ha dedicato gli ultimi anni della sua vita alla lotta per gli extracomunitari (è mediatore durante l'occupazione della chiesa Saint-Bernard) e più di recente per i palestinesi, associandosi in particolare alla campagna per il boicottaggio dei prodotti israeliani. Promosso grande ufficiale della Legion d'onore nel 2006, Hessel ha l'aria di un vecchio signore all'antica. Affabile, seducente, estremamente cortese, ama molto alzarsi alla fine di un pasto per recitare Baudelaire o Verlaine. Ma non nasconde il suo impegno politico: l'anno scorso si è candidato con la lista Europe Ecologie, anche se è rimasto membro del Partito socialista francese e oggi sostiene con grande impegno Martine Aubry [per le elezioni presidenziali del 2012], di cui è amico. |
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da “Il Fatto Quotidiano” del 3 gennaio 2011 Ragazzi, questo mondo fa schifo: indignatevi! Doveva essere l’ultimo libro di Michel Houellebecq, vincitore del premio Goncourt, a primeggiare nelle vendite natalizie in Francia. E invece è stato battuto da un outsider sorprendente, assai improbabile. Si chiama Stéphane Hessel e ha 93 anni. Partecipò alla Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Ed è stato subito dopo uno dei redattori della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Niente di glamour, insomma. Hessel è un vecchio signore, dall’apparenza (solo quella) stanca e desueta. Ebbene, nei mesi scorsi ha preso carta e penna e ha scritto un opuscolo di 32 pagine dal titolo «Indignez-vous!». Come dire: indignatevi! Abbiate la forza di arrabbiarvi. E’ il successo editoriale degli ultimi tempi a Parigi. Ormai un best-seller, al numero uno delle vendite, tanto più durante queste ultime vacanze: regalo ideale in un bacino di lettori di sinistra, prevalentemente giovani. Stampato inizialmente, alla fine dell’ottobre scorso, a 8mila copie da un’oscura casa editrice (Indigène) di Montpellier, gestita in una mansarda da due ex giornalisti, ha già superato quota 650mila. E l’euforia non sembra essersi esaurita, mentre si negoziano le traduzioni per venderlo altrove, dal Giappone agli Stati Uniti, perfino in Italia. Ma cosa ha scritto il nostro Hessel? Chiede alla società francese di recuperare i valori della Resistenza (ricorda concretamente i principi del programma economico del Consiglio nazionale di quel movimento) e di recuperare ambizioni e voglia di cambiare la società. «Il motivo di base della Resistenza era l’indignazione. Noi, veterani di quel movimento, chiediamo alle giovani generazioni di far rivivere gli stessi ideali», scrive a pagina 11. Punta il dito sul divario crescente fra i «molto ricchi» e i «molto poveri», contro «la dittatura dei mercati finanziari», contro l’erosione delle conquiste della Resistenza francese, vedi un sistema pensionistico solidale e il sistema di sicurezza sociale. Non mancano le allusioni dirette a Nicolas Sarkozy e la rabbia scatenata dalla sua politica fiscale, studiata «a misura» per favorire i ceti più abbienti. Si scaglia inoltre contro il trattamento riservato ai clandestini. E ai Rom, buttati fuori dalla Francia spesso senza neppure uno straccio di sentenza giudiziaria. Il 31 dicembre, sul sito d’informazione Mediapart, Hessel ha presentato i suoi auguri: «Resistiamo agli auguri del presidente, che non sono più credibili». La sera stessa, come tutti gli anni, Sarkozy ha parlato ai suoi concittadini, con un discorso rivolto esplicitamente all’elettorato di destra, con l’obiettivo di rassicurarlo. Con la volontà di recuperare consensi di fronte all’offensiva di Marine Le Pen. Hessel un rivoluzionario? Non proprio. E non lo è mai stato. Oggi vicino a Martine Aubry, segretario generale del Partito socialista, Hessel, un anziano monsieur pacato e sorridente, è sempre stato un intellettuale dall’animo libero, di sinistra certo, ma senza “eccessi”. Comunque allergico nei confronti di una certa “gauche caviar” parigina, come vengono chiamati taluni (insopportabili) circoli della “sinistra altolocata” della città. Hessel è nato nel 1917 a Berlino da una famiglia di ebrei, che dal ’25 si trasferì in Francia. Suo padre era il traduttore di Proust in tedesco. La madre dipingeva. E ispirò il personaggio intepretato da Jeanne Moreau nel film “Jules et Jim” di François Truffaut, la giovane donna amata contemporaneamente da due amici: una storia scabrosa per i tempi. Hessel, brillante studente (dell’Ecole normale), aderì alla Resistenza, venne catturato e inviato nei lager nazisti (e in un trasferimento in treno, saltò giù e riuscì a mettersi in salvo). Dopo la guerra lavorò al segretariato generale dell’Onu. Poi ha collaborato con vari personaggi della politica francese (di sinistra) ed è stato ambasciatore del suo Paese in diverse capitali. Una vita, comunque, sempre austera, lontana da qualsiasi esibizionismo. Per questo oggi è credibile nel dire quello che dice. Sì, è diventato l’idolo di tanti giovani. E si prende una sorta di rivincita personale. «Ha provocato il risveglio di un popolo, finora molto passivo», ha sottolineato il filosofo Edgar Morin, suo amico. «Ha ricordato alla sinistra che deve essere ribelle, umana e ottimista», ha sottolineato Harlem Désir, numero due del Partito socialista. Che, nel frattempo, si sta dividendo sulla candidatura delle prossime presidenziali, previste nel 2012. E appare così terribilmente lontano dalla sua base. La sinistra francese sarà capace di sfruttare l’effetto Hessel?
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Libération L’indignazione vende bene Una coppia sulla sessantina, probabilmente due insegnanti in pensione, arriva trafelata all'ora di chiusura: "Avete il libro di Stéphane Hessel? Abbiamo visto che là ce n'è una pila". Grande sospiro di sollievo: a quanto pare ci tenevano parecchio. Un libraio racconta che alcuni clienti ne fanno incetta: "Ne prendo dieci, lo regalerò a tutti i miei amici". Una signora chiede alla cassa: "A quale associazione vengono devoluti gli incassi?" Uscito due mesi fa, Indignez-vous! ha già conosciuto un successo enorme: 500mila copie vendute, dieci ristampe e richieste di traduzione da tutto il mondo, dalla Turchia al Brasile, dalla Polonia al Giappone. Con la sua ventina scarsa di pagine e i tre euro di prezzo, il libro è più un fenomeno di società che un caso editoriale. Come una canzone che si fischietta o un film che si consiglia agli amici, Indignez-vous! è riuscito a cogliere bene lo spirito del momento. Comprarlo rappresenta un atto militante, un gesto di comunione, la partecipazione a un'emozione collettiva. L'obiettivo, per una società stremata dal tira e molla della finanza mondiale e dai suoi effetti sociali, è quello di trovare delle parole per dire quello che si prova. Quando Hessel scrive che "l'attuale dittatura internazionale dei mercati finanziari […] minaccia la pace e la democrazia", esprime un sentimento largamente diffuso, accompagnato dall'autorità della sua storia personale. Dopo il declino del movimento no global, grande parte dell'opinione pubblica cerca un mezzo per far sapere che non vuole vivere in un mondo in cui gli uni si arricchiscono allo stesso ritmo al quale gli altri si impoveriscono. E a quanto pare sembra averlo trovato. Anche se tra i suoi lettori ci sono molti attivisti di sinistra, Hessel si rifà chiaramente all'eredità socialdemocratica. Il suo testo è molto moderato, e quando fa un confronto con la Resistenza ne attenua subito i propositi: " Le ragioni per indignarsi possono sembrare oggi meno evidenti o il mondo troppo complesso. Chi comanda e chi decide? Non è sempre facile distinguere fra tutte le correnti che ci governano. Davanti a noi non abbiamo più una piccola élite di cui capiamo bene le loro manovre. Siamo in un grande mondo, dove tutto è interdipendente". E anche se si rifà al programma economico del Consiglio nazionale della resistenza, Hessel non pretende di avere dei rimedi: "Le proposte che figurano in questo testo e le sfide che indico non sono molto originali", riconosce l'autore. In ogni modo il titolo, Indignez-vous! è una slogan efficace ma ambiguo. L'indignazione è la chiave dell'impegno, ripete Hessel, dimenticando gli altri motivi che possono portare all'azione politica: una presa di coscienza, una decisione razionale, il desiderio di servire una causa, l'amore per la giustizia e la verità e così via. Con il suo appello all'indignazione, Hessel si mette perfettamente in sintonia con un'epoca votata allo spettacolo dell'emozione. Hannah Arendt ne aveva già compreso i pericoli quando mostrava quanto la "politica della pietà", basata sull'emozione davanti alla miseria altrui, poteva nuocere a una vera "politica della giustizia". Una "politica dell'indignazione" non corre lo stesso rischio? E l'indignazione in quanto tale può essere considerata un valore? C'è stata un'epoca in cui le avanguardie artistiche e i contestatori sognavano di stupire la borghesia: indignarsi era allora un riflesso della destra. Così da "Una vecchia signora indegna", racconto di Bertolt Brecht, eccoci arrivati al "vecchio signore indignato". |
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http://www.ilfattoquotidiano.it Per cosa ci indigniamo ancora? Il fenomeno letterario di fine anno, in Francia, è un breve saggio di Stéphane Hessel, intitolato “Indignez-vous!”. Novantatreenne, protagonista della Resistenza francese, co-redattore della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, ambasciatore di Francia, Stéphane Hessel è riuscito, nel giro di poche settimane, ad incantare 650.000 lettori francesi (fonte Le Monde). Pubblicato con una tiratura iniziale di 8.000 copie, le (sole) 28 pagine del suo saggio hanno il fascino dell’essenziale. L’indignazione, afferma Heissel, è stato il motivo essenziale della Resistenza, ma quella stessa indignazione dovrebbe alimentare i nostri animi, di fronte alle dinamiche del mondo moderno. Il dito è puntato, oltre a questioni nazionali, su temi di carattere globale: il crescente ed inaccettabile divario tra i (pochi e sempre più) ricchi e la moltitudine di poveri, lo stato del pianeta, il trattamento riservato agli immigrati, la corsa alla competizione che alimenta ormai le dinamiche sociali, la progressiva riduzione delle pensioni. Poche parole, chiare, essenziali, che consentono di cogliere la drammaticità di una situazione che, ancorché reale, è ormai oggetto di una sorta di assuefazione tale da non provocare più in tutti noi neanche quel sentimento che le è strettamente connaturale: l’indignazione, appunto. L’invito finale dell’autore è quello di dare inizio ad una “insurrezione pacifica”. Una insurrezione di valori, che, però, si rifletta concretamente sul nostro comportamento quotidiano. La responsabilità più grave di quanto sta accadendo, infatti, è da lui individuata nella nostra indifferenza. L’invito di Hessel, in Francia, è stato accolto con un successo editoriale che vanta pochi precedenti, segno di un Paese ancora attento, e non del tutto indifferente, a certi valori. E noi… per cosa siamo ancora capaci di indignarci? |
www.addeditore.it di Enrico Peyretti Motore della Resistenza fu l’indignazione, perché noi non siamo degni del fascismo, nazismo, e di ogni totalitarismo. L’Autore ha 93 anni, è stato attivo nella Resistenza, il cui programma diceva che «l’interesse generale deve prevalere sull’interesse particolare, e l’equa distribuzione delle ricchezze deve prevalere sul potere del denaro». Hessel, che collaborò alla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si rivolge ai giovani: «Ora tocca a voi: non fatevi intimidire dalle dittature dei mercati finanziari che minacciano pace e democrazia». Ogni persona è responsabile. Ripete: «Cercate e troverete» i molti motivi per indignarvi e quindi impegnarvi. Oggi, la vertigine del «sempre di più» è come un uragano devastatore. Chi comanda? Chi decide? Le grandi sfide sono: l’immenso divario crescente fra molto poveri e molto ricchi; i Diritti Umani proclamati ma non promossi lealmente dall’ipocrisia dei vincitori. Ci indigna il trattamento degli immigrati, dei sans papiers, dei rom. Hessel parla della Palestina e specialmente di Gaza (che ha visitato più volte fino al 2009 come diplomatico): «Che degli ebrei possano perpetrare a loro volta dei crimini di guerra, è una cosa insopportabile». «Occorre assolutamente leggere il rapporto del giudice Goldstone, ebreo sudafricano, sulla guerra di Gaza». Il terrorismo è inaccettabile, non giova neppure a chi lo pratica, ma è frutto di esasperazione, cioè rifiuto della speranza: invece bisogna sperare attivamente. Possiamo comprendere ma non scusare i terroristi. «Sono persuaso che il futuro appartiene alla nonviolenza». In questo mondo violento, la strada è la nonviolenza attiva. Hessel afferma che per far cessare la violenza oppressiva, la nonviolenza è un mezzo più sicuro della violenza-anti-violenza. La violenza volta le spalle alla speranza, che è invece una forza promotrice della storia. Perciò non dobbiamo lasciare che si accumuli troppo odio. «Il messaggio di uomini come Mandela , o Martin Luther King, è assolutamente attuale». Sui diritti umani non si transige: la loro violazione, non importa per mano di chi, deve provocare la nostra indignazione, la repulsione dell’animo. Occorre un’insurrezione pacifica. Nonostante tutto: nonostante che le autorità israeliane definiscano “terrorismo nonviolento” (!?) la protesta nonviolenta del villaggio palestinese di Bil’in contro il muro, senza lanciare pietre, senza ricorrere alla forza. Dalla crisi causata dall’ossessione occidentale del «sempre di più», si può uscire con una «insurrezione pacifica» e una rottura della spirale negli ambiti delle finanze, delle scienze, della tecnica. Sono gravissimi i rischi per il pianeta e la sua abitabilità. «Ma bisogna sperare, bisogna sempre sperare». Hessel si rammarica che né Obama né la UE si siano ancora impegnati davvero sugli “Otto obiettivi del millennio per lo sviluppo” (ONU, con Kofi Annan, settembre 2000). «La minaccia nazista non è scomparsa. Continuiamo a invocare una vera insurrezione pacifica contro i mass-media, che propongono ai giovani come unico orizzonte il consumismo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata e la competizione a oltranza di tutti contro tutti». Hessel chiude le dense forti 25 pagine del suo messaggio con queste parole: «A quelli e quelle che faranno il XXI secolo diciamo con affetto: CREARE È RESISTERE. RESISTERE È CREARE». |
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